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Alessandro ColomboWritten by: Città e Territorio

L’archiviaggio. Washington, dal potere all’inclusività

L’archiviaggio. Washington, dal potere all’inclusività

Città di fondazione dall’urbanistica omogenea degli emblemi, ha sviluppato piani e strategie per migliorare la vita delle persone

 

WASHINGTON. Città di fondazione per eccellenza, costruzione voluta al fine di rappresentare e gestire il potere di una nuova grande nazione, Washington si offre ormai storicizzata nella sua forma urbana alla ricerca di un equilibrio che la renda più sostenibile e inclusiva.

L’urbanistica omogenea deriva dal disegno del francese Pierre Charles L’Enfant (la commessa del presidente George Washington è del 1791), sul quale si crea un ideale di città monumentale e neoclassica figlia degli stili Beaux Arts, promossi dall’École nationale supérieure des Beaux Arts di Parigi, e più tardi sviluppati dal movimento City Beautiful fra Otto e Novecento. La fortuna non arrise all’architetto massone, che ben presto venne estromesso dalla costruzione della città, ma l’impianto generale gli viene in ogni caso attribuito, probabilmente per come è stato felice terreno di coltura per la nascita di edifici universalmente noti.

 

4 distretti nel segno del 10

La Casa Bianca, la Washington National Cathedral, il Jefferson Memorial, il Campidoglio degli Stati Uniti, il Lincoln Memorial fino al Vietnam Veterans Memorial rappresentano un trionfo di stili architettonici che va dal neoclassico, al georgiano, al neogotico per arrivare anche al moderno – ma si possono trovare anche edifici in stile Secondo Impero francese, vedi l’Eisenhower Executive Office Building – il tutto solidamente e aulicamente connesso dalla struttura urbana definita in quattro quadranti. Il District of Columbia è, infatti, diviso in quattro aree di superficie diseguale – Nord-Ovest (NW), Nord-Est (NE), Sud-Est (SE), e Sud-Ovest (SW) – i cui assi di delimitazione s’incrociano presso l’edificio del Campidoglio. Per questo motivo tutti i nomi delle strade includono l’abbreviazione del quadrante per indicare la loro posizione, mentre i numeri civici sono assegnati in base al numero approssimativo d’isolati dal Campidoglio. Anche la toponomastica di oggi rivela, quindi, con disarmante semplicità, quell’idea di città disegnata a rappresentazione del potere che era alla base del primo quadrato di 10 miglia di lato individuato dal presidente Washington, nei pressi di Georgetown sulle rive del fiume Potomac, ritagliato al confine tra la Virginia e il Maryland. La città è così un “gesto simbolico” che rappresenta la Nazione e il mondo massonico e nasce sotto il segno sacro del “10”. La mistica Tetraktys pitagorica, somma dei primi quattro numeri 1 (unità), 2 (dualità), 3 (triade), 4 (quaternario) esprime l’idea della totalità della Legge divina, come la piramide (si veda la simbologia riportata sul dollaro) di questi primi quattro numeri che rimanda alla forma simbolica del triangolo, base del piano urbanistico di L’Enfant.

Arrivando in città potete sbarcare al Dulles, aeroporto internazionale disegnato con spazialità modernista da Eero Saarinen e che s’ispira per le strutture ai ponti sospesi, inaugurato nel 1965 e ancora oggi contrassegnato dalla forte espressività; oppure scendere al National di César Pelli, ora aeroporto Ronald Reagan – anche se questa titolazione non è molto usata. Per arrivare in centro potrete passare accanto al famoso complesso del Watergate realizzato su disegno di Luigi Moretti, insediamento che costò la presidenza a Richard Nixon per l’affaire del 1972 – chi non ricorda Tutti gli uomini del presidente, film del 1976 che lanciò alla ribalta Dustin Hofmann e Rober Redford – e che, con il postfisso -gate, diede il nome a qualsiasi scandalo si sia succeduto da allora in poi, anche se in ben pochi ne ricordano l’architetto autore. Un “piccolo” biglietto da visita italiano nel cuore della capitale.

Osservando la mappa della città non si può non notare la smisurata imponenza del disegno verde che costituisce il sedime di tutti gli edifici governativi più importanti. Un’enorme stecca che dal Potomac s’insinua nella città in direzione est, conferendo un tratto irripetibile all’ambiente che, sicuramente, ricorda le grandi fughe prospettiche delle residenze reali europee, ma che qui diventa il terreno di coltura di una bianca architettura di origine neoclassica, non di prima mano, che continua, ancora oggi, a stupire per la ridondanza e il fuori scala.

