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Matteo PirolaWritten by: Reviews

Future Gardens, l’idea di giardino dalla Genesi al domani

Future Gardens, l’idea di giardino dalla Genesi al domani

Una mostra al Vitra Campus analizza alle varie scale il giardino nelle sue differenti declinazioni

 

WEIL AM RHEIN (GERMANIA). Arriva la primavera e ai margini della Foresta nera, dove si trova una radura di cultura, lungo le rive del Reno, si apre una nuova mostra come si aprono i primi fiori che, fuori di metafora, parla proprio di come progettare con la natura.

Al Vitra (Design Museum) Campus “Garden Futures. Designing with nature” analizza il “giardino” a tutte le scale progettuali e relative declinazioni sociali, tra design, architettura e paesaggio: dai progetti storici di città giardino alla presenza della natura sui balconi fino all’arredamento sperimentale della vita all’aria aperta.

I giardini, piccoli o grandi che siano, sono spesso degli spazi idealizzati, che permettono alla vita quotidiana di aprire scorci di pace e di relazione con la natura e quindi con noi stessi e tutto il resto. Il rapporto tra esseri umani e giardini riflette un insieme complesso di identità, necessità, culture e visioni, non più solo come nella consolidata idea romantica di scenografia e sfondo per il tempo libero ma come tema di avanguardia, legato all’esistenza della specie umana, tra giustizia sociale, partecipazione politica, cambiamenti climatici e sostenibilità del futuro delle nuove generazioni.

Tutte queste nuove e interessanti implicazioni pongono dei limiti a una mostra che rischia di risultare didascalica e che vuole occuparsi di qualcosa di infinito e continuamente mutevole (forse indefinibile come la “Natura”) e difficilmente riducibile a un profilo unico con le difficoltà tematiche che accomunano o dividono ampi campi come agricoltura, orticoltura, florovivaismo e giardinaggio, il tutto in relazione al design e all’architettura.

La mostra, che comunque richiede approfondimenti, è curata da Viviane Stappmanns (con Nina Steinmüller) e Marten Kuijpers del Nieuwe Instituut di Rotterdam, e allestita dallo studio italo-europeo con nuova base a Milano Formafantasma (Simone Farresin e Andrea Trimarchi).

Curatela e allestimento s’integrano seguendo 4 sezioni che corrispondono ai relativi spazi dell’edificio di Frank Gehry, vicino al quale è stata da poco inaugurata anche un’opera/giardino di Piet Oudolf, parte integrante della mostra in corso, che si estroflette per una visita a cielo aperto.

 

Il giardino dell’Eden

Il “paradiso/giardino dell’Eden” è il primo tema, affrontato come “origine” di una cultura che unisce significati simbolici, filosofici e anche religiosi. Un grande display proietta immagini bibliche e bibliografiche tra arte e storia, in cui scorrono anche illustrazioni di giardini all’inglese, alla francese o all’italiana. Intorno a questo primo teatro visivo, dei riquadri mettono in ordine e classificano decine di attrezzi per la lavorazione dei giardini, con un interessante accenno sul recinto, primo gesto antico di riconoscimento di un territorio che, aggiungiamo citando Gottfried Semper, è il primo atto tecnico umano di progettazione architettonica.

Per integrare la riflessione sul tema del paradiso, aggiungiamo anche un pensiero del filosofo Silvano Petrosino, il quale sul tema in relazione all’architettura ha una teoria che fa risalire il punto di partenza della definizione di “abitare” al libro della Genesi, dove Dio mette l’uomo proprio nel giardino dell’Eden affinché lo “custodisse e coltivasse”. Qui il senso di coltivare biblico è inteso come l’atto del costruire, che insieme all’atto del custodire Petrosino rivolge all’abitare: ovvero l’atto di vivere un’architettura o un luogo, prendendosene cura e modificandolo con rispetto secondo le esigenze interne ed esterne.

Le sale del museo si attraversano, incontrando le sezioni successive, in un allestimento coerente e raffinato, come ormai i Formafantasma ci hanno abituato a vedere. Vi troviamo varie sfumature di verde, grandi immagini e display che amplificano alcuni soggetti e dove il materiale principale che incornicia superfici e volumi espositivi è il legno naturale chiaro.

