Diario veneziano / giorno 3
VENEZIA. SPAZIALE: Ognuno appartiene a tutti gli altri. Il titolo, un po’ contorto, di Padiglione Italia, inaugurato nel pomeriggio, offre una possibilità di lettura per questa Biennale che chiude le inaugurazioni e apre finalmente al pubblico. Colpisce il vuoto e la ricerca di ampiezza nelle due grandi sale. “Aver liberato quegli spazi è l’unica cosa buona”, dice qualche critico maligno.
Allargamenti e contrazioni sono il filo rosso degli allestimenti, anche nel percorso principale. Sintetizzando: dove c’è l’architettura tradizionale (cioè disegni e modelli, e quasi ci si stupisce…), cambia la scala: gli oggetti più piccoli si accumulano e riempiono. Dove trovi il vuoto, è prevalentemente un fluire di suggestioni e fascinazioni: musica, colori e immagini in movimento. “Come la Biennale Arte”, dicono i soliti critici, che spesso aggiungono; “Ma fatta meno bene”.
Sullo spazio si sono esercitati in molti. Gli svizzeri, per esempio: il loro non indimenticabile programma si accompagna ad un’interessante operazione fisica: via i cancelli in ferro, giù un pezzo di muro in mattoni che separava dal vicino (Neighbours, il titolo, non a caso) Venezuela (padiglioni rispettivamente disegnati da Bruno Giacometti e Carlo Scarpa). Ora sono un tutt’uno, percorribile. “Vogliamo un nuovo modo d’interpretare l’architettura”, ripete come un mantra ai giornalisti Lesley Lokko. Al di là della solita (trita) retorica del cambiamento (è possibile, in una disciplina che richiede tempi lunghi, cambiare registro ogni 2 anni?), il messaggio è chiaro, rivoluzionario e dirompente. Per capirlo, entrare nel Padiglione dei Paesi Nordici è istruttivo: il pulitissimo e perfetto padiglione di Sverre Fehn è diventato un gran mercato della cultura Sami: pelli, legni e prodotti vari. Bello? Brutto? Giusto? Sbagliato? Importa poco, forse.
Il riposizionamento è anche una questione di logistica: i grandi nomi dell’architettura li trovi fuori, in eventi paralleli, non qui in mostra. Intanto il bookshop Biennale si ibrida: meno monografie, più racconti. Lokko è anche autrice, 11 romanzi – tutti pubblicati da Mondadori – al suo attivo. Architetta e scrittrice? Scrittrice e architetta?
Anche qui, poco importa. La caduta dei limiti è l’operazione fondamentale di questo Laboratorio del Futuro. Che si rivolge ad un pubblico molto più ampio. L’architettura non è l’oggetto ma uno dei tanti strumenti per interpretare il mondo. E magari cambiarlo.
Gli architetti sono importanti? Forse, ma non indispensabili. La 18^ edizione della Biennale Architettura è in realtà la 1^ della Biennale dei Practitioners. C’è spazio per tutti!
Immagine di copertina: Ingresso al Padiglione del Giappone
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Biennale Venezia 2023
Last modified: 21 Maggio 2023