A Roma una mostra racconta la difficile salvaguardia del patrimonio, tra esportazioni forzate e restituzioni post-belliche
ROMA. “Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra”, dopo i recenti interventi tecnico-impiantistici, segna la riapertura delle Scuderie del Quirinale che Gae Aulenti con il progetto del 1997 destinava a sede espositiva del Comune. Il palinsesto, oltre alla mostra, prevede un ciclo d’incontri collaterali.
Tre filoni per una fondamentale tappa della storia culturale nazionale
Organizzata dalle Scuderie in collaborazione con la Galleria nazionale delle Marche, l’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione (ICCD) e l’Archivio Luce – Cinecittà, i curatori Luigi Gallo e Raffaella Morselli offrono una selezione di oltre cento capolavori salvati durante la seconda guerra mondiale, sommati a un ampio panorama documentario, fotografico, video e sonoro.
Attraverso tre principali filoni – Le esportazioni forzate e il mercato dell’arte, Spostamenti e ricoveri, La fine del conflitto e le restituzioni – sono raccontate le storie di soprintendenti e funzionari dell’amministrazione delle Belle arti, storici dell’arte e rappresentanti delle gerarchie vaticane che, in maniera autonoma o vicendevole, hanno compiuto azioni lungimiranti di salvaguardia del patrimonio culturale. Quella resistenza dell’arte, scrive Paolo Conti, è stata “combattuta senza le armi […] ma con la conoscenza, la preparazione, lo studio, l’intelligenza e la passione intellettuale, la tenacia del saper fare anche artigianale applicata alle casse, agli imballaggi, alla catalogazione e attenta nonostante l’emergenza” da persone dal calibro di Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Emilio Lavagnino, Pasquale Rotondi, Fernanda Wittgens, Noemi Gabrielli, Bruno Molajoli, Francesco Arcangeli e altri ancora.
Il percorso espositivo si apre con esempi di esportazione e depredazione del patrimonio nazionale da parte dei gerarchi nazisti a seguito della stipula dell’asse Roma-Berlino del 1936: il Discobolo Lancellotti, “forzatamente venduto” ad Adolf Hitler dal principe Lancellotti nonostante il parere vincolistico del Consiglio superiore delle scienze e delle arti del 1909, e il Cerbiatto di Ercolano, prelevato dal Museo archeologico di Napoli per ornare il giardino della residenza Carinhall di Hermann Göring.
Lo stretto rapporto tra le opere e le vicende storiche è ben evidenziato dalle gigantografie delle foto storiche, drappi che scandiscono lo spazio e motivano la presenza delle pitture e delle sculture esposte. I vani rettilinei delle Scuderie sono così separati da teleri fotografici in bianco e nero che si alternano ai vivaci colori delle opere d’arte e creano ambienti percepiti, a tratti, quasi angusti; questa stimolazione emotiva è accentuata dalla scelta del legno chiaro come sfondo per i quadri, del rivestimento delle basi armate delle sculture e d’intelaiature che sostengono vasi antichi e tele.
Il ricordo delle casse utilizzate per il trasporto delle opere durante gli anni del conflitto è esplicitato dalle scritte rosse lungo il percorso, dalle frecce che richiamo il verso di apertura delle scatole lignee e dagli scatti storici conservati dall’ICCD.
La protezione delle opere per legge
Il rapporto tra l’arte e i luoghi di appartenenza era già stato oggetto d’interesse delle istituzioni statali legiferanti: la legge 778 dell’11 giugno 1922 voluta da Benedetto Croce e la Carta italiana del restauro del Consiglio superiore per le antichità e belle arti (1932) prevedono forme speciali di protezione per il patrimonio che presenta notevole interesse pubblico anche in relazione alla bellezza storica, ambientale, civile e letteraria.
Quando nuovi venti di guerra minacciano il patrimonio italiano, il ministro dell’Educazione nazionale Giuseppe Bottai, nel luglio 1940, vara la legge 1041 sulla Protezione delle cose d’interesse artistico, storico, bibliografico e culturale della nazione in caso di guerra: il tema, già trattato da Bottai in La tutela delle opere d’arte in tempo di guerra (“Bollettino d’Arte”, n.10, 1938), sarà ulteriormente approfondito in La protezione del patrimonio artistico nazionale dalle offese della guerra aerea, a cura della Direzione generale delle arti (1942).
Dopo l’armistizio
Questi strumenti di tutela, sotto alcuni punti di vista avanguardistici, permettono di comprendere le preoccupazioni dei funzionari della macchina statale; oltre alla protezione antiaerea per i monumenti all’aperto e dei beni immobili, s’iniziano fin da subito a trasferire e a mettere in sicurezza i tesori d’arte di musei e collezioni. È con l’armistizio del 1943, in un clima di caos politico, di guerra civile e conflitto che investe tutto lo stivale che “le eroine e gli eroi normali” intraprendono azioni personali e strutturano reti di amicizie per movimentare le opere.
I trasporti sono coordinati verso aree lontane dai grossi centri abitati, mentre in presenza di beni immobili si attuano interventi di messa in sicurezza e protezione. Le sale del Palazzo dei Dogi di Venezia sono spogliate delle cromie del Veronese e di Tintoretto, i mosaici del Battistero di Firenze e gli ampi catini absidali delle basiliche e chiese romane sono consolidati e rivestiti da bendaggi di tela di juta e strati in lamina d’alluminio, gli archi monumentali e le colonne onorarie antiche di Roma ingabbiate da armature lignee e sacchi di sabbia. Così le grigie pareti della mostra delle Scuderie si accostano e confondono con la pavimentazione, facendo aleggiare le opere in un mare etereo: lo smarrimento percettivo è efficace per apprezzare e richiamare, anche a livello emotivo, le difficoltà incontrate dai funzionari nel trasportare le casse tra una città e l’altra, utilizzando camion, furgoncini o mezzi privati, mettendo a repentaglio la stessa vita.
Dal 1947, un nuovo modo di considerare i beni culturali
È importante ricordare che Lavagnino, funzionario della soprintendenza di Roma destituito durante la Repubblica di Salò, riceve per vie non ufficiali il testimone di Rotondi e trasporta le opere in Vaticano. Finita la guerra, egli fonda l’Associazione nazionale per il restauro dei monumenti italiani danneggiati dalla guerra, sostenuta da Ranuccio Bianchi Bandinelli e dallo stesso Croce, la cui attività principale è il reperimento di finanziamenti, anche esteri, per il restauro del patrimonio danneggiato, attraverso mostre fotografiche, film diffusi e pubblicazioni quali Cinquanta monumenti italiani danneggiati dalla guerra (1947), curata da Lavagnino. Esperienze che hanno portato a un nuovo modo di considerare la tutela dei beni culturali, intesi come retaggi civili e artistici da tramandare alle future generazioni.
Un saldo filo rosso ci connette a quegli italiani che, all’indomani della nascita della Repubblica, sancirono che questa “promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione” (articolo 9 della Costituzione). I padri costituenti vollero inserire l’articolo tra i 12 principi fondamentali, memori di quello che era stato il loro recente passato, con “la consapevolezza di come sia impossibile guardare al futuro senza tutelare il passato che ci ha generato”. Un messaggio condivisibile, riconfermato dalla mostra, per questo nuovo millennio.
Immagine di copertina: © Alberto Novelli
“ARTE LIBERATA 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra”
A cura di Luigi Gallo e Raffaella Morselli
Scuderie del Quirinale, Roma
16 dicembre 2022 – 10 aprile 2023
scuderiequirinale.it/mostra/arte-liberata-001
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Last modified: 9 Gennaio 2023