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Ubaldo SpinaWritten by: Design Interviste

Aria per la sicurezza, anche in edilizia

*** Intervista a Marco Soliman, D-Air Lab Gruppo Dainese, sulle potenzialità di trasferire una tecnologia nata per le piste da corsa

 

Marco Soliman fa parte del team di D-Air Lab, spin-off del gruppo Dainese che si occupa di progettare e diffondere la sicurezza nelle attività quotidiane. Dalla fondazione dell’azienda, nel 2016, contribuisce all’avviamento dei progetti, occupandosi di marketing e dello sviluppo commerciale. Ha conseguito la Laurea magistrale in Economia a Verona e un Master in Business Administration a Milano presso la 24 Ore Business School. Ha inoltre maturato un’esperienza nella consulenza direzionale presso KPMG Advisory. Abbiamo parlato con lui di sicurezza e dispositivi per incrementarla, in pista e al di fuori, dove la tecnologia D-air® è promettente anche nel settore dell’edilizia.

 

Una startup con 50 anni di esperienza. Un claim decisamente originale. Cosa ha spinto Dainese ad investire in nuove applicazioni della tecnologia D-air®?

L’obiettivo è sempre stato quello di rendere la protezione un’opzione democratica e alla portata di tutti, partendo dal proteggere i campioni della moto GP e dello sci fino all’efficace protezione anche dei “motociclisti della domenica”. Lavorando e ampliando questo concetto siamo arrivati all’utilizzo di questa tecnologia per proteggere non soltanto sportivi e motociclisti, ma anche le persone nella loro quotidianità. Più nello specifico, lavoratori in altezza e anziani a rischio caduta e frattura del femore. D-Air Lab nasce quindi da questo: la volontà di espandere la promessa della tecnologia sulla protezione, basata sull’aria, a tutti.

 

Quali sono, a suo avviso, le reali potenzialità di diffusione del gilet nel settore dell’edilizia? Avete analizzato vincoli specifici d’ingombro e indossabilità che potrebbero ostacolare, anche psicologicamente, la normale operatività degli addetti in un cantiere?

Le potenzialità di diffusione del gilet nell’ambito dell’edilizia sono molto elevate. Tra i nostri clienti figura un importante gruppo di costruzioni – la ICM di Vicenza – che ha acquistato il gilet WorkAir per utilizzarlo in questo ambito. Le aziende più virtuose nella sicurezza non lo percepiscono come un ostacolo o un ingombro quanto, piuttosto, come un elemento che contribuisce a rendere più sicuro ed efficiente il lavoratore, permettendogli di operare al meglio grazie alla sicurezza che viene dal sapere di essere protetti anche durante le attività più rischiose. Per quanto riguarda invece i vincoli d’indossabilità, abbiamo ampiamente studiato come sviluppare la soluzione più leggera e meno ingombrante possibile, in grado di dare il minore intralcio possibile ai movimenti e permettendo al lavoratore di farlo liberamente. L’ultima edizione lanciata, WorkAir Light – dotato di un airbag ancora più ripiegato – va proprio incontro all’esigenza di minimizzare gli ingombri e ottimizzare il comfort. Occorre poi precisare che WorkAir viene usato per i lavori in altezza dove il rischio è molto concreto e gli addetti sono abituati ad essere equipaggiati adeguatamente per operare in sicurezza. Inoltre, gli ambiti di applicazione non si fermano all’edilizia ma spaziano a settori come l’elettrico, l’industria, la logistica, l’aviazione e molti altri che stiamo esplorando.

 

WorkAir è il primo airbag al mondo per la protezione dei lavoratori in altezza certificato come dispositivo di protezione individuale. Quali sono le principali barriere che avete dovuto superare per ottenere questo risultato? Sono solo di natura tipologica?

Per la certificazione abbiamo superato oltre 286 test, indice di quanto sia stato lungo e tortuoso il processo che ci ha portato a questo traguardo. Al di là del numero dei test, c’è stata la difficoltà di partecipare alla redazione di un disciplinare appositamente studiato dall’ente notificato per certificare il prodotto. Questo accade perché quando s’immettono sul mercato dispositivi innovativi, mai certificati prima, vi è la necessità di definire la corretta procedura di certificazione, identificando le norme di riferimento e sviluppando dei test ad hoc per validare il prodotto. Tra le varie prove, gli ambiti principali dei test riguardano la capacità di assorbire l’energia ogni volta che c’è un impatto, l’algoritmo per testare tutti i vari scenari di caduta, gli scenari di “non attivazione” per evitare eventuali “falsi positivi”, la compliance dell’elettronica alle normative sulla compatibilità elettromagnetica, la resistenza all’acqua e l’invecchiamento. Sono anche stati condotti test di controllabilità – ossia per verificare che se l’airbag si gonfiasse inavvertitamente il lavoratore non perderebbe il controllo, ad esempio, qualora si trovasse in cima ad una scala. Infine, abbiamo svolto test d’innocuità del prodotto per assicurarci che, se l’airbag si attiva sotto un’imbragatura, non generi un problema di compressione del torace.

