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Fabrizio AimarWritten by: , Città e Territorio

Tirana: la nuova vita della Piramide di Hoxha

Hub tecnologico, start-up e innovazione: l’intervento firmato MVRDV rifunzionalizza un simbolo della dittatura comunista

 

TIRANA. Se guardiamo oggi alla città, ci si trova davanti alla realtà di una capitale fatta di 111 anni, caratterizzata da una commistione di epoche e linguaggi (ottomano, italiano, realista-socialista e, negli ultimi anni, contemporaneo), accostati in una dimensione urbana contenuta, di circa 1.100 kmq e 900.000 abitanti, ancora organizzata prevalentemente attorno al centro storico con piazza Scanderbeg e alle direttrici viarie verso le città di Kavaja, Dibra e Durazzo. Tra frammenti di quartieri di origine ottomana e opere moderniste sopravvissute alla corsa verso il contemporaneo di una nazione in continua tensione tra sviluppo economico e salvaguardia della memoria, a definire le assialità della metropoli è ancora oggi il suo boulevard monumentale “Martiri della Nazione” (Bulevardi Dëshmorët e Kombit). Lungo 1.060 m, collega in direzione nord-sud la centrale piazza Scanderbeg fino all’ex Casa del Fascio, oggi sede dell’Università Politecnica.

 

Il boulevard monumentale…

Progettato da Armando Brasini (1925), poi modificato da Florestano di Fausto e concluso da Gherardo Bosio (1939-41)

, può essere considerato come l’interpretazione astratta su scala geografica delle caratteristiche topografiche della valle di Tirana. Nel progetto originario rappresentava il rapporto che il luogo aveva con il limitrofo monte Dajti, così come con l’orizzonte dei campi coltivati, enfatizzato dai fiumi Lana, Tirana, Tërkuzë e Zezë che fluivano verso il mare. Nelle foto d’epoca, l’insieme somigliava a una linea nel paesaggio urbano, in grado di dialogare solo con il cielo per l’assenza di punti di riferimento laterali, che sarebbero sopraggiunti solo in un secondo momento. Tra questi, si trovano ancor oggi la Casa della gioventù albanese del Littorio (oggi Rettorato dell’Università Politecnica) e l’Opera del dopolavoro albanese (oggi Accademia delle Arti).

Il boulevard è stato testimone delle tre fasi storiche della città di Tirana. La prima fu quella delle parate fasciste durante gli anni dell’invasione italiana (1939-43), con una similitudine di usi anche nella fase successiva nonostante il regime totalitario comunista guidato da Enver Hoxha (1946-91). Al contempo, divenne anche scenario delle proteste studentesche dei primi anni novanta, che portarono alla caduta della dittatura e alla transizione democratica (1991-2000). Tra tutte le aree di Tirana, quella del boulevard è quella che più ha mantenuto la composizione originaria e dove, quasi sempre, le nuove edificazioni hanno saputo dialogare con la sua persistenza.

 

… e l’erosione dello spazio pubblico

Se il boulevard è riuscito a mantenere la sua immagine in rapporto alla forma urbis data dal rapporto centro-radianti, altrettanto non si può dire per le altre zone di Tirana, comprese quelle ad esso limitrofe. L’erosione dello spazio pubblico è iniziata durante il cosiddetto “decennio della transizione” (1991-2000) a causa della deregolamentazione in pratiche spontanee di appropriazione, mediante costruzioni non pianificate di tipo informale. Un’erosione che continua ancora oggi anche se in forme differenti, ove l’economia di libero mercato impone una densificazione eccessiva del costruito in quartieri come Komuna e Parisit: qui, la sostituzione edilizia del tessuto basso informale fino a 2-3 piani, o formale fino a 4-5 piani fuori terra, lascia spazio a blocchi abitativi massivi fino a 9-12 piani fuori terra.

Tale pratica collettiva ha cambiato il volto della città, che si presenta oggi con una spazialità compressa. Ne risultano coinvolti anche i cortili interni degli edifici, un tempo utilizzati per colture comunitarie da parte dei residenti. In primis, vennero erosi nello spazio da superfetazioni dei blocchi abitativi esistenti o da costruzioni aggiuntive, fino a giungere all’attuale cambio di destinazione d’uso in posti auto privati a raso, a scapito del verde pubblico, di quello privato e delle aree di socializzazione di quartiere. Quanto accade è la risultante del costante incremento della popolazione dell’area metropolitana della capitale albanese, passata da 718.058 abitanti nel 2009 a 925.268 all’1 gennaio 2023.

 

La riqualificazione della “Piramide” come risarcimento

La rivitalizzazione della “Piramide” va pertanto a risarcire anche la perdita nella fruizione dello spazio pubblico, ma in maniera duplice. Da un lato, offrendo una vista pubblica dall’alto della città che non sia solo quella privata detenuta dai nuovi grattacieli; dall’altro, con un’implicazione ideologica, aprendo alla città un luogo di culto laico del leader politico Hoxha.

