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Istanbul Modern, per salpare oltre il Bosforo

Visita al nuovo museo dedicato all’arte moderna e contemporanea firmato Rpbw in Turchia

 

ISTANBUL (TURCHIA). Arrivando allo stretto del Bosforo dal mare, nell’area di recente rinnovamento urbano di Galataport, da maggio si può ammirare lo scintillante Istanbul Modern, il museo di arte moderna e contemporanea firmato Renzo Piano Building Workshop, realizzato in collaborazione con l’engineering Arup. Primo museo di arte moderna della città, l’Istanbul Modern ha anche il primato di essere l’unico progetto dello studio italiano in Turchia.

 

Un’architettura danzante affacciata sul mare e su Istanbul

Il museo, in affaccio sul Bosforo e sull’antica penisola della città, si articola su cinque livelli, di cui tre fuori terra, per un totale di 10.500 mq. Al suo interno, oltre alle sale espositive per la collezione permanente e le mostre temporanee, ospita un auditorium, una biblioteca, alcuni uffici, una caffetteria, un ristorante e una serie di spazi polifunzionali destinati ad attività che ambiscono a rendere il museo un’infrastruttura al servizio della cittadinanza. A confermare tale aspirazione, la programmazione culturale del museo propone una molteplicità di mostre e installazioni, sia permanenti sia temporanee.

Proprio la comunanza di obiettivi fra Oya Eczacıbaşı, presidente del consiglio di amministrazione dell’Istanbul Modern, e Renzo Piano è stata cruciale nel determinare l’affidamento di un progetto che dimostrasse, prima di tutto, l’impegno a dare maggiore rappresentazione e visibilità ad artiste donne, a incrementare gli spazi e i contenuti pedagogici a servizio dei più giovani e a introdurre l’arte turca ai visitatori internazionali.

Appena varcata la hall, l’installazione “False Ceiling” del britannico Richard Wentworth accoglie i visitatori. Concepita originariamente per la quarta biennale di Istanbul del 1995, l’opera è costituita da una serie di libri fra i più rappresentativi della cultura occidentale e orientale, sospesi come un tappeto fluttuante di pagine sopra le teste degli avventori: un invito a riflettere sia sulle similitudini e le differenze fra le due culture, sia sull’autorità effettiva del sapere stampato, quando irraggiungibile.

Il primo piano, destinato alle mostre temporanee, ospita inoltre una galleria fotografica e diverse sale didattiche. Di particolare interesse la mostra temporanea “Always Here” che presenta opere del Women Artists Fund, organizzazione istituita nel 2016 per raccogliere lavori di artiste d’origine turca. Il secondo piano, illuminato dalla luce naturale che entra da grandi finestre riflettendo i colori del mare, ospita la collezione permanente e altre esposizioni temporanee, tra cui, attualmente, la mostra “Floating Islands”, che riunisce più di 280 lavori di 110 artisti e artiste provenienti dalla Turchia o altre aree geografiche (fino al 31 dicembre).

La scelta dei materiali e il disegno delle facciate dell’Istanbul Modern, rivestite in alluminio, creano un gioco di luci e riflessi con il mare e il cielo, trasformando il museo in un’architettura danzante, una nave pronta a salpare sulle acque del Bosforo. Grazie a questo gioco di trasparenze e luci cangianti, il dialogo tra interno ed esterno dell’edificio è costante: un’impressione amplificata dalla passeggiata sul lungomare, resa accessibile e rinnovata in concomitanza dell’apertura del museo. Allo stesso modo, per il visitatore all’interno, il mare e il cielo là fuori rappresentano un richiamo continuo a confrontare la propria esperienza con un orizzonte ben più vasto.

Questa caratteristica del progetto raggiunge il suo apice all’ultimo piano. Qui non ci attendono altre mostre, bensì la città di Istanbul, vero spettacolo da ammirare dalla terrazza con vista a 360°. Un vasto specchio d’acqua realizzato sul tetto dell’edificio e attraversabile solo con lo sguardo, esalta, ancora una volta, lo speciale rapporto della città con il mare e, nelle giornate più calde, costituisce un sorprendente rifugio per gabbiani e altre specie di uccelli.

 

Il quartiere di Galataport: non è tutto oro quel che luccica

Il cantiere dell’Istanbul Modern, inaugurato nel 2018 con l’idea di rinnovare il museo originario (che dal 2004 aveva trovato sede in un ex magazzino portuale della Turkish Maritime Organization), si colloca in un’area di Istanbul che, da un ventennio a questa parte, è oggetto di numerose e animate controversie.

