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Written by: Patrimonio

San Miniato al Monte, l’abside torna a risplendere

San Miniato al Monte, l’abside torna a risplendere

Finanziato dalla Fondazione Friends of Florence, ha interessato marmi, mosaici, altare, pitture e il busto reliquiario ligneo

 

FIRENZE. Dopo i restauri che hanno restituito nel 2018 la Cappella del Crocifisso e nel 2021 la Cappella del Cardinale del Portogallo, entrambe quattrocentesche, è stata ancora la Fondazione no profit americana Friends of Florence a sostenere economicamente gli interventi, da poco terminati, che dalla primavera dello scorso anno hanno interessato l’area absidale della Basilica di San Miniato al Monte. Un capolavoro del romanico fiorentino che presenta numerose affinità con il coevo Battistero di San Giovanni, come ampiamente rilevato da Renzo Manetti nel volume San Miniato al Monte 1018-1207. Simboli e mistero di un’architettura sacra (Mauro Pagliai Ed., Livorno 2018).

Posto sotto l’Alta sorveglianza di Maria Maugeri e Lorenzo Sbaraglio per la competente Soprintendenza ABAP ed eseguito da un composito team di restauratori e professionisti della diagnostica e del restauro, il recente intervento ha interessato i marmi e il mosaico dell’abside, l’altare con il quattrocentesco Cristo crocefisso in terracotta invetriata (attribuito a Benedetto Buglioni), il complesso marmoreo pulpito-transenna con le pitture retrostanti e il prezioso busto reliquiario ligneo di San Miniato, attribuito a Nanni di Bartolo e probabilmente scolpito entro il 1423.

La Basilica è un edificio che, pur avendo attraversato un lungo periodo di abbandono, è stata da metà Ottocento in poi molto curata, anche se a differenza del Battistero rimane poco di originale”, afferma Maugeri, cui si deve la direzione lavori. “Il fatto che entrambi gli edifici siano stati posti dal 1180 al 1770 sotto la supervisione dell’Arte di Calimala, la ricca e potente corporazione dei mercanti fiorentini, porta infatti a supporre, in assenza di testimonianze documentarie, il coinvolgimento delle stesse maestranze, che motiverebbe l’uso di elementi costruttivi, stilistici e iconografici analoghi, dal rivestimento parietale in marmo di Carrara e serpentino verde all’uso di una tecnica complessa, costosa e non fiorentina come il mosaico a tessere vitree, fino al simbolismo cristologico della grande ruota zodiacale presente in entrambe le pavimentazioni”.

Non a caso identico fu anche il restauratore tardoquattrocentesco dei mosaici, il pittore Alesso Baldovinetti, il cui intervento è però di difficile valutazione. “Rispetto al Battistero, il mosaico absidale della Basilica di San Miniato è molto più rifatto”, precisa Maugeri. “Una pesante infiltrazione d’acqua dal tetto aveva provocato, probabilmente a metà Ottocento, grossi problemi a tutta l’area sinistra con la figura della Madonna, motivando l’ingente intervento realizzato nel 1860 dal restauratore veneziano Sante Antonio Gazzetta, che la rifece completamente utilizzando però la tecnica indiretta, e perdendo quindi la tipica irregolarità della tecnica diretta originaria. A lui si deve anche il rifacimento, nel 1864, del mosaico esterno della facciata. In assenza di disegni originali, non sappiamo nemmeno se l’iconografia duecentesca sia stata rispettata”.

Il restauro ha poi confermato l’ipotesi di una realizzazione musiva interna in due fasi, a suo tempo proposta da Angelo Tartuferi. La parte più antica sarebbe la fascia superiore con la Madonna, Cristo pantocratore e San Miniato re dell’Armenia, su disegno del Maestro di Sant’Agata e databile al 1260 circa, mentre la fascia inferiore con i simboli dei quattro evangelisti sarebbe stata aggiornata intorno al 1297, come documentato dalla data posta nel catino. La superficie musiva si attesta sui 55 mq. “Quando abbiamo deciso di intervenire”, ricorda Maugeri, “pensavamo soprattutto a una pulitura. Avendo utilizzato il drone nelle fasi diagnostiche, sapevamo che il quadro fessurativo del catino non era compromesso, ma pensavamo a una parte originale molto più estesa. Salendo abbiamo invece capito l’ingente portata dell’intervento ottocentesco e di quello più contenuto realizzato nel 1907 dall’Opificio delle pietre dure (OPD), entrambi con sostituzione delle tessere originarie con nuove tessere vitree acquistate a Venezia, probabilmente a Murano. Basilarmente il restauro ci ha quindi consentito di pulire e mappare sia il mosaico sia i vari interventi succedutisi nel tempo”.

