“1908 CittàMuseoCittà”, la nuova esposizione permanente del Museo Regionale Interdisciplinare di Messina rievoca il devastante terremoto d’inizio secolo scorso
MESSINA. La memoria di una delle più importanti città del giovane stato italiano ha recuperato degli straordinari tasselli, tra colonne, capitelli e fregi monumentali appartenenti a chiese e palazzi, da quegl’inferi di lacerti e polvere che sono i depositi del MuMe, Museo Regionale Interdisciplinare di Messina.
Sepolta per larga parte insieme a uomini, opere d’arte e beni sotto le macerie del devastante sisma del 1908, quella trama si riannoda nella nuova esposizione permanente “1908 CittàMuseoCittà”, inaugurata il 28 novembre, che occupa i 1.300 mq espositivi (1.000 coperti, 300 del cortile interno) dell’ex Filanda Barbera, già Mellinghoff, aperta nel 1984 e riconvertita a spazio per mostre temporanee con l’inaugurazione della nuova sede museale nel 2017. L’allestimento è stato realizzato grazie a 250.000 euro della legge 6/2022, che ha istituito “la giornata della memoria del terremoto di Messina del 1908”, e la legge di stabilità regionale del 2022, a cui si sommano altri 59.242 euro dalle risorse del bilancio regione.
Testimoni della trascorsa magnificenza della città, nonché ricchissimo patrimonio in larga parte inesplorato, i 175 pezzi esposti, tra cui le lastre in “marmi mischi” (XVII secolo) e paliotti dalla chiesa di San Gregorio, i capitelli marmorei dell’ex collegio Gesuitico, dove oggi sorge l’Università, le sculture marmoree del Settecento da San Nicolò, costituiscono formidabili materiali offerti agli studi.
L’allestimento, curato dal direttore Orazio Micali, non segue un criterio cronologico, tematico o tipologico ma, come proponeva Quatrémère de Quincy, ha inteso comporre statue, bassorilievi, frammenti, ornamenti, materiali da costruzione insieme al ricordo delle antiche vie della città in rovina, alle tradizioni locali e agli usi.
Una sezione per il ricordo di cose e persone
È una “sezione” del MuMe che ricorda le persone, non soltanto le cose
. Gli apparati didascalici sono essenziali, nella convinzione che il museo non dovrebbe avere bisogno di parole, ma di far parlare le cose. L’allestimento ha dovuto affrontare anche non indifferenti problemi tecnici, come quello di mettere in piedi ponderosi reperti, tra colonne e capitelli di grandi dimensioni.
E quando le cose parlano una lingua ormai incomprensibile, perché frammenti di cui è impossibile ricostruire la forma e il contesto di appartenenza, il concetto di accatastamento ordinato suggerisce soluzioni teatralizzanti come quella del mucchio di putti che sembra un’installazione contemporanea.
L’esposizione è concepita come un work in progress (al momento nessun restauro, solo pulizia e spolverature): “L’evoluzione del sistema e dei contenuti espositivi”, ci spiega il direttore, “fanno parte di un progetto più ambizioso, portato avanti da quella che è l’attuale direzione allorché era direttore dell’unità di valorizzazione e poi soprintendente di Messina all’interno del progetto di costituzione della Cittadella della Cultura nella sede dell’ex Ospedale Margherita, con risorse del Patto per la Sicilia, per 42 milioni, di cui faceva parte anche il Centro di documentazione dei grandi eventi sismici denominato, appunto, 19/08, finalità oggi sparita dalla programmazione della Cittadella della Cultura”, aggiunge con accenno polemico.
Quella di Micali è la messa in scena, scevra da ogni retorica o compiacimento, di un microcosmo a brandelli. Un atto curatoriale riparatorio, se vogliamo, che consente finalmente al museo in riva allo Stretto di assumere una “personalità museale” identificativa, smarrita come scrivevamo nel 2017, nelle diverse stagioni di un allestimento che aveva finito per omologarlo a tanti altri musei.
Un’esperienza immersiva
“Per invisibilia ad visibilia”, come per un ribaltamento del motto sugeriano, al visitatore è consentita un’esperienza diretta sul contesto ambientale e sulla vita d’altri tempi per meglio comprendere la realtà urbana contemporanea. Ciò avviene grazie alla visita in realtà aumentata per mezzo di speciali visori, muovendo da ciò che è stato e non è più per finire col ritrovare le coordinate storiche di ciò che oggi è visibile. Ma non basta. Il terremoto, il venir giù di palazzi e monumenti lo si deve avvertire sulla pelle e così, nella sala dell’esperienza immersiva (anche questa opera di Capitale Cultura Group / ARtGlass) si ritorna alle 5:20 del mattino di quel 28 dicembre 1908, quando il terribile terremoto di magnitudo 7.1 sconvolse la costa messinese e calabrese.
Immagine di copertina: © Silvia Mazza
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allestimenti , memoria , musei , sicilia , terremoto
Last modified: 19 Gennaio 2024