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Kamran Afshar NaderiWritten by: Progetti

Le facciate di Teheran, alla ricerca di una nuova identità

Le declinazioni dell’architettura contemporanea, concentrata su sperimentazioni che reinventano la tradizione. Una selezione di 5 casi recenti

 

L’architettura di Teheran si riconosce soprattutto attraverso le facciate dei suoi protagonisti, ovvero piccoli edifici di 5 o 6 piani, sistemati uno a fianco dell’altro, adibiti indistintamente ad uso commerciale o residenziale. Palesemente sottodimensionati rispetto ai 600 chilometri quadri di agglomerato urbano, i palazzi ordinari sembrano tasselli di un grande mosaico urbano in cui si nota la prevalenza della rete stradale, formata dalle vie pressoché ortogonali e le autostrade sinuose che si contrappongono alla regola geometrica della città. La morfologia complessa di Teheran è dovuta sia alla sua conformazione geologica caratterizzata dai dislivelli (700 metri), i rilievi e le pendenze, sia alla sovrapposizione forzata dei tessuti moderni ai resti d’insediamenti rurali. Nonostante l’apparenza caotica, il tessuto urbano si estende seguendo algoritmi tipologici semplici. I percorsi (tranne quelli adattati ai tessuti rurali preesistenti) sono in direzione nord-sud o est-ovest, mentre gli edifici occupano il lato nord dei lotti fabbricabili orientati verso sud.

 

Le facciate, protezione dell’intimità della vita privata

In Iran, tradizionalmente, la strada non è considerata spazio pubblico ma, semplicemente, percorso di accesso alle case. Alla stessa stregua, le facciate non sono un mezzo di comunicazione tra la sfera pubblica e quella privata, bensì una barriera per proteggere l’intimità della vita privata dall’ambiente esterno, considerato ostile. Avendo, spesso, una sola facciata visibile dall’esterno, essa diventa il mezzo espressivo più efficace in cui devono misurarsi diverse forze, spesso divergenti: il mercato che tende a tipicizzare gli stili architettonici considerati vendibili; i regolamenti edilizi che prediligono la tipologia scatolare; i clienti con i loro desideri, spesso contraddittori; e l’ego dell’architetto.

Il paesaggio urbano è spesso caratterizzato da scenari che evocano sensazioni deboli. Si tratta di una qualità diluita senza esperienze estetiche rilevanti. Le facciate delle case sono tutte differenti ma uguali nell’insieme. Come il monotono rumore di fondo nelle sale pubbliche creato dall’insieme di voci sempre differenti. In questa circostanza, l’architetto autore non può conformarsi alle regole stilistiche del tessuto circostante e tantomeno creare una facciata neutrale. Le facciate devono essere forti e riassumere tutto lo statement progettuale dell’architetto.

 

Il condizionamento dell’autorità

Da più 40 anni

, le autorità cercano d’imporre uno stile, da loro ritenuto opportuno, che rappresenti l’identità “islamico-iraniana”. Per questo motivo hanno costituito dei comitati di controllo che esprimono opinioni di gusto sui progetti in attesa del “permesso di costruire”. Una volta superato il bizantinismo burocratico per ottenere le autorizzazioni, l’architetto deve misurarsi con la tecnologia relativamente arretrata del paese. Contando sulla mano d’opera a basso costo, la flessibilità delle piccole industrie a sperimentare nuovi materiali e traendo beneficio dalla lacunosa procedura per il riconoscimento di conformità ai requisiti di sicurezza e di prestazione, i progettisti possono provare sistemi di facciata totalmente personalizzati.

 

I margini della ricerca

Nei piccoli progetti, lo spazio interno è soggetto ai vari vincoli dimensionali e deve adattarsi alle limitazioni funzionali, incluse la massimizzazione della superficie costruita. Cosi, la problematica della facciata diventa di primaria importanza. La facciata non può essere un risultato, bensì un obiettivo strategico da raggiungere. Sin dagli anni sessanta, un gruppo di architetti di élite aveva provato a sintetizzare e a riproporre alcuni aspetti tipici dell’architettura locale.