 

Qual è il piano di promozione di WorkAir per incentivare costruttori e imprese a utilizzare il gilet per la loro forza lavoro?

Innanzitutto lavoriamo con i nostri partner, specializzati sulla sicurezza, che si occupano di proporlo alle aziende: nello specifico, ai responsabili sicurezza, agli artigiani e agli imprenditori, all’interno del pacchetto di soluzioni per i lavori in altezza. Si tratta di un lavoro di sensibilizzazione e formazione, verso i clienti finali, intorno ai temi della sicurezza. Inoltre, WorkAir viene fatto conoscere nelle fiere di settore: le ultime sono state Preventica a Parigi, fiera dedicata ai dispositivi di protezione individuale e alla prevenzione sul lavoro, ed Expo Protection ad Amburgo. Abbiamo poi varie attività di promozione sui nostri canali social in cui spieghiamo che cos’è il prodotto e come funziona.

 

Lino Dainese imprenditore e inventore: visioni di futuro e consigli per i nostri architetti e designer.

Il suo impegno per il futuro è indagare le possibilità dell’aria per la protezione dell’uomo ma anche per lo studio dei micromovimenti e per l’ambito del posturale, ampliando ulteriormente le potenzialità di questa tecnologia. L’obiettivo è quello di portare l’innovazione in più ambiti attraverso l’intelligenza delle mani, la bellezza e la promessa della tecnologia. Egli non si sente di dare consigli ma sostiene di “copiare dalla natura”: pensiamo ad esempio al carapace che ha ispirato all’invenzione del paraschiena, a come grazie all’aria il corpo riesca a cambiare assetto in pochi millisecondi, esattamente come certi animali. Lo stesso DAR (Dainese Archivio) – che è il luogo in cui Lino Dainese ha raccolto le sue esperienze e le sue “invenzioni” – si pone l’obiettivo di trasmettere ai giovani lo spirito d’intraprendenza, tipico del nostro territorio, che vuole essere un incitamento verso il “si può fare”. Investire in nuove tecnologie, per Dainese come per D-Air Lab, è il modo di puntare al primato, all’eccellenza, sperimentando progetti estremamente sfidanti, aprendo strade e mercati mai esplorati prima. È questo che permette di creare enormi opportunità.

*** articolo sponsorizzato

Autore

  • Ubaldo Spina

    Ricercatore, Industrial Designer e BDM presso CETMA (www.cetma.it), dove lavora occupandosi di progetti di ricerca sul design e servizi di design e innovation management. Consulente di startup, PMI e Grandi Imprese, con focus sulla gestione dei processi di sviluppo di nuovi prodotti e fornitura di servizi avanzati di progettazione concettuale e strategica, ingegneria, prototipazione e protezione IP. Esperto europeo nella ricerca di "Tecnologie emergenti per il design" e membro dello Steering Board del progetto WORTH, il più grande incubatore europeo finanziato all’interno del programma COSME per la creazione e il supporto di collaborazioni transnazionali tra designer, PMI e technology provider, è membro della Commissione "Ricerca per l'impresa" dell'ADI - Associazione per il Disegno Industriale. Per conto del Joint Research Center della Commissione Europea, ha co-curato il rapporto "Innovation Ecosystems in the Creative Sector: The Case of Additive Manufacturing and Advanced Materials for Design". Il suo gruppo di lavoro ha ricevuto diversi premi ADI Design Index, nel 2011 e nel 2016 le Menzioni d'Onore Compasso d'Oro ADI. Docente nell'ambito delle attività didattiche magistrali de “Il Sole 24 Ore”, coordina la pagina Design de “Il Giornale dell'Architettura” e le rubriche giornalistiche “SOS Design” (Design for Emergencies), “Design&Startup” e “Professione Designer”.

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Last modified: 26 Giugno 2023