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Luca GibelloWritten by: Professione e Formazione

Wood Architecture Prize: per fortuna non c’è solo l’Alto Adige

Considerazioni a margine dell’assegnazione della prima edizione del premio promosso da Fiera Bolzano per le recenti realizzazioni in legno in Italia

 

BOLZANO. Da insider, è possibile esprimere qualche considerazione a seguito dei lavori della giuria (presieduta da Sandy Attia e composta da Manuel Benedikter, Guido Callegari, Mauro Frate, Roberto Gargiani, Paolo Simeone e da chi scrive) che hanno decretato i vincitori della prima edizione del Wood Architecture Prize by Klimahouse, istituito da Fiera Bolzano con la collaborazione del Politecnico di Torino e dell’Università IUAV di Venezia. Si tratta di un riconoscimento inedito sull’architettura in legno in Italia, volto a valorizzarne l’impiego per la promozione di un’architettura sostenibile e neutrale dal punto di vista climatico, assegnato nell’ambito della 18ª edizione di Klimahouse, manifestazione internazionale diventata punto di riferimento per il risanamento e l’efficienza energetica in edilizia, tenutasi presso Fiera Bolzano dall’8 all’11 marzo scorsi.

Buona la partecipazione: 64 candidature (per realizzazioni, dal 2015 a oggi, che spaziavano dagli interventi ex novo a quelli di recupero edilizio e rigenerazione urbana) pervenute dal territorio nazionale, con un’ovvia prevalenza del Centro-Nord. Il temuto monopolio dell’area altoatesina – che in certi ambiti della cultura architettonica sembra giocare una partita a sé stante sul piano della qualità e dell’organizzazione della filiera edilizia del legno – non è in realtà stato eclatante. Delle 8 opere finaliste selezionate, 3 erano di provenienza sudtirolese, 2 piemontese e 1 rispettivamente lombarda, emiliana e toscana. Rispetto alla suddivisione nelle 3 categorie, mentre era ipotizzabile che scarso riscontro quantitativo avrebbe ottenuto la voce “architettura pubblica”, data la latitante committenza, a livello qualitativo ci si attendeva di più dalla voce “architettura sperimentale”: sostanzialmente inesistenti i lavori d’interesse sul fronte della ricerca e della prototipazione dal mondo universitario, così come gli inneschi virtuosi sul piano produttivo, o dal settore delle installazioni temporanee. La giuria ha dunque optato per “riposizionamenti tematici” rispetto all’indicazione originaria di alcune candidature. Un elemento, questo, che non potrà non essere considerato nella riformulazione del bando in vista delle prossime edizioni del Premio.

Venendo alle opere laureate, nell’architettura pubblica la scuola materna di Sluderno (Bolzano), progettata da Roland Baldi Architects ha avuto facilmente la meglio sulla pur interessante chiesa della Resurrezione a Viareggio (Lucca), progettata da TAMassociati ed esito della committenza della Conferenza Episcopale Italiana attraverso i concorsi. Il premio alla scuola giunge in momento delicato: al solito, dopo gli annunci con gran fanfara, l’iter del tanto atteso concorso “Futura” per 212 scuole sul territorio nazionale, giunto alle verifiche prima della proclamazione finale, sembra essersi inceppato, con all’orizzonte il fantasma dell’appalto integrato per l’assegnazione dei lavori (al proposito, si veda l’appello al Presidente della Repubblica e al Ministro dell’Istruzione lanciato dai progettisti vincitori del concorso).

Tuttavia, è nelle scelte inerenti le altre due categorie che il dibattito tra i giurati si è rivelato particolarmente fecondo. Per l’architettura sperimentale ha avuto la meglio un’opera tanto originale quanto spaesante. Si tratta dell’hotel La Briosa a Bolzano, a firma di Felix Perasso e Daniele Tolpeit, esito di un’operazione di rigenerazione urbana con quasi totale demolizione (tranne il basamento) di una preesistenza, sostituita da un edificio multipiano con struttura in legno che dissimula la sua matericità dietro patine vintage dal sapore Déco, e con curiose ibridazioni tecnologiche, come gli inserti delle finestre in blocchi prefabbricati di cemento che paiono citazioni di un “ritorno all’ordine” novecentista. Un’immagine certamente lontana dall’astrazione minimalista del mainstream legato all’alto di gamma dell’ospitalità.

Nell’architettura privata ha avuto la meglio Casa4 a Magnago (Milano) di Luca Compri Architetti che spinge a fondo la ricerca (formale, tecnologica e sui materiali come sughero, paglia, riso, oltre che legno) applicandola a un modello ordinario, in funzione della sua replicabilità. All’opposto, Ciasa Aqua Bad Cortina a San Vigilio di Marebbe (Bolzano) di Pedevilla Architects, opera finalista già pluripremiata, declinava un’immagine di eccezionalità attraverso un impiego “monomateriale” ligneo al limite del fanatismo integralista.

Piuttosto antitetiche anche le due menzioni, entrambe in Piemonte. Da un lato, le Little Leisure Lodge a Graziano Badoglio (Asti), a firma di Atelier Lavit, reinterpretano l’archetipo della capanna al servizio dell’ospitalità glam a contatto con la natura (ma con consumo di suolo). Dall’altro, il Nininrecupero di un piccolo fabbricato rurale a uso residenza di campagna a Gorzegno (Cuneo), a firma di Studio Ellisse, denota un’attenzione ai valori del contesto e del parsimonioso impiego delle risorse che, nella riattivazione di saperi e tecniche e nella predisposizione d’inedite filiere di produzione, può rappresentare un’opzione in grado d’affermarsi oltre le mode e le retoriche del green, in favore di radicali scelte di vita alternativa.

 

Qui il comunicato stampa finale del Premio con le motivazioni della giuria

 

Autore

  • Luca Gibello

    Nato a Biella (1970), nel 1996 si laurea presso il Politecnico di Torino, dove nel 2001 consegue il dottorato di ricerca in Storia dell’architettura e dell’urbanistica. Ha svolto attività di ricerca sui temi della trasformazione delle aree industriali dismesse in Italia. Presso il Politecnico di Torino e l'Università di Trento ha tenuto corsi di Storia dell’architettura contemporanea e di Storia della critica e della letteratura architettonica. Collabora a “Il Giornale dell’Architettura” dalla sua fondazione nel 2002; dal 2004 ne è caporedattore e dal 2015 direttore. Oltre a saggi critici e storici, ha pubblicato libri e ha seguito il coordinamento scientifico-redazionale del "Dizionario dell’architettura del XX secolo" per l'Istituto dell’Enciclopedia Italiana (2003). Con "Cantieri d'alta quota. Breve storia della costruzione dei rifugi sulle Alpi" (2011, tradotto in francese e tedesco a cura del Club Alpino Svizzero nel 2014), primo studio sistematico sul tema, unisce l'interesse per la storia dell'architettura con la passione da sempre coltivata verso l’alpinismo (ha salito tutte le 82 vette delle Alpi sopra i 4000 metri). Nel 2012 ha fondato e da allora presiede l'associazione culturale Cantieri d'alta quota

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Last modified: 14 Marzo 2023