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Alessandro ColomboWritten by: Design Reviews

Venini, o della storia architettonica novecentesca “in vitro”

Venini, o della storia architettonica novecentesca “in vitro”

Alla Fondazione Cini di Venezia, la mostra “Venini: luce 1921-1985” nell’ambito della Glass Week e del progetto culturale “Le stanze del vetro”

 

VENEZIA. La nuova edizione della Glass Week, che vede coinvolte per la prima volta Venezia e Milano, la tradizione artigianale e artistica e la tecnologia industriale, trova uno degli eventi di spicco nell’apertura di “Venini: luce 1921-1985” all’interno di Le stanze del vetro” – il progetto culturale pluriennale avviato dieci anni fa da Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung per lo studio e la valorizzazione dell’arte vetraria del Novecento – che, con questa grande mostra, dichiara la chiusura di un ciclo (anche se un nuovo evento è già annunciato per il 2023).

Sull’isola di San Giorgio maggiore abbiamo visto, negli anni, approfondire tutti gli aspetti e gli autori della grande avventura che in laguna incontra i maestri del design, da Scarpa a Zuccheri, da Zecchin a Wirkkala, da Bianconi a Stearns, per citarne solo alcuni. Ma la mostra del 2022 su Venini offre nuove prospettive.

 

In apertura, due straordinarie installazioni

All’interno della sala Carnelutti e del piccolo teatro della Fondazione Giorgio Cini vengono esposte due straordinarie installazioni: la ricostruzione del monumentale lampadario a poliedri policromi, con circa 4.000 elementi degli 8.000 originari, progettato nel 1961 da Carlo Scarpa per il padiglione del Veneto all’esposizione Italia 61 a Torino e il celebre Velario, qui visibile in dimensione ridotta, realizzato nel 1951  per la copertura di Palazzo Grassi e formato da una serie di “festoni” con cavi d’acciaio e sfere in vetro cristallo balloton. La magnificenza del vetro è qui presentata in astratto nel buio assoluto delle sale, lasciando al visitatore il compito di ricostruire mentalmente l’architettura e le vicende, contrapposte, dei due edifici in questione. Da una parte il rimando ad uno dei padiglioni a corollario della grande struttura torinese del Palazzo del lavoro di Pier Luigi e Antonio Nervi e Gino Covre, abbandonata al degrado e ancora oggi in cerca di un restauro e di una destinazione compatibile. Dall’altra il veneziano Palazzo Grassi, oggetto nel 1985 della versione di Gae Aulenti, come si è visto poco attenta alla storia, e nel 2006 teatro del progetto di Tadao Ando, interpretazione sempre improntata all’autorialità più spinta, ancorché dissimulata dal minimalismo.

 

81 oggetti luminosi per una storia “in vitro”

“Venini: Luce 1921-1985” offre una selezione di 81 oggetti luminosi progettati da vari designer e studiati dall’ufficio tecnico della vetreria stessa, accomunati dalla concezione e realizzazione per altrettanti progetti di architettura sparsi in Italia e nel mondo. Ne esce una sorta di storia della visione architettonica dell’illuminazione realizzata in vetro, che parte negli anni venti da Vittorio Zecchin, passa per Tomaso Buzzi e Carlo Scarpa e arriva negli anni cinquanta ad architetti come Gio Ponti, Franco Albini, Ignazio Gardella, lo studio BBPR e l’allora promettente giovane Massimo Vignelli. Si passa, così, dalla Biennale alla Villa Reale di Monza, alle stazioni e alle poste di Angiolo Mazzoni in tutta Italia, ma anche di Giovanni Michelucci a Firenze, dall’albergo Principi di Piemonte a Torino allo showroom Olivetti di New York, arrivando ad apparecchi realizzati con elementi modulari, sviluppati a partire dai famosi poliedri, di grande successo commerciale che costituirono, fino agli anni ottanta, un catalogo di gocce, canne piene, canne vuote, cubi e piastre che consentirono l’esecuzione di sospensioni, lampade a parete, grandi installazioni e soffittature luminose solo in parte, purtroppo, ancora esistenti.

 

Oltre la decorazione complementare

Dalla mostra esce chiara la storia dei vetri prodotti da Venini che entrano, di pieno diritto, fra i materiali di progetto che i grandi architetti del Novecento hanno utilizzato nelle loro realizzazioni. Si supera un aspetto prettamente decorativo e complementare per mettersi a disposizione del progetto e da questo, non al contrario, far nascere il prodotto. È una storia molto italiana, non unica, ma fondamentale per capire lo sviluppo del disegno all’interno dell’architettura e la ragione di una qualità di creatività e di realizzazione che non ha pari al mondo. Non è un caso che il catalogo di Venini riporti centinaia di modelli realizzati portando alle estreme conseguenze il concetto e la pratica della modularità, unita all’unicità del prodotto pensato appositamente per ogni progetto. È questa la forza, non la debolezza, di aziende come la Venini che non hanno avuto difficoltà, nel Novecento, a diventare i partner di elezione di tutti i migliori progettisti.

Da questo punto di vista quello che manca è un’approfondita analisi del progetto architettonico e di interni nel quale questi prodotti sono nati, il racconto della loro indissolubilità con lo spazio, la dimensione della loro necessità, l’impegno quasi etico, ancora più che commerciale, degli attori di queste realizzazioni. Questa, forse, la traccia per immaginare e studiare nuove, interessanti, ricerche e mostre che speriamo di poter visitare a Venezia.

Inoltre quest’anno, per chi voglia traghettare da piazza San Marco all’isola di San Giorgio, vi è anche l’occasione di visitare fino al 27 novembre la mostra di Ai Weiwei “La commedia umana”, ampia retrospettiva che si presenta con un’eccezionale quanto inquietante installazione nella basilica di San Giorgio, sotto la cupola di Palladio: un immenso chandelier costituito da scheletri destrutturati in vetro nero opaco, realizzati da Berengo Studio, che, giocando con la luce e guardandoti attraverso finte telecamere, anch’esse in vetro, ti obbliga a più d’una riflessione sulla nostra condizione umana, troppo umana, appunto.

Immagine di copertina: foto di Enrico Fiorese

 

 

Venini: Luce 1921-1985

18 settembre 2022 – 8 gennaio 2023
Produzione: Fondazione Giorgio Cini onlus e Pentagram Stiftung
Curatore: Marino Barovier
Le Stanze del Vetro, Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia
lestanzedelvetro.org/mostre/

 

Autore

  • Alessandro Colombo

    Nato a Milano (1963), dove si laurea in architettura al Politecnico nel 1987. Nel 1989 inizia il sodalizio con Pierluigi Cerri presso la Gregotti Associati International. Nel 1991 vince il Major of Osaka City Prize con il progetto: “Terra: istruzioni per l’uso”. Con Bruno Morassutti partecipa a concorsi internazionali di architettura ove ottiene riconoscimenti. Nel 1998 è socio fondatore dello Studio Cerri & Associati, di Terra e di Studio Cerri Associati Engineering. Nel 2004 vince il concorso internazionale per il restauro e la trasformazione della Villa Reale di Monza e il Compasso d’oro per il sistema di tavoli da ufficio Naòs System, Unifor. È docente a contratto presso il Politecnico di Milano e presso il Master in Exhibition Design IDEA, di cui è membro del board. Su incarico del Politecnico di Milano cura il progetto per il Coffee Cluster presso l’Expo 2015

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Last modified: 23 Settembre 2022