La sua trasformazione e rifunzionalizzazione, da museo e centro studi alla memoria dell’ex dittatore, ha avuto un iter simile ad altri controversi landmark imposti dai regimi comunisti dell’ex blocco sovietico. Travagliata la sua storia funzionale, in quanto utilizzata solo per tre anni per l’obiettivo per cui venne progettata dal team composto da Pirro Vaso, Klement Kolaneci, Pranvera Hoxha e Vladimir Bregu. Costruita nel 1988, venne in seguito adibita a base militare NATO durante il conflitto del Kosovo (1998-99) e poi a centro di trasmissione radio-televisivo. Nei quindici anni successivi fu spogliata d’ogni partizione decorativa, con l’asportazione dei materiali di finitura e degli arredi interni.

Ad oggi, con una superficie totale di 11.835 mq, l’edificio accoglie funzioni ad uso educativo, misto e culturale. La rifunzionalizzazione, firmata dallo studio olandese MVRDV, ha visto l’inserimento di una serie di volumi scatolari geometrici e colorati che ospitano aule, piccole sale conferenze e laboratori multifunzionali. Il progetto si caratterizza anche per la cristallizzazione degli usi informali, ove la carica eversiva della resilienza viene integrata nello status quo. Ciò si coglie nella trattazione dello spazio pubblico, attraverso la possibilità di risalita libera dei visitatori lungo i fronti inclinati esterni: 12 scale e rampe, oltre a una rete di connessioni secondarie a supporto, rendono ora agevole e sicuro il raggiungimento della sommità, a quota 21 m.

L’intervento, grazie a un finanziamento di 14 milioni da parte del Comune di Tirana, del Ministero dell’Istruzione e del Fondo di sviluppo albanese-americano, è stato presentato al pubblico a inizio giugno, mentre l’apertura è prevista per l’autunno 2023. L’obiettivo è che si configuri come il più grande e importante hub tecnologico dedicato a start up e innovazione nei Balcani Occidentali.

 

 

Tirana verticale

La capitale albanese sta vivendo una fase di forte spinta alla verticalità, come testimonia il proliferare di nuovi edifici alti e grattacieli nel suo concentrico urbano. Per lo più raggruppati nelle adiacenze del centro urbano di piazza Scanderbeg, sono in cantiere “The Eyes of Tirana” a firma di Henning Larsen (85 m) e il nuovo “Intercontinental Tirana Hotel” in aderenza all’Hotel Tirana International a cura di Bolles&Wilson e dello studio locale Atelier 4 (111 m). Ad essi, si aggiungono il “Book Building” dello studio belga 51N4E (77 m), così come lo “Skanderbeg Building” di MVRDV (85 m). Sempre del medesimo studio olandese vi è anche l’erigendo “Downtown One” (144 m), localizzato lungo il boulevard Bajram Curri e, ad oggi, il grattacielo più alto d’Albania. Tra quelli recentemente inaugurati, limitrofo alla citata piazza Skanderbeg e distante in linea d’aria circa 200 m dal boulevard monumentale “Martiri della Nazione”, si trova l’“Alban Tower” (85 m; immagine a fianco), firmato da Archea Associati, di fronte alla Cattedrale Ortodossa. Esito delle previsioni urbanistiche fissate dal masterplan redatto dai francesi Architecture Studio, l’edificio a uso misto (uffici, appartamenti e un hotel) ha visto l’inizio lavori nel lontano 2010. Infine, tra i progetti approvati ma non ancora in cantiere, il “Mount Tirana” (205 m) dello studio danese Cebra Architecture, e la torre di 58 piani a firma dello spagnolo Ricardo Bofill Taller de Arquitectura.

 

Autori

  • Fabrizio Aimar

    Nato ad Asti nel 1983 e laureato a pieni voti presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino nel 2008, ha collaborato per alcuni anni studi professionali (contribuendo al progetto costruttivo del grattacielo Intesa Sanpaolo di RPBW a Torino). Nel 2014 apre il proprio studio ad Asti. Dal 2009 collabora per diverse testate di settore, sia nazionali che estere, tra cui “Il Giornale dell’Architettura” (fino al 2014), architetto.info, ingegneri.info e “C3 magazine” (Corea del Sud). Dal 2010 è membro della Commissione cultura dell’Ordine degli Architetti di Asti. È stato guest lecturer presso l’Università di Auckland e relatore invitato al XXVIII Salone Internazionale del Libro di Torino.

  • Valerio Perna

    Dottore di Ricerca in Progettazione Architettonica. La sua ricerca investiga le implicazioni dell’attività ludica nella pratica architettonica contemporanea. È docente di Progettazione Architettonica & Information Technology e di Game Design presso la POLIS University di Tirana, dove dirige inoltre la unit INNOVATION_Factory e il Dipartimento di Ricerca in Architettura, Ingegneria e Design.

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Last modified: 21 Giugno 2023