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Mara Patrizia CorradiWritten by: Professione e Formazione

Repubblica Ceca, “A good place to be”

Gli esiti del Czech Architecture Award, che dal 2016 s’impegna nella divulgazione della disciplina, aiutando a tracciarne i confini

 

Quando, a seguito della caduta del muro di Berlino e delle spinte anticomuniste della Rivoluzione di velluto, la Repubblica Ceca e la Slovacchia raggiunsero l’autonomia dalla scissione pacifica della Cecoslovacchia (1 gennaio 1993), il mondo dell’architettura salutò l’inizio di una nuova era con la costruzione della cosiddetta “Casa danzante”, lungo la Moldava nel centro di Praga. L’edificio di matrice decostruttivista, progettato dall’architetto ceco di origini croate Vlado Milunić e da Frank Gehry, sorse su un sito bombardato nel 1945 con l’ambizione di ospitare nuovi uffici, un hotel, negozi, un ristorante ma anche un futuro centro culturale, che purtroppo rimase sulla carta. Nella capitale del Barocco e dell’Art Nouveau, non si era mai visto nulla di simile. All’immagine delle due torri, una di vetro e l’altra di cemento, che sembrano prender vita per abbandonarsi e sostenersi a vicenda in una sorta di danza, furono affidati i sogni e le spinte di trasformazione della società ceca.

 

Le ragioni di un premio

Dopo quell’evento e qualche altro iconico esempio su cui posero la firma architetti stranieri, tuttavia, al mondo dell’architettura ceco toccò una lunga riflessione volta a trovare la propria strada, che più che trarre ispirazione o identificarsi con un protagonismo esasperato dell’opera e con eventi singoli di elevata potenza e impatto, dovette concentrarsi sulla costruzione e ricostruzione del quotidiano.

Negli ultimi anni la Czech Chamber of Architects, istituita per legge proprio contemporaneamente alla nascita della nuova repubblica e oggi rappresentante di un bacino di 4.173 architetti (abilitati e che esercitano la libera professione), sta iniziando a tracciare i contorni e le valenze di un’architettura nazionale. Grazie a un’indagine che ogni anno confluisce in una mostra e in un concorso, l’Ordine raccoglie, valuta e poi presenta all’opinione pubblica le migliori opere costruite sul territorio. Come sottolineano i suoi rappresentanti, l’attenzione è posta non solo sulla qualità estetica e tecnica, ma anche sull’impatto dell’opera nel contesto e sul suo ruolo sociale trasformativo.

Il Czech Architecture Award, che esiste dal 2016, assume poi un valore ulteriore in quanto non è pensato semplicemente come riflessione interna alla disciplina, ma come selezione ampiamente motivata dalla giuria per restituire il nuovo paesaggio ceco alla conoscenza di un pubblico generalista. Non a caso la serata di gala della proclamazione dei vincitori della 7° edizione, tenutasi l’8 novembre scorso al Forum Karlìn di Praga, è stata anche trasmessa da ČT art, il canale televisivo nazionale specializzato in contenuti culturali.

 

Nessuna classificazione, tante tematiche

Innanzitutto, ci si è accordati sulla definizione di architettura come ampio spettro di opere che intervengono su un territorio, tralasciando la classificazione per categorie, equiparando scale e ambiti d’intervento molto differenti, per un confronto più aperto sul tema della qualità dello spazio. Nell’edizione appena conclusa i 7 esperti internazionali invitati quest’anno come giurati, tra cui Marialessandra Secchi, architetta, urbanista e accademica italiana nel ruolo di presidente, hanno esaminato 201 progetti realizzati sul suolo ceco negli ultimi 5 anni, selezionandoli per fasi successive fino ad arrivare a una rosa di 5 finalisti, a una serie di premi assegnati dai partner dell’iniziativa e a un solo vincitore assoluto.

La cosa insolita è che i giurati sono stati invitati in Repubblica Ceca, dove hanno potuto visitare le 29 opere selezionate e giudicarne l’accuratezza, ma anche considerarle come parte di processi di rigenerazione urbanistica in corso e come elementi del paesaggio. Molteplici sono i temi emersi come centrali nel panorama della pratica architettonica all’interno del paese: dal recupero del patrimonio del moderno alle potenzialità della ristrutturazione high-tech, dal dialogo con la storia e la topografia alla reinterpretazione della tradizione abitativa, dalla rilettura funzionale del passato alla costruzione del nuovo spazio pubblico. La giuria ha definito un quadro nazionale su responsabilità, interessi e propositi della disciplina che, come una mappa, può essere utilizzato per leggere un punto di arrivo, ma anche la strada da percorrere nel prossimo futuro.

 

And the winner is…

Casa a Kozina

, ultimata nel 2021 dai praghesi Atelier 111 architekti, si è aggiudicato il premio di quest’anno. Jiří Weinzettl e Barbora Weinzettlová sono gli architetti ma anche i committenti di una ristrutturazione che coinvolge due edifici in decadenza affacciati su una corte nel centro storico di Trhové Sviny, nella Boemia meridionale. Il sito si trova nei pressi dell’area urbana più antica, caratterizzata da zone erbose che tradiscono la natura ancora rurale dell’insediamento. Il progetto valorizza tali aspetti, ricavando un’abitazione unica dalla congiunzione di due blocchi affacciati su vie diverse, ma con la corte al centro. La relazione con l’intorno è resa dinamica dalla riqualificazione dei fronti, che si aprono mostrando la vita all’interno. Un’attenta analisi degli strati storici che costituiscono volumi e murature ha permesso di ripristinare ciò che è prezioso, come i portali in pietra, e di liberare l’opera dalle aggiunte brutali. Il ritmo che alterna i vuoti ai pieni fa percepire i cortili alla stregua di ambienti scoperti, prolungando lo spazio domestico. Con questa scelta, la giuria ha lanciato un chiaro messaggio volto a preferire la riqualificazione alla demolizione e alla conseguente anonima ricostruzione che affligge lo sviluppo suburbano delle nostre città.

