Gli esiti della seconda edizione del premio promosso da Fiera Bolzano per le recenti realizzazioni in legno in Italia
BOLZANO. Il riscontro è crescente, e il tenore delle opere presentate pure. Questo il positivo bilancio della seconda edizione del Wood Architecture Prize by Klimahouse, promosso da Fiera Bolzano in collaborazione con PEFC Italia, con la partnership scientifica del Politecnico di Torino e dell’Università IUAV di Venezia, assegnato nella cornice della 19ª edizione di Klimahouse, manifestazione internazionale di riferimento per il risanamento e l’efficienza energetica in edilizia, tenutasi presso Fiera Bolzano dal 31 gennaio al 3 febbraio.
Dalle 64 candidature dell’edizione d’esordio l’anno scorso si è passati a 80, con una discreta distribuzione geografica, quasi omogenea nel Nord Italia fino all’Emilia; poi sparute presenze nel Centro Sud, con tuttavia un’impennata in Sicilia. La giuria, identica a quella della prima edizione (stavolta presieduta da Manuel Benedikter e composta da Sandy Attia, Guido Callegari, Mauro Frate, Roberto Gargiani, Paolo Simeone e da chi scrive) ha selezionato 12 finalisti, assegnando 3 premi e 4 menzioni.
Se la sezione “Architettura temporanea” non ha soddisfatto le attese (nessun premio, sebbene dagli 8 pretendenti sia scaturita la menzione under 35 a “The Ermitage” di LLABB Architettura, un cabanon off-grid di contemplazione, autocostruito e collocato, non senza destare perplessità, nel paesaggio collinare intonso dei dintorni di Bobbio, in provincia di Piacenza), si è riscontrata una maggiore “maturità” della costruzione in legno, che non vede solo lo sfoggio di rivisitazioni – quasi tutte eccellenti, per la verità – dell’archetipo abitativo del ricovero a capanna, fotografato impeccabilmente – all’imbrunire – in una radura boschiva montana, nella cornice di un paesaggio innevato (anche se, di questo passo, la coltre bianca andrà probabilmente aggiunta con Photoshop).
Si sono infatti apprezzati interventi di particolare rilevanza, per destinazioni d’uso, dimensioni e tecnica, dove talvolta la struttura lignea contempla soluzioni ibride nell’impiego di altri materiali, rinunciando a talebane evidenze “tutto-legno”. Ciò vale per i finalisti della sezione “Architettura pubblica”, e in particolare per il Roberto Rocca Innovation Building, progettato da Filippo Taidelli per Umanitas University a Rozzano (Milano), vincitore ex aequo con il raffinato intervento, già pluripremiato, di recupero degli ex baraccamenti militari di Forte Rossarol a Mestre, trasformati in edifici terapeutici da Arbau Studio. Ma vale anche per il progetto “Accoglienza in dispensa” di Studio Mixtura, menzionato tuttavia per la sua valenza sociale: la distribuzione solidale di generi alimentari a famiglie e persone bisognosi nella periferia del Comune di Terlizzi (Bari).
L’aver privilegiato soluzioni meno scontate rispetto alla “casetta in legno” si percepisce nelle scelte della sezione “Architettura privata”, che ha laureato la Casa del custode a Bologna di Camilla De Camilli (opera già menzionata all’edizione 2023 del premio Giovane talento dell’architettura italiana del CNAPPC): un padiglione originariamente destinato a guardianìa e poi utilizzato come spazio di socializzazione riabilitativa per utenti affetti da disturbi dell’alimentazione; un’opera modulare e semplice, che richiama il rigore costruttivo di certa produzione elvetica e il lirismo di certi lavori di Kengo Kuma. Anche le menzioni confermano un simile orientamento: da Casa zero di Outstudio Architetture, recupero di un fabbricato in pietra nel centro storico di Ovindoli (L’Aquila), al nuovo rifugio Passo Santner a Tires (Bolzano), di Senoner Tammerle Architetti, risposta convincente a un programma assai criticato e criticabile per via degli impatti ambientali.
Qui il comunicato stampa finale del Premio con le motivazioni della giuria
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Last modified: 14 Febbraio 2024