Non si può non riconoscere, però, a questo grande centro di potere, il merito di aver dato vita alla Smithsonian Institution, che annovera una serie di 19 musei lungo il National Mall, l’immenso spazio verde di cui sopra, ospitando collezioni di arte moderna, antica, scienze, storia naturale, con 140 milioni di opere d’arte, reperti e oggetti. Tutto merito di James Smithson, mecenate visionario inglese che non mise mai piede negli Stati Uniti ma che lasciò alla sua morte, nel 1829, una fortuna in eredità alla Confederazione per fondare un’istituzione culturale la quale, ancora oggi, apre le porte dei suoi musei gratuitamente a tutti.

 

La rinascita dei quartieri difficili

Ma la capitale della confederazione è anche città dalla ben delineata, e a volte problematica, composizione sociale (secondo il censimento del 2020, la popolazione di Washington, D.C., è composta per il 41,1% da afroamericani, per il 39,6% da caucasici di cui 38% non ispanici, per lo 11,3% da ispanici e per il 4,8% asiatici) e da un forte pendolarismo, più di 1 milione di persone al giorno, che interessa l’area urbana fino a Baltimora (la capitale è una città di 700.000 abitanti circa, con un’area urbana che va dai 6 milioni agli oltre 8). Le dinamiche sociali, economiche e urbane hanno portato il distretto dall’avere un triste primato nel numero di omicidi all’inizio degli anni novanta – la “capitale degli omicidi” veniva definita nei media – ma anche ad assistere negli ultimi anni ad una rinascita di quartieri secondari e difficili.

Oggi si può godere di The Wharf, il Southwest Waterfront, grande progetto di riqualificazione nel distretto che ha ridisegnato il lungofiume sul Potomac, così come di Anacostia Waterfront, piano di riqualificazione pluridecennale che interessa il secondo fiume della capitale. Alla 11th Street il Bridge Park, parco sopraelevato pensato per attraversare il fiume su disegno di OLIN, Philadelfia, e OMA, Rotterdam, costituirà una sorta di super High Line verde urbana. L’area di NoMa, North of Massachusetts Avenue, ha rivitalizzato un quartiere di 40.000 abitanti, e H Street, quartiere artistico e d’intrattenimento, vede nell’Atlas Performing Arts Center, complesso artistico con più teatri e spazi da ballo realizzato nella struttura del cinema Déco disegnato da John Jacob Zink nel 1938, il suo cuore.

Penn Quarter, collocato nella Downtown DC, ospita la Capital One Arena, palazzetto sportivo sede di squadre della NBA e della NHL, è diventato un hot-spot d’intrattenimento in città, mentre Columbia Heights, il quartiere teatro delle rivolte del 1968 che seguirono l’assassinio di Martin Luther King Jr, è ora un luogo ambito per abitanti e visitatori.

 

La conservazione e restauro del moderno

Washington è anche città di un’architettura moderna che ha tentato in alcuni casi di valorizzare e ricucire i blocchi e gli isolati precisamente delineati dal piano urbanistico originario. In questo ambito il Moderno ha contraddistinto il secondo dopoguerra ed è stato anche oggetto recente di conservazione e restauro, fortunatamente. Un elenco incompleto potrebbe riportare come doverosi di visita, oltre ai già citati aeroporti Dulles e Reagan, il Vietnam Veterans Memorial di Maya Lin, il Kreeger Museum di Philip Johnson, la Kogod Courtyard allo Smithsonian American Art Museum di Foster + Partners, la St. Coletta School di Michael Graves, le bellissime Metro Stations di Harry Weese, la Martin Luther King Jr Memorial Library di Mies van der Rohe, l’East Building presso la National Gallery of Art di Ieoh Ming Pei, il Joseph H. Hirshhorn Museum di SOM-Gordon Bunshaft, l’AIA Headquarters Building, edificio brutalista di The Architects’ Collaborative (TAC) ora in riqualificazione, e infine la Pope Leighey House di Frank Lloyd Wright.

