In mostra al Vitra Design Museum l’attività del fotografo olandese che ha colto le aspettative degli occhi del XXI secolo
WEIL AM RHEIN (GERMANIA). L’architettura è un’arte che, per sostanziare la sua esperienza, chiede e offre una presenza corporea immediata. In assenza di questo, il medium che più si adatta a comunicare sinteticamente l’architettura realizzata è la fotografia che, da quando è nata, si è spesso prestata come strumento ideale.
La questione di come l’architettura debba essere “mediata”, cioè il passaggio da un’esperienza tridimensionale a una bidimensionale, è un tema molto antico che, da quando i media digitali hanno cominciato a diffondersi rapidamente, ha acquisito un enorme potenziale.
Iwan Baan (1975) è un fotografo che ha iniziato la sua fulminante carriera proprio agli inizi del nuovo millennio, quando la tecnologia offriva nuovi strumenti e quando quest’arte cercava nuovi linguaggi; così, Baan ha trovato un linguaggio che coincide perfettamente con le aspettative degli occhi del XXI secolo. Scatti rapidi e precisi, per immagini spontanee ed evocative, ricche di spunti che tengono insieme un pubblico di addetti ai lavori e osservatori comuni.
Avvicinatosi all’architettura quasi casualmente, da outsider, con uno sguardo non influenzato da storia e critica, Baan ha compreso subito come questa fosse interessante perché teneva insieme vari aspetti della vita umana: architettura come punto di unione di persone, luoghi e ambiente. Egli considera l’architettura soprattutto come un processo e una forza sociale. Dopotutto l’architettura è fatta da e per la gente, quindi invece di fare il semplice ritratto degli edifici, documenta la loro vita.
Moments in Architecture: l’importanza dell’attimo
Al Vitra Design Museum si celebra per la prima volta questo lavoro originale, con la prima mostra monografica dal titolo emblematico “Moments in Architecture”.
La fotografia è sempre solo un “momento” di un flusso continuo di situazioni, in cui la luce, le persone e le atmosfere cambiano. Baan sa immortalare un edificio nel modo più convenzionale e autorevole, ma cattura anche i momenti in cui l’architettura prende vita, dal cantiere fino a quando le persone prendono possesso degli spazi.
La mostra si apre con le prime esperienze in Cina, dove tutto per lui ha inizio quando per Rem Koolhaas va a fotografare la sede della CCTV firmata dal suo studio OMA. Mentre è a Pechino conosce Ai Wei Wei, per il quale fotografa lo Jinhua Architecture Park e attraverso cui conosce Herzog & de Meuron; per loro fotografa lo Stadio Olimpico Bird’s Nest. Numerose altre serie fotografiche documentano il percorso di ascesa della Cina con immagini che ritraggono il boom edilizio fatto d’infinite nuove costruzioni che contrastano con il tessuto edilizio tradizionale. Ampie sequenze di piccole foto stampate, come menabò di un work in progress, foderano muri e angoli della sala terminando in proiezioni che ingrandiscono alcuni momenti.
Grazie a questi primi passi e scatti, nel corso degli anni, in una sequenza veloce, Baan stabilisce contatti con numerosi architetti di fama internazionale – tra cui Zaha Hadid, Balkrishna Doshi, Frank Gehry, Steven Holl, Jean Nouvel, Francis Kéré, SANAA, Sou Fujimoto, Junya Ishigami, Bjarke Ingels – che gli affidano il compito di documentare i loro progetti. La maggioranza di loro si fida del suo intuito per le inquadrature e le angolazioni per il servizio ideale. Per Baan l’attimo è decisivo: invece di aspettare le condizioni “perfette”, preferisce cogliere l’istante ottenendo viste che riescono poi a determinare l’immagine pubblica di un edificio.
Perspectives, Cities, Continuities
La seconda sala, intitolata “Perspectives”, illustra alcuni scatti di questi lavori su commissione che, esposti in vari formati e soprattutto a varie altezze, rendono molto dinamica l’osservazione di un universo d’immagini.
“Cities” è il titolo della terza sezione, in cui in un caleidoscopio di scatti, tra gigantesche viste aeree alle pareti e Wunderkammer visive dedicate a singole città, sono documentate le megalopoli visitate in ogni continente. Che si tratti di Tokyo, Lagos, São Paulo o Roma, Baan dimostra sempre di essere un cronista del paesaggio costruito che permette di cogliere gli sviluppi urbani insieme a storie di densità di popolazione.
La conclusione è lasciata al titolo “Continuities”, dove trovano spazio le ricerche più personali, dedicate ad edifici informali e a pratiche abitative antiche nei vari continenti. Per esempio la tendopoli temporanea allestita per ospitare milioni di pellegrini in India per la festa religiosa Maha Kumbh Mela; oppure la Torre David in Venezuela, dove migliaia di cittadini hanno occupato l’edificio rimasto incompiuto, trasformandolo in una città verticale brulicante di vita.
Un allestimento che coniuga spazi e immagini
Da notare l’allestimento della mostra, che riesce a coniugare spazi e immagini, ogni volta con un’idea diversa e senza mai rendere l’esperienza monotona.
Passeggiando tra le sale si possono godere più di 700 fotografie stampate su vari supporti, rigidi o morbidi, dalla pellicola adesiva, al tessuto, alle lastre, incorniciate o senza bordi, più quasi 2.000 immagini digitali in sequenze ritmate, in schermi distribuiti o proiettate sulle pareti. Una bella pubblicazione ricca d’illustrazioni integra la conoscenza con saggi di approfondimento.
La mostra ha la capacità di trasformare l’esperienza estetica visiva del guardare dentro a un riquadro nell’esperienza spaziale di traguardare infinite prospettive, e grazie alla riapertura di tutte le finestre e lucernari dell’edificio di Gehry, la luce immortalata nello scatto si mescola con quella del museo, filtrata e proiettata sulle superfici con le immagini, immergendo l’osservatore in un’esperienza di opera d’arte totale.
Immagine di copertina: © Vitra Design Museum Photo: Mark Niedermann
“Iwan Baan. Moments in Architecture”
Vitra Design Museum, Weil am Rhein, Germania
21 ottobre 2023 – 3 marzo 2024
A cura di: Mea Hoffmann
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allestimenti , fotografia , mostre , vitra
Last modified: 7 Novembre 2023