Tra parchi, piste ciclabili, patrimonio e (pochi) progetti contemporanei, il percorso di una “bella addormentata” dal difficile rapporto con la contemporaneità
MANTOVA. Si trova da sempre in una posizione privilegiata, ma allo stesso tempo non centrale, del Nord Italia, incastonata tra Lombardia, Emilia e Veneto. Sorge su quelli che un tempo erano due isolotti del Mincio, il primo villaggio è datato circa 2000 a.C. in mezzo agli stagni formati dal fiume, mentre intorno al sesto secolo a.C. si sviluppò la prima città, quella etrusca. Il nome di Mantova infatti prende origine dalla divinità etrusca chiamata Mantus, diventando poi Manto in epoca romana.
La Grande Mantova contro la Bella Addormentata
Gran parte della struttura della città storica che conosciamo, di grande pregio paesaggistico e architettonico, che si estende a ridosso dei tre laghi fino circa a viale Risorgimento, risale all’epoca dei Gonzaga (dal 1300 al 1700) e delle successive dominazioni austriache (inframezzate dal breve periodo napoleonico). A questa si aggiungono le espansioni realizzate fino alla prima metà del 1900 in concomitanza con l’apertura delle mura e l’annessione di alcune porzioni di territorio dei comuni limitrofi.
La posizione periferica e l’eccessiva vicinanza con una realtà importante come quella veronese ha però sempre limitato questa città, col tempo diventata una “Bella Addormentata” che fatica ancora oggi a darsi un’immagine anche nel contemporaneo.
Per dare una svolta al sistema mantovano e alla gestione del territorio, più volte l’amministrazione comunale ha provato a puntare sulla “Grande Mantova”, ovvero un Comune unico da oltre 100.000 abitanti che raggrupperebbe Mantova, Porto Mantovano, San Giorgio Bigarello, Curtatone e Borgo Virgilio. Questa soluzione, già sperimentata in realtà come quella pescarese, permette ai piccoli comuni di avere maggior “peso” e al capoluogo di aumentare a propria volta gli abitanti, che invece l’amministrazione cerca tramite improbabili bandi.
Mantova Hub, infrastrutture e stadio Martelli
Avere anche maggiori possibilità economiche e politiche per rinnovarsi sarebbe fondamentale per una realtà che, di fatto, non vanta importanti realizzazioni nel nuovo millennio. Anche i decenni precedenti non hanno lasciato segno nel centro città, ma soltanto alcune sporadiche opere di pregio nelle zone più periferiche, come la Cartiera Burgo realizzata da Pier Luigi Nervi, destinata a centro di riciclo ma attualmente in disuso.
Qualcosa tuttavia si sta muovendo, soprattutto grazie a Mantova Hub, un importante intervento di ricucitura urbanistica tra la città e l’acqua, a firma dello studio Corvino + Multari (vincitore di un concorso del 2016), di un comparto di circa 90.000 mq situato tra i laghi dell’area naturalistica e il centro storico. Quattro nuove piazze (della Terra, del Pensiero, del Paesaggio e dell’Acqua) saranno il fulcro di un nuovo sistema di spazi pubblici, ed ognuna sarà legata a un ambito specifico: Area Valletta Valsecchi (ex area sportiva), Area San Nicolò (ex area militare) ed Area Ex Ceramiche (ex area industriale). Un progetto tanto ambizioso quanto importante per una città che fatica a trovare una dimensione nel contemporaneo.
Anche lo sviluppo infrastrutturale, che nel resto della Lombardia procede spedito, qui vede ad esempio ancora un acceso dibattito per la bretella autostradale Cremona-Mantova, lanciata come prima autostrada regionale dalla giunta Formigoni ormai un ventennio fa e tuttora sulla carta.
Un altro caso che si trascina da anni riguarda lo stadio Martelli, ben visibile all’ingresso della città e attualmente fatiscente, che ha visto la squadra locale giocare anche in Serie A tra gli anni sessanta e settanta. Dovrebbe esserne costruito uno nuovo ma, nonostante se ne parli almeno dal 2019, al momento non ci sono ancora né fondi né un’area definita. Si parla dell’area demaniale del Migliaretto, a sud, dove sono già presenti alcuni impianti sportivi in fase di riqualificazione grazie ai fondi del PNRR.
