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Riccardo ChiaroWritten by: Reviews

Lo sguardo aperto sul mondo di Frank Lloyd Wright

Una mostra a Tokyo celebra i 100 anni dell’Imperial Hotel, emblema di un amore che portò l’architetto statunitense ben sette volte in Estremo Oriente

 

TOKYO. Fino al 10 marzo, presso il Panasonic Shiodome Museum of Art, è aperta l’esposizione che celebra il 100° anniversario dell’Imperial Hotel e, più in generale, il lavoro pionieristico e visionario di Frank Lloyd Wright (1867-1959).

Curata da Ken Tadashi Oshima (docente all’Università di Washington) e Jennifer Gray (direttrice del Taliesin Institute, Frank Lloyd Wright Foundation), la mostra “FLW and the World – The Wright Imperial Hotel at 100”, riflettendo su alcuni dei progetti più emblematici lasciati in eredità dall’architetto statunitense, restituisce l’eco di un lavoro ben più ampio e complesso, che ha saputo riunire elementi della cultura giapponese e latino-americana, indigena nordamericana ed europea.

Parafrasando Stuart Graff, CEO della FLW Foundation, “l’Imperial Hotel dimostra come componenti di culture globali e distinte possano coesistere insieme alle espressioni culturali più antiche e moderne del Giappone per raggiungere qualcosa di “trascendente e profondamente umano”.

 

Una mostra in sette sezioni

Orchestrata in sette sezioni, è una lunga retrospettiva, dai primi anni di Chicago ai progetti su grande scala, passando attraverso le note Prairie house e Taliesin. I curatori, tuttavia, convergono l’attenzione su tre momenti principali: l’incontro con il padiglione giapponese Ho-o-den, avvenuto a Chicago nel 1893; la prima visita in Giappone del 1905; e la lunga gestazione dell’Hotel Imperiale che vide Wright impegnato dal 1913 al 1923.

L’allestimento risulta sobrio e semplice mentre le sale, purtroppo non particolarmente ampie, si alternano in sequenza, risultando comunque efficaci nella comunicazione dei contenuti.

Di particolare interesse la replica in stampa 3D del plastico originale dell’Hotel, realizzata per l’occasione dal Kyoto Institute of Technology. Se il nucleo della mostra è ricco e coinvolgente, le ultime due sezioni mostrano frettolosamente alcuni dei suoi progetti più complessi: gli uffici S.C. Johnson a Racine negli USA, il Masieri Memorial a Venezia e il Piano per Baghdad. La mostra si conclude infine con un’animazione rendering dell’architetto spagnolo David Romero, che intende dare vita alla visione di Wright per Broadacre City.

L’Esposizione universale di Chicago del 1893, sulle sponde del Lago Michigan, rappresenta secondo i curatori il primo contatto diretto del giovanissimo Wright con la cultura giapponese. Per l’occasione, egli è coinvolto in quanto assistente nella realizzazione del Transportation Building di Dankmar Adler e Louis Sullivan. Nella White City, così rinominata data la lunga sequenza di edifici in stile neoclassico, trova luogo anche il padiglione giapponese Ho-o-den, ispirato alla Ho-o-Do (Sala della Fenice) del Tempio Byodo (Tempio dell’Uguaglianza) di Kyoto. Sebbene Wright non ne lasci testimonianza scritta, è certo per gli esperti che ebbe occasione di visitarlo e seguirlo durante le fasi di realizzazione.

 

In Giappone per 7 volte

Wright visiterà il Giappone ben sette volte tra il 1905 e il 1922. La prima visita, assai documentata, con la moglie Catherine, è datata 7 marzo 1905 su invito dei clienti Willits. Dal porto di Vancouver a quello di Yokohama su una nave a vapore, il viaggio tocca poi diverse città tra cui Kyoto, Osaka e Nikko. Le fotografie, in parte esposte alla mostra, sono sorprendenti quanto significative: di grande forza narrativa e testimonianza storica, simbolo di un’esperienza intima ed evocativa. Solamente pochi mesi dopo, nel 1906, presso l’Art Institute di Chicago, Wright esibisce una retrospettiva composta da 213 lavori di Hiroshige Utagawa, in maggior numero provenienti dalla sua collezione acquistata in Giappone l’anno precedente. Per la mostra progetta lo spazio espositivo e scrive i testi del catalogo. Da questo momento in poi continuerà ad acquistare e collezionare avidamente Ukiyo-e, integrandone i principi nelle rappresentazioni prospettiche. Abbandonato il convenzionale stile Beaux Arts, il disegno si arricchisce di una nuova composizione definita da ampi spazi bianchi e magnifiche rappresentazioni naturali.

L’Imperial Hotel fu progettato e costruito su richiesta del committente Aisaku Hayashi, general manager dell’operazione, e vide Wright impegnato in Giappone per un totale di oltre tre anni. Il progetto viene qui presentato attraverso un’ampia scelta di documenti: disegni originali (degne di nota le sezioni del 1915), fotografie, carteggi, arredi, modelli in terracotta e pietra Oya. Inoltre, esposti come comparazione, i disegni del Midway Gardens, edificio progettato a Chicago negli stessi anni. Questa sezione centrale, la più corposa e interessante della mostra, permette d’indagare idee e linguaggi precedentemente solo esplorati e ora concepiti come parti di un medesimo organismo. Esperimenti che preannunciano una fase più matura e riappariranno sotto altre forme nel colto e minuzioso lavoro del maestro.

Immagine di copertina: © Yukie Mikawa

FLW and the World – The Wright Imperial Hotel at 100
Tokyo, Panasonic Shiodome Museum of Art
A cura di: Ken Tadashi Oshima e Jennifer Gray
panasonic.co.jp/ew/museum/exhibition/24/240111/en.html

Autore

  • Riccardo Chiaro

    Architetto (1995), si è laureato presso il Dipartimento di Architettura di Ferrara, dopo un periodo di studi a Lisbona, Portogallo. Nel 2021 vince il Premio Gubbio - Sezione universitaria, per il miglior progetto di tesi magistrale nell’ambito del recupero dei centri storico-artistici. Dopo tre anni di esperienza professionale a Parigi, lavora oggi presso Kengo Kuma&Associates a Tokyo.

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Last modified: 23 Febbraio 2024