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Un secolo di architettura olandese, tra tradizione e futuro

Un secolo di architettura olandese, tra tradizione e futuro

In mostra al Nieuwe Instituut di Rotterdam 100 anni di progetti, tra lavori famosi e altri sperimentali meno noti

 

ROTTERDAM (OLANDA). Le sale del Nieuwe Instituut ospitano fino al 24 giugno “Designing the Netherlands. 100 Years of Past & Present Futures”. La mostra, allestita all’interno di un edificio paradigmatico per la sperimentazione architettonica della città degli ultimi anni ottanta, occupa il piano terra del manufatto di Jo Coenen, avamposto nord dell’intervento urbano che nell’ultimo decennio del secolo scorso è stato inaugurato come Museumpark a firma OMA.

Sotto la direzione artistica di Aric Chen (direttore artistico per Nieuwe Instituut) e Francesco Veenstra (architetto del Board of Government Advisors), la mostra delinea il perimetro del panorama progettuale olandese degli ultimi cento anni, attraverso una narrazione pluriscalare che ne rintraccia i contributi più eloquenti alla dimensione territoriale, urbana e architettonica. L’accurata selezione di materiali provenienti dalla National Collection of Dutch Architecture and Urban Planning, conservata tra i 700 archivi ospitati presso il Nieuwe Instituut, viene presentata attraverso un progetto curatoriale scandito in quattro sezioni tematiche, dando spazio tanto a quei progetti dalla forte eco internazionale, quanto a sperimentazioni che avrebbero dovuto raggiungere una risonanza più ampia.

Solidi supporti espositivi in legno, all’interno della Galleria 0, scandiscono l’incedere della rassegna in autonome stanze raccolte in una narrazione sequenziale e unitaria, accogliendo disegni, schizzi e modelli in una disposizione disordinata ma immediata nella restituzione dell’immaginario più ampio che propone: al visitatore la libertà di soffermarsi selezionando i materiali con lo sguardo.

Future Images of The Netherlands raccoglie i futuri possibili per il paese, a partire dal progetto elaborato nel 1986 dalla Netherlands Now as Design Foundation. Con l’obiettivo di fornire una risposta progettuale all’inquinamento ambientale, alla paralisi economica e all’impasse culturale, il gruppo di progettisti composto da Jan Heeling, Henco Bekkering e Han Lörzing propose quattro visionari scenari futuri: New Netherlands 2050 si definiva a partire dalle derive “Thoughtful”, “Dynamic”, “Critical” e “Relaxed” del possibile sviluppo nazionale, rese tangibili in altrettante tavole a scala territoriale apprezzabili in mostra.

Participate! ragiona sulla partecipazione del singolo all’interno della progettazione pubblica, esplorandone la capacità d’innescare dibattito. A fianco della proposta per l’estensione del Parlamento olandese dell’Aia (OMA, 1978), i curatori scelgono di presentare il progetto per il Municipio e teatro dell’opera di Amsterdam, uno tra i momenti architettonici più controversi della città. Dopo decenni di concorsi per attivarne la realizzazione, l’edificio di Cees Dam e Wilhelm Holzbauer venne inaugurato nel 1988, scatenando la resistenza di quartiere da parte dei cittadini che lo ribattezzarono, in tono polemico, con il nome di Amsterdam Stopera (dal grido di protesta “Stop Opera”).

Transition: Landscapes and Projects indaga il binomio tra intervento antropico e spazio naturale, attraverso alcuni esiti dell’intervento sul paesaggio e sulla realtà urbana. A partire dal 1918, Hendrik Wijdeveld, prevedendo il declino della metropoli moderna a causa del consumismo, trascorse decenni a sviluppare la sua visione della Cityless City, caratterizzata principalmente da un paesaggio esteso in cui si alternano strutture e ambienti naturali, allontanandosi dal pensiero urbano-centrico e ricercando un ordine dal paesaggio a favore di un’integrazione organica tra costruito e spontaneo. 

In ultimo, Living Together esplora il tema dell’abitazione, la cui condizione critica nello scenario olandese contemporaneo vuole rintracciare risposte, anche rimaste su carta, nel suo passato fortemente legato al tema del social housing. La sperimentazione architettonica in questa direzione ha prodotto significativi esiti in seguito dell’emanazione di un Housing Act nel 1901, esaurendo tuttavia le potenzialità espressive alla fine del XX secolo con la perdita di un equilibrio tra quantità e qualità del progetto urbano e architettonico. A partire da Core House (1929) di Gerrit Rietveld per la standardizzazione dell’abitazione della classe operaia, l’attenzione è rivolta verso occasioni progettuali più recenti: ecco quindi la Biopolis di Enrico e Luzia Hartsuyker (1963-1964), elaborata nella crescente fiducia verso la tecnologia che in quegli anni aveva fatto teorizzare a Constant Nieuwenhuys la sua New Babylon, o il progetto Living as urban Roof (1968) di Piet Blom ad anticipare la Kasbah di Hengelo (1973).


Immagine di copertina: © Giulia Conti

Designing the Netherlands. 100 Years of Past & Present Futures
fino al 24 giugno 2024
Gallery 0, Nieuwe Instituut
Museumpark 25, Rotterdam
nieuweinstituut.nl/en/projects/100-jaar-rijkscollectie

Autore

  • Giulia Conti

    È architetto, laureata con lode, e dottoranda presso la Scuola di dottorato dell’Università Iuav di Venezia (curriculum di Composizione architettonica). Le sue ricerche sono tese a indagare il ruolo del tendaggio come strumento compositivo di definizione spaziale, fino alle più contemporanee sperimentazioni architettonico-allestitive di spazialità tessile. Autrice di articoli e saggi, collabora alla didattica presso l’Università Iuav di Venezia. È ricercatrice a livello nazionale e internazionale e ha pubblicato di recente una breve monografia su Lilly Reich per TabEdizioni.

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Last modified: 13 Febbraio 2024