Fondi che dovrebbero sbloccare ben 11 cantieri in città, oltre a quello del Migliaretto, molti dei quali gravitanti attorno a Palazzo Te. I cantieri dovrebbero avere vita più facile rispetto a quello del Palazzo del Podestà, storico edificio che si affaccia sulla centralissima Piazza delle Erbe, il cui iter di restauro era iniziato nel lontanissimo 2005 e che, chiuso un cantiere ultradecennale, ha finalmente riaperto al pubblico come spazio museale poche settimane fa.
Un PGT non risolutivo
Il PGT attualmente in vigore, redatto con la consulenza scientifica del Politecnico di Milano, è datato 2012 e non è ancora riuscito a risolvere soprattutto il nodo della vivibilità del centro storico, sempre più povero di residenti (ormai sotto quota 20.000) a causa di una visione troppo restrittiva riguardo al traffico veicolare, dei pochi parcheggi e degli affitti alle stelle per il proliferare incontrollato delle locazioni brevi a scopi turistici.
Il patrimonio storico, architettonico e naturalistico
Il potere attrattivo di Mantova resta quindi nel pregiato patrimonio architettonico rinascimentale, per fortuna non compromesso dal sisma del 2012, che per questo motivo spesso viene sfruttato per fare da cassa di risonanza a mostre ed eventi di respiro anche internazionale. Il primo di grande rilevanza in tal senso fu la mostra iconografica Gonzaghesca ospitata a Palazzo Ducale nel 1937, mentre il più recente è “Rubens a Palazzo Te Pittura, trasformazione e libertà” inaugurata a Palazzo Te poche settimane fa. In anni recenti sono state percorse anche strade interessanti come quella di Mantova Creativa, che negli anni passati ha trasformato alcuni beni demaniali in atelier temporanei di giovani artisti, come l’ex chiesa di San Cristoforo.
Proprio davanti a Palazzo Te, a fine agosto è stato inaugurato il tanto chiacchierato nuovo parco. Progettato dallo studio di architettura del paesaggio AG&P Greenscape di Milano, rappresenta un importante intervento con oltre 70.000 mq di verde con 274 nuovi alberi, 1.400 metri di siepi, 620 mq di arbusti, 955 mq di roseti e varie aree attrezzate. L’obiettivo, condiviso con il Comune, è stato quello di creare uno spazio pubblico contemporaneo da vivere, capace di recepire in modo rispettoso i bisogni delle diverse utenze che lo attraverseranno, conciliandole con le esigenze di un turismo di qualità. La tradizione del Palazzo ha influito molto sulla struttura del parco, in primis con il simbolo del cerchio, diretto riferimento alla celebre Camera degli Sposi di Andrea Mantegna e agli affreschi di Giulio Romano.
Dal punto di vista turistico, Mantova è una città d’arte per antonomasia, con un’offerta estremamente differenziata e strutturata, che comprende anche aree naturali, i parchi e i tre laghi, tanto da piazzarla al secondo posto nel rapporto “Ecosistema urbano” di Legambiente e Ambiente Italia. Il rapporto vede la realtà virgiliana sbaragliare la concorrenza delle altre città italiane in due categorie: le infrastrutture per ciclabilità (41,218 metri equivalenti ogni 100 abitanti) e l’estensione della ZTL (1.729,5 mq ogni 100 abitanti).
La Provincia di Mantova, ricca di siti naturali come la Riserva naturale Valli del Mincio, individua ben 36 ciclovie (per un totale di quasi 400 km); inoltre, il territorio è attraversato anche dalla EuroVelo 7 Sun Route Capo Nord-Malta, dalla Eurovelo 8 Mediterranean Route Cadice-Cipro e dalla ciclovia VenTo. La rete ciclabile di Mantova rappresenta oltre il 20% della rete stradale dell’intera città.
Liberarsi dalla gabbia del passato
Lo scrittore vicentino Guido Piovene nel 1957 scriveva che Mantova era “una città viva che reca dentro di sé una città morta”, a testimonianza di come fosse evidente già allora la bipolarità di una realtà intrappolata in un grandioso passato che non era riuscita, e per molti versi ancora non ce l’ha fatta, a spingersi oltre, diventando definitivamente città.
Immagine di copertina: Parco Te (© AGP Greenscape)
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landscape architecture , lombardia , monumenti , ritratti di città
Last modified: 6 Dicembre 2023