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Salone del Mobile.Milano 2023: travolti dalla solita folla, in una perturbata settimana di aprile

La tendenza alla decrescita contraddice la voglia di trovarsi e confrontarsi del pubblico, in una fiera che aspetta un progetto realmente innovativo sul futuro

 

MILANO. Il film del Salone del Mobile.Milano è andato in scena nei padiglioni della Fiera di Milano Rho rispettando copione e attese e inverando la narrazione voluta. Il Salone è tornato ad aprile. Il pubblico era ancora affamato dalla lunga privazione, la pur ottima edizione di giugno 2022 era, comunque, ancora sotto l’influsso pandemico e il salone estivo/balneare non gradito a tutti. Il pubblico è accorso, le aziende pure, anche se la flessione in metri quadri, se non si vuol notare, d’altra parte non si può nascondere, e i numeri hanno detto la loro verità.

307.418 visitatori da 181 paesi nel mondo (+15% sul 2022) con 2.000 brand espositori di cui il 34% da 37 paesi esteri. Il Salone Satellite ha visto esporre 550 giovani da 31 paesi e 28 scuole e università. Il 65% dei buyer e operatori del settore proviene dall’estero con la Cina tornata a essere il primo paese dopo l’Italia seguita da Germania, Francia, Stati Uniti, Spagna e Brasile e India a pari merito. 5.400 i giornalisti accreditati, per il 47% provenienti dall’estero (fonte Salone del Mobile.Milano).

 

Tutto bene? Sì, ma…

Il Salone, celebrata la 61° edizione, gode ancora di una formula consolidata negli ultimi 30 anni e che le novità introdotte non hanno sostanzialmente mutato. La proclamata rifondazione, il laboratorio per il futuro, non si sono visti così chiaramente sotto i riflettori di un’edizione biennale dedicata a Euroluce. Questo settore merceologico è rimasto solo, oramai perso l’Ufficio che, invece di confluire in una nuova visione espositiva priva di steccati (la formula S-project varata pre-pandemia aveva acceso tante speranze) ha voluto ribadire con forza la sua specificità.

Il grande mondo dell’illuminazione è rimasto appartato, racchiuso in un ghetto dorato dagli accessi rigidamente controllati all’interno di quattro padiglioni dominati più dall’ombra che dalla luce, con un layout disegnato sulla carta ma che nello spazio ha faticato a trovare un senso, in un volume dilatato passando da installazioni a mostre, da pillole di progetto ad approfondimenti storici. È stato incapace di dialogare con l’abitare, con l’indoor e l’outdoor che, con la consueta potenza, dominavano negli altri padiglioni, molto più numerosi e addirittura troppo densi.

La soluzione a piano unico, giudicata pratica da chi esponeva, meno da chi rimaneva fuori a causa di carenza di spazi, non troppo velatamente accetta e giustifica il fatto che si possa tenere un Salone più piccolo, più contenuto, dove i grandi investono e primeggiano, i meno grandi appaiono, i piccoli scompaiono, o almeno tendono a farlo.

Una decrescita, felice e/o obbligata non si sa, che ha il suo riscontro in un fuori salone ove, nel solito bailamme di feste e installazioni non sempre necessari, si notano gli investimenti sugli showroom (che vanno all’assalto del quadrilatero della moda milanese), cioè sulle strutture permanenti sulle quali si erano lanciate le aziende già negli anni pandemici, allora obbligate dall’assenza di fiere.

Più in generale, senza un progetto meditato e realmente innovativo sul futuro, questa della decrescita sembra essere la tendenza a lungo termine delle fiere, tendenza che paradossalmente contraddice l’opposta volontà e necessità del pubblico di trovarsi, confrontarsi, toccare i prodotti, esperire gli ambienti, avere tutto in un’unità di tempo e spazio – Milano e la sua settimana ormai contraddistinta dall’ennesimo acronimo MDW – che sta trovando altri modi per esprimersi.

Progetto e visione urgono, perché tutti abbiamo bisogno di un Salone che possa riprendere a crescere, con forza e autorevolezza, per continuare a essere il motore espositivo di un settore, il legno-arredo, che nel 2022 ha fatturato 56,5 mld di euro (fonte: Centro Studi Federlegno Arredo).

 

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Last modified: 26 Aprile 2023