 

Gli altri 4 finalisti

Di grande interesse anche le altre quattro opere finaliste. La Guard Patrol, progettata da Mjölk architekti (Jan Mach e Jan Vondrák) e completata nel 2021, è un sistema di cinque belvederi collocati sulle protuberanze rocciose della collina di Stráž che si erge sopra la città di Rokytnicí nad Jizerou. Il loro esile disegno e la pura essenza lignea, che nasconde ogni struttura, è una sfida alla forza di gravità. Ciascuna opera deriva il proprio nome dagli stemmi di quattro villaggi che un tempo erano alleati di Rokytnicí (la volpe, l’orso, la pecora e il minatore) ma, come sottolinea la giuria, le loro forme restano sufficientemente astratte da rievocare la storia evitando la mimesi diretta e lasciando ai visitatori la facoltà d’interpretare ciò che vedono.

La ricostruzione e conversione del Palace of Electric Enterprises a Praga di TaK Architects, completato nel 2020, opera su uno dei principali esempi di architettura funzionalista ceca sorti tra le due guerre. Secondo la giuria il suo attento restauro con tecnologie attuali che hanno permesso, per esempio, di sostituire gli involucri mantenendone l’aspetto e di adeguare tutti gli impianti, indica una strada per il recupero dell’ingente patrimonio architettonico novecentesco presente sul suolo ceco. L’interessante opera di ripensamento degli spazi interni e la valorizzazione della luce naturale ha poi consentito di adeguarne i grandi e non facili ambienti alle funzioni attuali di palazzo per uffici, trasformando l’architettura in un luogo nevralgico del quartiere.

In linea con questo tema, all’interno del centro fieristico di České Budějovice, il Padiglione Z progettato dallo studio A8000 è stato apprezzato per l’efficienza della ristrutturazione. Completato nel 2021 con un budget ridotto, questo rinnovato spazio espositivo ha sorpreso anche in relazione all’originale, un volume anonimo risalente ai primi anni settanta. Mantenendo lo scheletro strutturale, i fronti sono stati completamente ripensati con rivestimenti in metallo bianco e u-glass. Commenta la giuria: “Nelle ore serali l’edificio diventa una grande lanterna che segnala lo svolgimento di eventi. Al contrario, pareti e tendaggi neri all’interno suggeriscono la smaterializzazione di tutti gli elementi architettonici e strutturali durante i concerti”. Non semplicemente quindi un contenitore che metta al coperto merci da esporre, com’era in origine, ma un’architettura significante, protagonista di per sé, che riesca a dettare le regole della riqualificazione per altri esempi simili.

Di grande valore per la capacità di generare un nuovo spazio pubblico vissuto da un’ampia parte della popolazione è la biblioteca IGI a Vratislavice ultimata da atakarchitekti nel 2021. Si tratta della trasformazione di un’ex canonica in disuso con ampliamento, per la realizzazione di una biblioteca nel centro storico della città. Mentre le pregevoli facciate dell’edificio esistente sono restituite all’antico splendore, si costruisce in contrapposizione un volume dalle forme contemporanee, collegandoli con un ponte di vetro. Completamente svuotata per ragioni statiche, l’ex canonica è riprogettata per accogliere funzioni attuali, a supporto della biblioteca ubicata nel nuovo volume, che con le sue grandi vetrate guarda al parco e al castello cittadino. Un progetto che restituisce un’immagine fresca dell’architettura, dove l’antico qualifica il nuovo e il nuovo amplia e rende più funzionale l’esistente. Un attraente bilanciamento tra fascino e utilità, in cui la giuria ha particolarmente apprezzato la capacità di creare quel mix funzionale che può far incontrare persone di tutte le età: “A good place to be”.

Infine, come opera di eccezionale interesse nel campo dell’architettura, va sottolineata la scelta di premiare il lavoro di Jana Kostelecká, fondatrice della casa editrice Jakost, che si occupa di divulgare la cultura architettonica tra i bambini e ragazzi, pubblicando libri che spiegano con l’ausilio d’illustrazioni eccezionali il processo di costruzione di una città e delle abitazioni, oppure che cos’è il design, o anche qual è il mestiere dell’architetto e quali sono i parchi e gli spazi pubblici più straordinari concepiti negli ultimi decenni in tutto il mondo.

Immagine in evidenza: Kozina House, Atelier 111 (© Alex Shoots Buildings)

 

Autore

  • Mara Patrizia Corradi

    Giornalista pubblicista, scrive di architettura e design. Si è occupata di archivistica curando il Fondo Disegni del Museo Kartell e per dieci anni l’Archivio di Michele De Lucchi. All’interno dello studio aMDL ha curato testi, pubblicazioni e eventi in Italia e all’estero. Ha scritto per riviste di settore edite da Faenza Editrice, Il Sole 24 Ore Business Media, Font Edizioni, Sprea e per il portale internazionale di architettura Floornature, ove dal 2010 cura la sezione progetti. Nel 2017 ha co-fondato la casa di produzione indipendente ImmagicaFilm che realizza documentari d’architettura. Negli ultimi anni si occupa anche di comunicazione per l’Ordine degli Architetti di Parma

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Last modified: 13 Dicembre 2022