Sui problemi di riutilizzo dell’opera di Zanuso e Vittoria e sulla realizzazione adiacente di un polo logistico nei pressi di Ivrea
SCARMAGNO (TORINO). Ieri ci preoccupavamo per il destino d’un capo d’opera dell’architettura industriale italiana. Oggi, quello torna a impersonare “la bella addormentata”, mentre lì a fianco, come un fungo, gli spunterà uno scatolone.
Breve riassunto delle puntate precedenti
A fine 2021 il sito della nota fabbrica (immagine a fianco), progettata da Marco Zanuso e Eduardo Vittoria per Adriano Olivetti a fine anni sessanta e dismessa da fine ottanta, è prescelto da Italvolt per impiantare la prima gigafactory di batterie per auto elettriche in Italia, nonché una delle più grandi in Europa. Il progetto è affidato a Pininfarina Architettura ma, sin dagli inizi, le esigenze di produzione si rivelano incompatibili con la preesistenza.
Dopo gli appelli, richiamati anche dalla nostra testata, e la negoziazione con la Soprintendenza, il progetto (disegno a fianco) conserva a futura memoria qualche moncherino, mentre il resto del comparto è sostituito con un ordinario volume parallelepipedo, “carrozzato” (d’altronde, è Pininfarina!) da un suadente involucro streamline (al momento in cui scriviamo, ancora visibile sulla home page di Italvolt).
Poi, qualche settimana fa, il colpo di scena: i costi di bonifica si rivelano troppo elevati e, soprattutto, senza adeguamenti che richiederebbero 3-4 anni, la rete elettrica non è in grado di supportare il fabbisogno produttivo (stimato fino all’1% dell’energia complessiva disponibile in Italia!). Così, dopo aver già investito 10 milioni nei preliminari, Italvolt fa marcia indietro optando, notizia di questi giorni, per il sito ex Fiat di Termini Imerese (Palermo), dismesso dal 2011.
Nel frattempo, Panattoni, sviluppatore internazionale leader nel mercato immobiliare industriale, acquista la parte inedificata dell’ex comparto Olivetti (241.000 mq, attualmente coperti da vegetazione d’invasione) per costruirvi un polo logistico. L’area, infatti, è quanto mai appetibile: di fronte allo svincolo autostradale, in corrispondenza della diramazione per Torino (a meno di mezz’ora d’auto) e Milano (a poco più di un’ora) della direttrice valdostana che porta ai trafori del Monte Bianco (Francia) e del Gran San Bernardo (Svizzera), nonché prossimo al terminal container dell’aeroporto di Caselle. Da notare che l’interporto di Torino è il secondo d’Europa per i prodotti high-tech, con 200 operatori che movimentano tre milioni di tonnellate di merci l’anno.
Il Piano esecutivo convenzionato (PEC), presentato nel luglio scorso e attualmente in fase di revisione per la definitiva approvazione in conferenza di servizi (Comune di Scarmagno, Città metropolitana di Torino e Regione Piemonte), con avvio lavori previsto in autunno, è a firma dello studio torinese Engineering Project & Service. L’intervento, che consta di «un magazzino di quasi 90.000 mq, a un solo piano con altezza netta di 12 metri sotto trave, illuminazione a LED, tetto con pannelli fotovoltaici, attrezzature di svago per i dipendenti (bar, area per sport e ricreazione) e uno spazio di 3.700 mq dedicato agli uffici, […] si propone di ottenere la certificazione LEED Gold o BREEAM Very Good e sarà dotato di un ampio parcheggio per automobili e camion» (fonte: sito web di Panattoni).
La logica dello scatolone
Dalla documentazione, reperibile sul sito web del Comune, si tratta di un intervento che si riproduce ormai quasi identico in casi simili, come possiamo ammirare presso vari svincoli autostradali, a servizio di una logistica (ce ne eravamo già occupati) governata dal “modulo” del container: perfetti parallelepipedi scatolari, la cui integrazione paesaggistica è affidata al gioco cromatico dei pannelli precoibentati standard d’involucro, dalla paletta eventualmente variabile a seconda del contesto rurale che si va a cementificare (nella fattispecie, verde in varie sfumature e ocra/marrone, integrata dalle tinte neutre del bianco e del grigio – tonalità Amazon!). Tuttavia, come afferma la relazione di progetto, per una più efficace mitigazione ambientale si punta sull’«utilizzo del verde come schermatura rispetto al contesto paesaggistico esterno». In soldoni, filari di alberi; visto che, in nome del marketing, non può funzionare l’espediente che Bruno Zevi consigliava per occultare gli edifici di Vittorio Gregotti: i rampicanti.
È la logistica, bellezza!
Di fronte a un intervento dalle indubbie ricadute per il territorio sarebbe troppo semplicistico opporre tutta una serie di perplessità relative a una coerenza con il progetto olivettiano. Come altrettanto probabilmente, lo sarebbe pensando d’inquadrare simili progettualità secondo il provocatorio slogan Fuck the contest di Rem Koolhaas, per il quale «Superata una certa scala, l’architettura assume la peculiarità della Bigness. La Bigness è l’architettura estrema…». Tuttavia, quella economica è l’unica ratio valutabile? Di certo, gli strumenti di tutela paesaggistica e pianificazione non sembrano adeguati alle sfide imposte dai nuovi paradigmi della produzione e dell’uso/riuso del territorio.
L’area industriale realizzata dall’Olivetti a Scarmagno veniva illustrata quale esempio internazionalmente noto d’innovazione tecnologica e inserimento di un grande complesso architettonico a scala urbanistica nel paesaggio della pianura e dei rilievi morenici eporediesi, capace d’innescare inedite relazioni. Ora, invece, all’omologazione della merce, fa eco quella dei suoi depositi. E, stando alle parole di Jean-Luc Saporito, managing director di Panattoni Italia, siamo solo all’antipasto: «L’Italia ha ancora molto da fare per adeguarsi alla diffusione dell’e-commerce, mentre la domanda di moderne strutture logistiche con alti standard ecologici è esplosa e non dà segni di rallentamento. Fino al 2019, l’Italia era uno dei paesi europei con la minor diffusione di vendite online, e l’e-commerce costituiva poco più del 5% del fatturato retail totale. Questa quota sarà più che raddoppiata entro il 2024 e le vendite online raggiungeranno i 22,3 miliardi di euro. Nel 2021, in Italia, sono stati affittati spazi logistici per quasi 2,5 milioni di mq, un livello mai registrato in precedenza e corrispondente approssimativamente al volume complessivo immesso sul mercato in quell’anno e costruito per il 25% con fini speculativi. Alla fine del 2021, lo spazio complessivo adibito a magazzini e strutture industriali ha superato i 22 milioni di mq, comunque inferiore al volume medio di mq per persona nell’UE. In Italia il mercato immobiliare del settore logistico è chiaramente sottodimensionato rispetto ad altri paesi europei e noi continueremo a sondarlo alla ricerca di nuovi siti e opportunità».
A tutti quanti, dunque, i migliori auguri di buoni acquisti online!
Immagine di copertina: rendering di progetto del polo logistico di Scarmagno (© EP&S s.c.a.r.l.); a destra, la fabbrica ex Olivetti di Marco Zanuso e Eduardo Vittoria
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consumo di suolo , logistica , magazzini industriali , olivetti , Pianificazione , torino
Last modified: 22 Marzo 2023