 

Garden Politics e casi studio

Il secondo capitolo dal titolo “Garden Politics” affronta l’intreccio tra la storia della botanica moderna e quella del colonialismo. Dentro il tema “politico” troviamo sintetici approfondimenti dedicati ai progetti urbanistici delle storiche “città-giardino”, alla coltivazione di orti popolari per autosostentamento in periodi di crisi o di guerra, fino alle recenti pratiche di Guerrilla Gardening.

Il terzo capitolo presenta casi studio distribuiti sul pianeta e storie di giardinieri-progettisti visionari e rivoluzionari del recente passato. Da Roberto Burle Marx in Brasile, a Mien Ruys e Oudolf in Olanda, Derek Jarman in Inghilterra, Jamaica Kincaid negli Stati Uniti, Gilles Clément in Francia, Zheng Gougu in Cina, Ng Sek San in Malesia, oltre alla virtuosa realtà della Weleda, azienda svizzera produttrice di cosmetica basata sulla produzione agricola biodinamica in varie aree del mondo.

Come grandi pagine di un libro, ampie fotografie su quinte ritraggono i soggetti principali, mentre piccole teche custodiscono documenti di storie difficilmente richiudibili in un contenitore. Al centro della sala, su un grande schermo una serie di documentari approfondiscono le singole storie esemplari.

 

I progetti contemporanei

L’ultima sezione

esamina, nel piano elevato del museo, progetti contemporanei che si dedicano al futuro dell’idea di giardino. Come in un libro illustrato, tante immagini e didascalie parlano di numerosi progetti in corso, che si occupano di crisi climatiche, ingiustizie ambientali, attenzione alle biodiversità, orti sociali, “boschi verticali”, architetture integrate, fino alla natura come tempio spirituale in luoghi remoti.

Al centro dello spazio, una grande superficie tessile e morbida sulla quale ci si può adagiare, realizzata per l’occasione da Alexandra Kehayoglou come risultato di una ricerca sull’isola greca di Milos. Un po’ nascosto, dietro questa, uno straordinario esemplare di “The Grown Chair”, progetto utopico di Alice e Gavin Munro che dal 2008 con Full Grown hanno iniziato un’interessante produzione di sedie biofactured.

L’ultima opera è un’ode alla collettività e alla partecipazione verso una visione allargata dell’idea di giardino. Una didascalia invita i visitatori (e noi invitiamo i nostri lettori) a cercare nella propria galleria fotografica un’immagine che rappresenti il proprio “Garden Futures” e a inviarla all’indirizzo gardenfutures@design-museum.de corredata di breve testo. Sul muro a fianco scorrono immagini e testi del pubblico che lungo la mostra diventeranno un’indagine sociale di come il concetto di giardino si sia radicato nella cultura popolare e di come si possa ramificare nelle visioni progettuali future.

Immagine di copertina: © Vitra Design Museum, foto Ludger Paffrath

 

 

“Garden Futures: Designing with Nature”
25 marzo 2023 – 3 ottobre 2023

Vitra Design Museum
Realizzata da Vitra Design Museum, Wüstenrot Foundation e Nieuwe Instituut
design-museum.de/en/exhibitions/current-exhibitions.html

Autore

  • Matteo Pirola

    Architetto e PhD. Docente di Architettura degli Interni, Storia del Design e Arti contemporanee in varie Università e Scuole. Autore per l’editoria, curatore indipendente e consulente per l’impresa, svolge attività di ricerca, progetto e critica sulla contemporaneità di arte, design, architettura. Curioso e cultore del pensiero, della materia e di tutto ciò che è progettabile. Redattore della rivista “Inventario” e coordinatore scientifico per le attività di ricerca d’archivio per l’apertura del nuovo ADI Design Museum – Compasso d’oro a Milano. Recentemente ha pubblicato: "On Space / In Time: a Timeline”, in "Home Stories" (Vitra Design Museum, 2020); “I talenti italiani. Mente, Mano, Macchina” (Marsilio – Fondazione Cologni per le Arti e i Mestieri, 2020)

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Last modified: 26 Aprile 2023