In anni più recenti, un gruppo di architetti della generazione post-rivoluzionaria ha abbandonato ambedue le possibilità a disposizione, ovvero l’atteggiamento consumistico verso la storia o la piena adesione alle correnti internazionali, privilegiando, invece, una forma di architettura sperimentale, in chiave contemporanea, che studia le ragioni di essere delle soluzioni architettoniche tradizionali, ma che le reinventa in forme assolutamente originali. Ecco una selezione dei 5 progetti recenti più interessanti.

 

Casa Sharifiha, Alireza Taghaboni

L’edificio si trova in un quartiere relativamente benestante della capitale. Si tratta di una casa monofamiliare di quattro piani con un grande vuoto centrale intorno al quale è organizzato lo spazio interno. La particolarità della casa è che le sale sul lato facciata, utilizzando un meccanismo elettromeccanico, ruotano intorno al loro asse verticale, con svariate situazioni di apertura e chiusura e anche di vista sul quartiere.

 

Approximation House, Habibeh Madjdabadi

È una casa monofamiliare, situata in una zona quasi periferica. L’involucro esterno è costituito da una griglia tridimensionale amovibile in legno, nella quale esiste una parete verde che percorre tutta l’altezza dell’edificio. Qui sono stati adoperati 3.000 elementi in legno, sostenuti dai tondini in acciaio. I legni sono appositamente modellati uno diverso dall’altro. Si tratta di un’opera di creatività collettiva, nella quale gli artigiani hanno avuto una certa libertà nel personalizzare i loro manufatti. Con questo progetto, l’architetta ha voluto valorizzare l’approssimazione dei lavori fatti a mano, a mitigare l’effetto dei raggi solari, assicurando la privacy per gli abitanti.

 

Edificio Saba, Sara Kalantari e Reza Sayadian

È un palazzo residenziale in un quartiere dove le case hanno un prezzo medio. I progettisti propongono una facciata a doppio guscio modulare e di forma quadrata. L’involucro esterno è formato dalle lamelle verticali in legno, modellate artigianalmente, che si regolano a mezzo di un meccanismo meccanico inventato dagli architetti stessi. Giocando con l’angolazione delle lamelle, la facciata può assumere infinite forme. Controllo dei raggi solari e privacy degli abitanti sono i motivi alla base della scelta progettuale. La geometria rigida degli elementi strutturali di facciata si contrappone alle forme morbide e sinuose delle serrande in legno.

 

Casa Rozan, Abbas Riahifar e Farinaz Razavi Nikoo

Situata in un quartiere ricco di Teheran nord, si tratta di una casa monofamiliare di 3.580 mq, su sette livelli. Le facciate nord ed est, realizzate in calcestruzzo bianco gettato in opera, si affacciano su una scuola. Gli architetti hanno deciso di ridurre al minimo le aperture su questi lati, creando numerose feritoie di forma ovale che, per la forma e per la geometria curvilinea della loro distribuzione sulla facciata, si contrappongono alla forma scatolare del corpo principale dell’edificio.

 

Saadat Abad Residential Building, Mohsen Kazemianfard

Situato in una zona popolare

, l’edificio residenziale presenta sette piani da 140 mq utili ciascuno. La facciata è a doppio guscio. L’involucro esterno è realizzato con mattoni di varie dimensioni, fissati con strutture in acciaio a scomparsa. I mattoni formano dei pannelli traforati che si aprono verso l’esterno a forma di ventaglio, creando un effetto visivo piacevole sia di giorno che di notte.

Immagine di copertina: Edificio Saba, foto di Parham Taghioff-cop

Autore

  • Kamran Afshar Naderi

    Nato in Iran nel 1959, ha conseguito i suoi studi presso l’Università di Genova. È un critico di architettura, scultore, designer e co-fondatore della rivista e del premio memar (nel 1998). Afshar Naderi è autore di numerosi articoli e di tre libri sull’architettura iraniana storica e contemporanea: “Iranian Architecture”, con il fotografo N. Kasraian , edizioni Agah, Teheran, 2003; "I giardini del paradiso", riguardante due Giardini storici di proprietà dell’ambasciata d’Italia a Teheran, in collaborazione con fotografo Houman Sadr, Teheran 2007; "Le istituzioni collettive nelle città islamiche", pubblicazioni dell’Università di Genova, 1987.

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Last modified: 26 Aprile 2023