La sfida del primo hotel di design della storia, progettato da Gio Ponti a Sorrento, è la trasmissione della sua integrità ai viaggiatori
Il passato
Quando nel 1953 l’ingegnere Roberto Fernandes gli conferì l’incarico di curare l’arredo del neo ristrutturato albergo Royal (des Etrangers) sul lungomare di Napoli, Gio Ponti, allora 62enne, è già ampiamente una celebrità nel mondo dell’architettura e del design. Professore al politecnico di Milano, fondatore della rivista «Domus», “padre nobile” della nuova Milano ma soprattutto designer di oggetti iconici. Dal “modo nuovo” di concepire l’arredo, funzionale ed “emozionale”, che Ponti ha mostrato alla IX Triennale di Milano del 1951, Fernandes è attratto.
Inoltre Ponti ha con Napoli un rapporto appassionato, dichiarato nella sua prima esperienza partenopea: Villa Arata del 1952, nella quale l’architetto milanese ha valutato la realizzazione di “macchine per guardare l’eccellente paesaggio mediterraneo”. Per il Royal, Ponti non si limitò a curare l’arredo ma realizzò anche la piscina sul terrazzo e disegnò il logo della struttura, a conferma di una stima consolidata tra committente ed architetto.
Per questo motivo Fernandes, nel 1960, acquistato a Sorrento il parco della villa dei Korciacov, vi condusse Ponti. La visita avvenne in un giorno in cui tutto era azzurro, dal cielo al mare con le sagome delle isole all’orizzonte fino al profilo del Vesuvio, sulla terra ferma. Contemplando i luoghi, si narra, Ponti esclamò: “sia azzurra e bianca, fuori, l’architettura e bianca e azzurra dentro”.
Per Ponti l’hotel Parco dei Principi di Sorrento, sorto al posto di una mai terminata dacia dei nobili russi, diventò il luogo giusto per raccogliere le idee sull’architettura e sulla forma e la funzione degli oggetti, per mostrare il suo amore per la ceramica, la natura, le ombre, i colori. A differenza di quanto accadde per il Royal, all’hotel Parco dei Principi, l’architetto partecipa alla progettazione della struttura dalla fase iniziale, disponendo gli ambienti tramite quei “coni ottici” già adoperati nel disegno delle sue ville in Sudamerica (Planchart, Arreaza) e Iran (Nemazee). Così dal banco reception, nella hall, è possibile avere una visuale a 360° sullo spazio di accoglienza e sulla sala adiacente fino a percepire, lungo la linea dell’orizzonte, l’azzurro del mare.
In questo diluvio di blu, la ceramica torna nei rivestimenti in ciottoli e nelle piastrelle che foderano i pilastri dell’atrio, mentre la piscina riprende la forma organica utilizzata sulla terrazza del Royal. Non una vasca squadrata ma uno specchio lacustre, disposto su quote differenti colmate da gradoni a formare minuscole isole dove riposare tra un tuffo e l’altro. Memorabile resta il trampolino che Ponti fa spuntare direttamente dalla superficie delle acque, come fosse un elemento naturale.
Risolta la tipologia delle camere, Ponti riservò particolare attenzione allo studio dei due prospetti principali. Riproponendo gli amati angoli acuti anche sugli archi trapezoidali, suggestioni ricavate dall’architettura “spontanea” osservata tra Positano ed Amalfi. Mentre, memore dei castelli di Lamont Young, camuffava nei locali ipogei i volumi dei piani interrati, ammorbidendo l’impatto del costruito sullo strapiombo della roccia. Geometrie bianchissime e discrete ma anche insolite, come la “mezzaluna” del molo che si raggiunge dopo aver percorso una serie di gallerie scavate nel tufo. In ultimo, nel prospetto fronte parco, Ponti ripropone le loggette – piccole tribune vagamente teatrali – già viste in villa Arata, mentre in sommità incorona il corpo centrale con un fastigio in ferro a tre braccia che dell’hotel diventerà il simbolo.
