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Michele RodaWritten by: Reviews

Pieni e vuoti, corpi e spazi, urbanistica e politica

Pieni e vuoti, corpi e spazi, urbanistica e politica

Cristina Bianchetti e Filippo Barbera innovano letture e interpretazioni dei luoghi contemporanei per la comunità

 

“Portare il corpo dentro i nostri discorsi, significa aprire ad una dimensione diversa: materiale, organica, affettiva”. All’inizio del primo capitolo del suo libro (Le mura di Troia. Lo spazio ricompone i corpi, Donzelli, 2023, 140 pagine, 26 €) Cristina Bianchetti ricalibra lo sguardo di urbanista rigorosa e mette la corporeità al centro dei suoi studi. L’eco si ritrova nelle parole di Filippo Barbera, sociologo che “frequenta” molto gli architetti, in Le piazze vuote. Ritrovare gli spazi della politica (Laterza, 2023, 170 pagine, 18 €): “Siamo corpi in azione nello spazio: corpi che scambiano, promettono, mentono, agiscono, negoziano, discutono, confliggono e cooperano attraverso l’organizzazione fisico-spaziale dell’interazione sociale”. I luoghi collettivi – messi in crisi dalla rivoluzione digitale e svuotati per mesi dalla pandemia – recuperano così la propria dimensione fisica, che sembra poter e dover diventare il fattore decisivo della propria identità e della propria consistenza.

 

Sguardi accademici

Può sorprendere che questi approcci provengano da quel mondo accademico che si è sempre dimostrato tendenzialmente legato ad altre forme di lettura, ben lontane dall’“idea di territorio come insieme vibrante di corpi”. Bianchetti – che nel testo esprime in prima persona tanto gli obiettivi quanto i dubbi per una ricerca da poco avviata – applica alla dimensione corporea un corpus di riferimenti ben radicati nella disciplina urbanistica italiana e francese, abilmente riorientati per illuminare adeguatamente i temi oggetto di trattazione. La densità di tale apparato è ben rappresentata dal numero delle note a piè di pagina (366), a costruire un percorso parallelo di approfondimento. Poche meno (249), ma nella forma delle note finali, quelle proposte da Barbera. Che offre una prospettiva diversa, ma con numerosi punti d’integrazione e sovrapposizione con le discipline del progetto. Entrambi affiliati ad atenei torinesi (Politecnico per Bianchetti, Università per Barbera), i libri sembrano contribuire ad un progressivo avvicinamento tra i campi del sapere, con ibridazione di temi e approcci. Non tragga in inganno questo sbilanciamento academico e speculativo. Pur senza alcuna immagine (l’unica compare sulla copertina del volume di Donzelli, una foto di Milano di Agim Kërçuku) i volumi sono vivaci e intensi racconti di sguardi quanto mai necessari: più riflessivo il primo (lo testimonia il titolo sofisticato, da una citazione di Focault), maggiormente nella forma del manifesto il secondo.

 

Percorsi politici

Se lo spazio è fatto di corpi, i corpi sono fatti di idee. E allora la ritrovata attenzione alla corporeità sembra non potersi disgiungere da un’attenzione alla dimensione politica. Fortemente sbilanciata sull’attualità nel caso di Barbera, che nel secondo e terzo capitolo (Gli spazi delle élite, Gli spazi e i luoghi) indugia su partiti e figure politiche dell’Italia contemporanea, ribadendo posizioni, già espresse in altri scritti, fortemente critiche nei confronti del PNRR, così come della concezione romanzata dei piccoli borghi. Sono diverse le traiettorie di Bianchetti, meno ancorate al contingente. Il secondo capitolo della prima parte del suo libro s’intitola La dimensione politica del corpo: “Il progetto prefigura lo spazio con la consapevolezza di intervenire nei modi con i quali corpi diversi esistono e resistono […] Questo fa del progetto urbanistico certo una prefigurazione dello spazio, ma, prima ancora, un esercizio pratico, politico”. Il paragrafo precedente (L’urbanistica, i corpi, gli spazi) propone invece un percorso attraverso quattro diverse Cartografie (protezione, intimità, spaesamento, lutto) in cui l’attenzione ritrovata alla corporeità si esprime attraverso luoghi e casi reali, raccontati nella loro capacità di produrre sovrapposizioni tra la consistenza fisica e gli impatti sociali.

 

Le forme dei corpi

Gli spazi quotidiani

è il primo capitolo di Le Piazze Vuote. Barbera lo dichiara ispirato dal senso comune di Antonio Gramsci. È in queste pagine che emerge la visione personale di uno spazio pubblico contemporaneo profondamente risignificato, capace di diventare non solo e non tanto teorica componente del disegno urbano quanto risposta efficace (all’insegna del “noi”) alle esigenze di società che cambiano. Infrastrutture sociali le definisce: “il futuro delle società democratiche si costruisce in modo cruciale a partire dalla presenza di spazi condivisi quotidiani. È, questa, l’idea di città pubblica intesa come lo spazio condiviso e collettivo che c’è ‘tra le case’ e, in generale, tra gli spazi privati”. Dove la visione di Barbera intercetta molte tematiche di forte attualità (che vedono lo spazio fisico come fattore decisivo della coesione sociale e della necessaria riduzione delle disuguaglianze esistenti), la progettualità di Bianchetti si estrinseca – nella seconda parte del suo libro – attraverso tre diverse forme di rapporto, estremo e paradigmatico, tra corpo e spazio. Il progetto di negazione è un intenso percorso tra gli ospedali psichiatrici, sulle orme di Franco Basaglia; il progetto funzionalista ci conduce per mano nel sobborgo ginevrino di Meyrin (“affascinante macchina taylorista che si riflette in uno spazio ben tenuto, abitato da popolazioni diverse, espressione della stabilità dei principi sui quali si fonda: un legame trasparente e luminoso tra forma urbana e trasformazione sociale positiva”); il progetto di transizione, sempre in quella zona, si sofferma sui progetti di concorso della Grand Genève, come risposte alla fragilità esistenti, tese alla conservazione e alla sopravvivenza. Perché, sembrano dirci questi libri, leggere il disegno urbano attraverso i corpi che dovranno abitare quegli ambienti significa “scavare nelle forme in cui il progetto neutralizza il corpo o lo assume a riferimento”.

Autore

  • Michele Roda

    Nato nel 1978, vive e lavora a Como di cui apprezza la qualità del paesaggio, la tradizione del Moderno (anche quella svizzera, appena al di là di uno strano confine che resiste) e, soprattutto, la locale squadra di calcio (ma solo perché gioca le partite in uno stadio-capolavoro all’architettura novecentesca). Unisce l’attività professionale (dal 2005) come libero professionista e socio di una società di ingegneria (prevalentemente in Lombardia sui temi dell’housing sociale, dell’edilizia scolastica e della progettazione urbana) a un’intensa attività pubblicistica. È giornalista free-lance, racconta le tante implicazioni dei “fatti architettonici” su riviste e giornali di settore (su carta e on-line) e pubblica libri sui temi del progetto. Si tiene aggiornato svolgendo attività didattica e di ricerca al Politecnico di Milano (dove si è laureato in Architettura nel 2003), confrontandosi soprattutto con studenti internazionali. Così ha dovuto imparare (un po’) l’inglese, cosa che si rivela utilissima nei viaggi che fa, insieme anche alla figlia Matilde, alla ricerca delle mille dimensioni del nostro piccolo mondo globale

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Last modified: 11 Dicembre 2023