 

I progetti dei nuovi protagonisti dell’architettura mondiale

Come tutte le grandi città centri di potere, Washington DC non si sottrae all’intervento dei nuovi protagonisti dell’architettura mondiale (attenzione a non chiamarle star, anche se di fatto…). Così siamo chiamati ad apprezzare David Adjaye (rappresentante di punta di quel Black Atlantic ora in mostra alla Biennale di Architettura 2023 a Venezia) nella realizzazione dello Smithsonian National Museum of African American History and Culture (2017), oppure della Francis A. Gregory Library (2012), e prossimamente impegnato con il suo studio a trasformare la vecchia West Heating Plant and Coal Yard, centrale elettrica di Washington, in una residenza di lusso con parco privato; vedremo le proposte di BIG, Gehry Partners e Perkins & Will, fra gli altri finalisti chiamati a ripensare il National Museum della US Navy; possiamo già scegliere per il nostro shopping la minimale boutique Akris, disegnata dallo studio milanese di David Chipperfield; possiamo godere del nuovo rooftop garden e delle nuove scale disegnate da Mecanoo e OTJ Architects per il rinnovamento della già ricordata Martin Luther King Jr Memorial Library, unica opera nella capitale di Mies.

 

Oggi, migliorare l’inclusività

Ma Washington, come tutte le metropoli, è fatta di persone oltre che di architetture e, per questo motivo, la città, ormai da più di due decenni, ha inserito in modo efficace nei propri piani strategie e politiche attive per migliorare l’inclusività in un nucleo urbano che sembra ormai aver imparato a svilupparsi anche oltre le necessità di rappresentatività della capitale di una grande Confederazione.

Anche per questo motivo Washington non sarà Parigi, Londra o Roma, ma vale pure sempre una visita attenta.

Immagine di copertina: Monumental core framework plan, courtesy NCPC

 

 

Leonardo ambasciatore: i disegni del Codice Atlantico in mostra

Il ritratto di Ginevra de’ Benci, tavola di Leonardo da Vinci datata 1474-78 circa e conservata alla National Gallery of Art, questa estate non sarà più la sola opera del genio italiano presente a Washington. Per la prima volta, infatti, viene organizzata negli Stati Uniti una mostra, promossa da Confindustria, di 12 disegni autografi, selezionati tra i 1.119 fogli che compongono il Codice Atlantico custodito all’Ambrosiana di Milano. La città scelta non poteva essere che la capitale, luogo naturale per collocare un’ambasciata dell’industria italiana nella confederazione a stelle e strisce. Leonardo assurge così ad ambasciatore della nuova geopolitica economica italiana, che trova nella mostra monografica “Imagining The Future. Leonardo da Vinci: In The Mind Of An Italian Genius” lo strumento ideale per presentarsi negli States. Aperta presso la Martin Luther King JR Memorial Library di Mies, la mostra intende celebrare “l’intrapresa” attraverso una raccolta di progetti avveniristici in cui sono rappresentati temi che vanno dalla ricerca alla meccanica, dall’ingegneria al volo, “con l’obiettivo di contribuire a diffondere lo spirito imprenditoriale come motore della crescita economica, sociale e civile di ogni Paese”. Un evento che già gode del favore del pubblico americano, coniugando l’eccellenza della storia artistica con la capacità d’innovazione lungo i secoli che l’industria italiana proietta oggi nel futuro.

“Imagining The Future. Leonardo da Vinci: In The Mind Of An Italian Genius”
Martin Luther King JR Memorial Library, Washington DC

20 giugno – 20 agosto 2023
Promossa da: Confindustria
A cura di: Monsignor Alberto Rocca, Veneranda Biblioteca Ambrosiana

Autore

  • Alessandro Colombo

    Nato a Milano (1963), dove si laurea in architettura al Politecnico nel 1987. Nel 1989 inizia il sodalizio con Pierluigi Cerri presso la Gregotti Associati International. Nel 1991 vince il Major of Osaka City Prize con il progetto: “Terra: istruzioni per l’uso”. Con Bruno Morassutti partecipa a concorsi internazionali di architettura ove ottiene riconoscimenti. Nel 1998 è socio fondatore dello Studio Cerri & Associati, di Terra e di Studio Cerri Associati Engineering. Nel 2004 vince il concorso internazionale per il restauro e la trasformazione della Villa Reale di Monza e il Compasso d’oro per il sistema di tavoli da ufficio Naòs System, Unifor. È docente a contratto presso il Politecnico di Milano e presso il Master in Exhibition Design IDEA, di cui è membro del board. Su incarico del Politecnico di Milano cura il progetto per il Coffee Cluster presso l’Expo 2015

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Last modified: 28 Giugno 2023