Un sempre più fortunato sodalizio tra architettura antica e arte contemporanea: la performance di Ivan Cheng e l’installazione di Stuart Middleton
PESARO. Negli ultimi anni sono sempre più numerose le mostre che accostano arte antica e contemporanea giocando semplicemente sul contrasto. Fra i molti esempi possibili, per citarne solo due realizzate quest’anno, possiamo ricordare quella di Giuseppe Penone “Gesti Universali”, a cura di Francesco Stocchi, dove i grandi tronchi e le sculture lignee dell’artista piemontese sono stati inseriti nella Sala di Apollo e Dafne, nella Sala degli Imperatori e in quella di Enea e Anchise, fino a espandersi nel Giardino dell’Uccelliera e nel Giardino della Meridiana della Galleria di Villa Borghese a Roma. Oppure “Vita Dulcis. Paura e desiderio nell’Impero romano” a cura di Francesco Vezzoli e Stéphane Verger al Palazzo delle Esposizioni, sempre a Roma, dove autentiche sculture provenienti da vari sedi del Museo Nazionale Romano sono state accostate a opere di Vezzoli, in una scenografia sempre a sua firma.
Al di là delle considerazioni che si possono fare sulle singole mostre, occorre constatare come tutto questo sia diventato un nuovo genere autonomo di esposizione in cui i musei pubblici, specie in tempo di crisi, ottengono una soddisfazione commerciale e i galleristi e artisti ottengono la legittimazione grazie alla luce riflessa dei capolavori del passato. Nel caso di monumenti presenti non in una delle molte città italiane ormai quasi tutte mete turistiche, come Villa Imperiale a Pesaro, la presenza d’installazioni artistiche può essere l’occasione per conquistare un nuovo pubblico.
Da tre anni ad agosto si tiene una manifestazione in cui la villa, di proprietà privata, viene aperta ai visitatori: “Against Sun and Dust: Anti Historia”, a cura di Cornelia Mattiacci e Alessandra Castelbarco Albani hanno invitato il 10 agosto due artisti per un’installazione e una performance e, a concludere il percorso, il DJ set di PLO man a cura di Ruggero Pietromarchi. “Se la narrazione storica tende alla definizione univoca, estromettendo le interpretazioni latenti, Anti Historia è la volontà di disorientarla per svelarne i paradossi e le contraddizioni”.
Una performance e un’installazione
Sfruttando le potenzialità scenografiche della villa, Ivan Cheng ha concepito una performance dal titolo “Oil Rig Elision” (tempesta d’amore), curata da Niccolò Gravina e tenutasi la serata del 10 agosto nell’ala cinquecentesca, che comprende il giardino e la grande terrazza panoramica.
Villa Imperiale in realtà è duplice: un primo nucleo è quattrocentesco e fu realizzato per Alessandro Sforza, signore di Pesaro. Dopo vari passaggi di mano, nel 1522 inizia la costruzione di una nuova residenza collegata alla precedente e affatto differente: l’architetto e pittore Girolamo Genga, allievo di Perugino e Signorelli nonché amico e seguace del conterraneo Raffaello, escogita una facciata di fatto cieca per risolvere le differenze di livello tra il giardino circostante la vecchia villa, il nuovo cortile sopraelevato e il giardino all’italiana del terzo e ultimo livello, lo stesso della terrazza che si affaccia dalla sommità della nuova facciata. Un’acuta soluzione che per gli storici dell’architettura rinascimentale come Francesco Benelli, docente all’Alma Mater e presente al vernissage, rappresenta il punto di congiunzione fra due capolavori, opera di urbinati a Roma: il Cortile del Belvedere di Bramante che collegava ed estendeva tutte le stanze papali in Vaticano e la Villa Madama di Raffaello. I lavori furono seguiti da Leonora Gonzaga, moglie di Francesco Maria della Rovere – nipote sia di Federico da Montefeltro sia di Giulio II – signore di Urbino che spostò la capitale del ducato a Pesaro. Da capitano d’armi del papa e poi di Venezia era spesso assente; a ciò si aggiunse l’esilio comminatogli da Leone X. La dedica che ancora oggi è presente nel fregio spiega anche il nome dell’evento: “In compensazione del sole, della polvere, delle notti insonni in battaglia…” (“pro sole, pro pulvere…”, against the sun and the dust).
L’installazione di Stuart Middleton, a cura di Attilia Fattori Franchini (fino al 7 ottobre), è collocata nelle stanze della Duchessa; l’opera “Untitled”, realizzata con scampoli di tessuto di vestiti da sposa, dà forma a quanto resta di una scelta che ne esclude tante altre; mentre il video “Untitled” (2023), il cui set è una casa delle bambole appartenuta all’artista, allude a ricostruzioni mnemoniche possibili, all’alterazione e condivisione dei ricordi d’infanzia.
Immagine di copertina: Stuart Middleton, “Untitled”, 2023 (Courtesy the Artist and Carlos/Ishikawa Gallery, foto di Stefania Zanetti e Matteo Bellomo)
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arte contemporanea , installazioni , patrimonio
Last modified: 25 Settembre 2023