Come sottolinea il restauratore Andrea Vigna, “Una delle peculiarità è la tecnica esecutiva che si avvale di molti materiali lapidei naturali e artificiali e differenti tipologie di paste vitree. Il mosaico è infatti costituito da tessere lapidee, vitree, a lamina d’oro, ceramiche e, con frequenza minore, lapidee dipinte. Particolarmente rilevante è la resa dei volti, con tessere di dimensioni molto ridotte e una tessitura irregolare”. “Per quanto riguarda la balaustra, già smontata nel 1910 dall’OPD e poi riassemblata, non presentava grossi problemi ma era davvero molto sporca”, conclude Maugeri. “Idem per il coevo ambone, databile al periodo 1160-1175. La decorazione in formelle quadrate e rosoni della transenna richiama nuovamente il Battistero, in questo caso la smembrata recinzione del fonte romanico ora conservata al Museo dell’Opera del Duomo di Firenze. La vera scoperta, dovuta alla restauratrice Daniela Manna e confermata dal CNR, è stata però l’utilizzo per l’ambone di un materiale prezioso ed esotico come lo splendido blu egizio, che connota gli occhi delle figure che sorreggono il leggio”.

 

 

I lavori di restauro sono stati realizzati grazie al contributo della Fondazione Friends of Florence con il dono di Stacy Simon in memoria del marito Bruce

Proprietà: Agenzia del Demanio
Alta sorveglianza: Maria Maugeri e Lorenzo Sbaraglio funzionari storici dell’arte della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze e le Province di Pistoia e Prato
Restauro della transenna, del pulpito, dell’abside e dell’altare a cura di: Daniela Manna, Marina Vincenti con la collaborazione di Laura Benucci, Vittoria Bruni, Elisabetta Giacomelli, Simona Rindi
Restauro pittura murale sul retro della transenna: Bartolomeo Ciccone, Donato Ciccone, Sara Chiaratti (Stage Palazzo Spinelli)
Restauro del catino absidale a cura di: ditta Habilis srl (Andrea Vigna e Paola Viviani) con la collaborazione di Stefania Franceschini, Chiaki Yamamoto, Eleonora Bonelli, Arianne Palla, Giulia Pistolesi, Marialuce Russo
Restauro del Cristo Crocefisso in terracotta invetriata a cura di: Filippo Tattini
Restauro del Busto Reliquiario di San Miniato a cura di: Anna Fulimeni con la collaborazione di Francesca Rocchi
Documentazione fotografica: Antonio Quattrone; Torquato Perissi per il Busto di San Miniato
Documentazione fotografica con fluorescenza UV: Ottaviano Caruso
Indagini scientifiche a cura dell‘ISPC CNR di Firenze a cura di: Donata Magrini, Barbara Salvadori, Silvia Vettori per i restauri alla transenna al pulpito, all’abside e all’altare; a cura di Cristiano Riminesi e Barbara Salvadori per il mosaico nel catino absidale
Indagini con spettrometro ELIO a raggi X per la caratterizzazione e localizzazione degli elementi presenti tramite acquisizione di mappe di distribuzione elementare a cura del Dipartimento di Scienze della Terra Università degli Studi di Firenze (Alba Santo, Sara Calandra)
Indagini petrografiche su campioni di colore del Busto Reliquiario di San Miniato: Dr. Marcello Spampinato
Indagini diagnostiche sul Busto Reliquiario di San Miniato: TC c/o Istituto Fanfani, Firenze, Dott.ssa Cecilia Volpe; RX, UV, IR, Dr. Teobaldo Pasquali
Apparecchiatura Laser per la pulitura della transenna, del pulpito e dell’abside: El.En. Group
Ponteggi: EdilCalosi snc
Riprese video: Artmedia studio di Vincenzo Capalbo e Marilena Bertozzi, con la collaborazione di Federico Cavallini

 

Autore

  • Elena Franzoia

    Laureata a Firenze in Progettazione architettonica con Adolfo Natalini, giornalista pubblicista dal 2005, ha affiancato per alcuni anni la pratica professionale di architetto alla comunicazione nei media di settore, in seguito divenuta core business della sua attività. Si è anche occupata dell'organizzazione di eventi legati al rapporto tra video, arte e architettura (Videopolis a Padova). Venezia è stata per alcuni anni sede privilegiata della sua attività, anche grazie alla collaborazione in ambito istituzionale e culturale con la Regione Veneto. Dopo il ritorno a Firenze, nel 2017 ha conseguito l'abilitazione di guida turistica nazionale e collabora con importanti istituzioni e manifestazioni fiorentine, tra cui la Biennale internazionale dell’antiquariato

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Last modified: 13 Maggio 2023