Infatti, a partire dagli anni Duemila, nel quartiere di Galataport si sono succedute una serie di operazioni per lo sviluppo e la riqualificazione urbana piuttosto invasive e denaturanti nei confronti del tessuto storico e della sua vita sociale. Anche alla luce del fatto che l’Istanbul Modern intende stabilire una relazione rispettosa con le specificità del luogo, non si possono tralasciare alcune considerazioni sulle implicazioni sociali del progetto nel contesto della recente storia del distretto di Galataport.

L’area, oggi quasi completamente pedonalizzata e costituita in larga parte da ristoranti, locali notturni e catene di negozi di lusso, è frequentata prevalentemente come polo turistico della città o come centro commerciale all’aperto. Il progetto del quartiere, concepito per poter raggiungerne a piedi i molti servizi, pare essere stato disegnato con una tale attenzione nel comunicare un’idea di modernità e ricchezza da rendere distante la Istanbul storica. Vi si percepisce una perdita di autenticità, che rende il lungomare analogo a quello di molte altre città nel mondo. A rimarcare il distacco di Galataport dal contesto circostante, una recinzione di oltre 1,2 chilometri con tanto di metal detector regola gli accessi all’area, onde minimizzare i rischi relativi a flussi poco controllabili e mantenere il decoro di questo comparto urbano.

Resta da sperare che, in un contesto in cui la quotidianità della vita sociale del quartiere è stata stravolta negli ultimi vent’anni, l’Istanbul Modern costituisca un luogo attivo al servizio della cittadinanza, nonché un reale spazio d’incontro tra differenti identità, sensibilità e culture. D’altronde, l’istituzione privata proprietaria del museo, la Istanbul Foundation for Culture and the Arts (IKSV), l’istituzione privata del museo di proprietà della famiglia turca Eczacıbaşı, ha spesso svolto questa funzione ricreativa nei confronti di un pubblico eterogeneo.

Se da una parte, infatti, la trasformazione di Galataport è stata spesso oggetto di critiche da parte degli abitanti e d’intellettuali sensibili alle conseguenze sociali negative dei processi di gentrificazione, dall’altra, le mostre e i dibattiti organizzati nel museo sono rivolti in primo luogo a questo tipo di pubblico, e sembrano poter dare inizio a una nuova storia per questa parte di città, testimone d’identità diverse e internazionali ma non per questo meno autentica.

 

All’ingresso, la permanente “Renzo Piano: Genius Loci”

In questa prospettiva, all’ingresso della biblioteca del museo, la mostra permanente “Renzo Piano: Genius Loci” mette insieme una serie di documenti, disegni, fotografie e modelli che raccontano l’iter progettuale del museo, dal 2004 all’inaugurazione. Qui la storia dell’Istanbul Modern s’intreccia con quella degli altri musei e centri culturali realizzati da Piano in diverse parti del mondo, invitando a una riflessione sulla capacità del progetto di architettura di farsi interprete di una cultura internazionale e globalizzata e, allo stesso tempo, rimanere attento alle peculiarità del luogo.

Oggi, a cinquant’anni dalla nascita della IKSV, costituitasi a sua volta in occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione della Repubblica Turca, l’apertura dell’Istanbul Modern segna un momento centrale nel processo d’istituzionalizzazione e di rafforzamento della stessa, che nel tempo ha affermato il suo ruolo egemonico nella produzione della cultura, delle arti contemporanee e delle politiche culturali, tanto in Turchia quanto a livello internazionale.

Immagine di copertina: © Cemal Emden

 

Autori

  • Saskia Gribling

    Dottoranda presso il dipartimento di Architettura, Storia e Progetto del Politecnico di Torino. Laureata in Urban Studies presso l’Università Tecnica di Delft, la sua ricerca interroga il ruolo di pratiche emergenti nelle trasformazioni urbane. È attualmente parte del gruppo di ricerca “Architectural Design Theory” e segretaria editoriale della rivista “Ardeth”. Presso il Politecnico di Torino è collaboratrice alla didattica per diversi corsi triennali e magistrali.

  • Elena Giaccone

    Elena Giaccone, architetta, ha studiato fra Milano, Torino, Parigi e Bruxelles. Dottoranda in Architettura storia progetto presso il Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino, indaga i processi di definizione, migrazione e comunicazione del progetto dello spazio pubblico, a partire dal secondo dopoguerra. É assistente alla didattica al Politecnico di Milano e Torino.

  • Didem Turk

    Didem Turk, laureata in Disegno urbano presso la Middle East Technical University di Ankara, con una specializzazione in progettazione parametrica, è dottoranda presso il dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino. Con la sua ricerca, in collaborazione con Future Urban Legacy Lab (FULL) e la Transitional Morphologies Research Unit, si occupa di morfologia urbana comparata.

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Last modified: 4 Ottobre 2023