Il presente
A più di sessant’anni dall’inaugurazione, l’hotel Parco dei Principi conserva intatto il fascino degli esordi; non ha tradito, in nessuno dei suoi particolari, le intenzioni e le speranze dell’architetto. La fedeltà al linguaggio architettonico di Ponti lascia stupefatti: ogni singola riggiola, ogni decoro, ogni pezzo di arredo è rimasto al suo posto. Negli anni le sole aggiunte distinguibili sono l’ambiente verandato sul lato mare sovrapposto alla grande terrazza (per poter accogliere il maggior numero di ospiti in occasione dei ricevimenti) e due piccoli approdi accanto al molo a mezzaluna. Risposte, per quanto possibili non invasive, alle domande del turismo di massa.
Al viaggiatore si presenta così, immutata, la meraviglia della hall con le sue superfici verticali, dove Ponti si affidò alla creatività dell’amico scultore Fausto Melotti che, fondendo arte e architettura, murerà elementi maiolicati nei pilastri. Ma, soprattutto, con lo spettacolare pavimento a motivi geometrici che si abbina e contrappone all’ispirazione floreale (derivata dalle specie osservate in giardino) utilizzata nelle stanze. Ponti disse di averne disegnati trenta diversi ma che, dalla combinazione dei decori, se ne potevano ottenere almeno il triplo. Così accadde: “Ho voluto che ognuna delle sue cento camere avesse un pavimento diverso”.
Muovendosi tra gli spazi dell’hotel, si apprezza la qualità dei pezzi di arredo: sedie, poltroncine, la nota “parete attrezzata”, i guardaroba e le toilette con gli specchi circolari. Oggetti che confermano l’intuizione pontiana che poneva, tra le varie funzioni di un mobile, “Anche quella del piacere, per chi lo disegna ma anche per chi lo guarda”. Elementi che si possono spostare senza incidere sulla bellezza degli ambienti e che resistono al trascorrere del tempo, a testimonianza dell’alta qualità del legno utilizzato.
Per questo, oggi all’hotel Parco dei Principi si attraversa un’architettura che respira ancora l’aria del suo tempo. Debolezza e pregio delle opere di Ponti, che non si legò mai esplicitamente ad un singolo linguaggio ma che seppe percorrere lo spirito di ognuno dei periodi che attraversò: dall’austerità dello stile Novecento al razionalismo, dall’architettura organica fino alle fughe in avanti del Neoliberty. Un catalogo d’idee e suggestioni che lo ripropongono ogni volta, ciclicamente, come attuale; specie per la cura certosina dei particolari e per l’affezione per i materiali, ai quali dava, orgogliosamente, soggettiva dignità.
Nel Parco dei Principi si potrebbe camminare da bendati provando ad “ascoltarla”, perché, come disse Ponti, “Quando l’architettura è riuscita se ne accorgono anche i ciechi”.
Il futuro
La grande sfida riguarda la “consapevolezza”. Quella di chi negli anni ne ha tutelato l’integrità e che ora s’impegna a trasferirla al viaggiatore e a pubblicizzarla con ogni mezzo. Un lavoro impegnativo ed incessante che gli attuali proprietari e il loro staff svolgono attraverso la promozione di quello che è considerato il primo “design hotel” della storia. Il desiderio è che non sfugga a nessuno il privilegio di trattenersi in un luogo simbolo dell’architettura italiana del novecento.
Quello disegnato da Ponti resta ciò che l’architetto aveva immaginato: uno spazio vivo, non un museo. Trasparente, limpido, sincero. Qualità che Ponti auspicava per la società e che durante la sua lunga vita lavorativa non si stancò mai di sognare, con l’ostinazione di chi soleva dire “Nessuna cosa si è avverata che non fosse dianzi sognata”.
Guarda il video: vimeo.com/840377750
About Author
Tag
alberghi , campagna , gio ponti , Ri_visitati , turismo
Last modified: 4 Luglio 2023