Nonostante le carenze strutturali, annotazioni sul dinamismo e la capacità di competere di una “città media” dell’Italia policentrica
COSENZA. La recente pubblicazione di un volume sulla città di Cosenza (Cosenza tra rigenerazione urbana e sostenibilità, a cura di R. Mascarucci e L. Pingitore, Gangemi 2021), da cui questo articolo riprende molti spunti, è stata occasione per riflettere su alcuni concetti chiave che vengono qui sinteticamente richiamati, intorno alle città medie. Difatti, fra il delicato e fragile presidio territoriale delle aree interne e la competitività creativa ed economica nella quale confidano le città metropolitane nostrane, vi è una dimensione urbana, quella media, capace di produrre una forza mobilitante mai raggiunta nella storia recente.
Dalla “primavera dei sindaci”, riconoscibilità per le città medie
Molti ricorderanno quella che in gergo giornalistico è passata come la cosiddetta “primavera dei sindaci”. Sull’onda di una riforma elettorale, per una volta felice, all’inizio degli anni novanta un gruppo di amministratori locali, ancora giovani e figli di una rimpianta preparazione novecentesca nell’affermarsi classe dirigente, ridettero vigore alle nostre principali città, da nord a sud, non solo con investimenti accorti, ma favorendo anche formule nuove del cosiddetto “effimero urbano” (concertoni, maratone, festival ed eventi straordinari di ogni genere) e una comunicazione civica efficace (pur allora ante social). Grazie a quella stagione proprio i temi dell’effimero urbano e della comunicazione civica si rivelarono per quello che sono: certamente, non gradienti di scarso pregio amministrativo o culturale ma, al contrario (quando usati con sapienza) strumenti per far accrescere progetti, iniziative, risorse, ricavandone anche alimento per il cosiddetto capitale fisso.
Ecco: nel corso del tempo, anche le città medie (almeno un discreto numero e con una forza tale da non essere considerato fenomeno passeggero) sono riuscite a darsi una forte riconoscibilità con un processo dal basso, aperto in direzione di quanto suddetto, equipaggiandosi di servizi urbani “inconsueti” per il loro rango; un processo che, peraltro, non riguarda solo città medie delle aree più ricche del paese ma che arruola, forse con ancora più intensità e fervore, molte città del Mezzogiorno.
Tutto ciò non è una semplice narrazione riferita a casi specifici o fatta sulla sommatoria dei progetti di opere pubbliche, di reti più o meno intelligenti o di appuntamenti consolidati, magari condita qua e là da una qualche abilità a intercettare consensi del sindaco o degli assessori di turno. Bensì, è un trend da cui, insieme allo sguardo breve, va colto anche il pensiero lungo. Da questo punto di vista, si può sostenere che le conurbazioni di media dimensione, ancor più delle stesse Città metropolitane, hanno strutturato il telaio insediativo portante del paese attualizzando i contenuti disciplinari del regional spatial planning; così come alcuni modelli, criteri, regole d’intervento hanno permesso di aggiornare la “cassetta degli attrezzi” verso una maggiore capacità tecnico-amministrativa e progettuale, evidentemente altro fattore alla base del successo.
Insomma, le città medie non sono solamente nella dimensione di ciò che sta in mezzo a qualcos’altro ma sono, allo stesso tempo, lo strumento e il fine più adeguati alle politiche di coesione che reggono l’intera impalcatura europea. Il nostro essere europei fa sì, come il dito al centro della mano, che la città di provincia costituisca l’essenza fisica “centrale”, appunto media, in grado d’innervare e stabilizzare quel benessere adulto che connota particolarmente le grandi capitali d’Europa.
Il volto antico e nuovo di Cosenza
Cosenza può essere ragionevolmente considerata fra le città medie che hanno saputo proporsi nella chiave anzidetta, dando spessore ai fattori d’identità e d’innovazione urbana, al pari di altri casi emblematici come Lecce, Matera, Salerno.
Nel volto antico e nuovo di Cosenza si materializza, perciò, un caso paradigmatico: dalle infrastrutture per la mobilità con cui si attrezzano i presupposti e le opportunità del mutamento, al recupero degli spazi e poli urbani che ne innalzano la qualità percettiva e la dimensione estetico-funzionale, ne amplificano le occasioni aggregative e le iniziative economiche, fino all’investimento nelle grandi opere di architettura (siano essi innesti contemporanei di restauri di beni monumentali o nuovi segni distintivi del tempo presente).
I cenni che si possono fare su Cosenza, per restituire un’idea di città fra identità e innovazione, rappresentano solo una selezione ragionata di alcune rilevanti componenti urbane rispetto alla moltitudine usabile, qui sacrificata all’esposizione. Come dire, pochi e asciutti riferimenti proposti per offrire uno spaccato analitico decisamente parziale e, tuttavia, sufficiente a intercettare e allinearsi ai temi portanti delle città medie italiane esposte sopra.
I cenni scelti, sei, sono pertanto annotazioni di un dinamismo urbano e di una capacità di competere, pur con tutti i limiti che si possono immaginare dalle carenze e dilemmi strutturali tipici del Mezzogiorno.
Sei ambiti per una città identitaria e innovativa
Primo cenno, territoriale: la struttura urbana originaria, notevole, di “Cosenza vecchia” (chiamata così dagli abitanti della città), attraversata dal corso Bernardino Telesio, cuore storico delle principali attività della città da cui si raggiungono gli edifici monumentali (il Castello svevo, il Duomo, il Teatro Rendano, l’Accademia Cosentina, il Liceo, la Biblioteca, il Palazzo di Governo) e al quale si ricollegano edifici pubblici e privati, spesso di pregio, vicoli, scalinate, piazze. La città moderna nel tempo è invece cresciuta verso nord, saldandosi con l’espansione della vicina Rende, tanto che oggi le due realtà si presentano in un’unica conurbazione che riesce a essere un catalizzatore di area vasta, generando un pendolarismo considerevole, sotto la spinta dello sviluppo qualitativo e quantitativo dall’Unical (all’estremità nord del territorio Cosenza-Rende).
Secondo: è, per l’appunto, solo un cenno quello che rappresenta la risorsa dell’Unical, l’Università “di Cosenza”; il campus degli anni settanta progettato da Vittorio Gregotti. Fondamentale per il territorio, si colloca anche al 4° posto tra i migliori atenei del paese, con una supremazia per l’offerta di servizi (alloggi e mense) agli studenti.
Terzo cenno, di prospettiva: il tema dell’alta velocità ferroviaria tra Salerno e Reggio Calabria (strettamente connesso con il richiamo dell’Unical e, più in generale, con lo sviluppo economico e sociale del quadrante nord della Calabria) vede una discussione in corso, con scelte non consolidate, stanziamenti importanti che ancora mancano ed esiti, quindi, ancora incerti. Ma, volendo rimanere fermi sulle prime indicazioni governative (collegate in parte ai finanziamenti del PNRR) tra dieci anni il passaggio della TAV da Cosenza potrebbe rappresentare, indubitabilmente, un orizzonte di cambiamento verso un solido ed efficiente aggancio della città alla rete del “policentrismo italiano capace”.
Le dotazioni urbane
Gli altri tre sono cenni riferiti a dotazioni urbane, realtà che caratterizzano già l’immagine della città.
Il Parco del benessere si sviluppa a partire dal centro commerciale Due Fiumi, per un’estensione lineare di quasi 2 km e una superficie complessiva di oltre 60.000 mq, restituendo ai cittadini un ampio spazio verde con aree pedonali e di svago. Al centro di un ripensamento radicale dell’assetto viario nell’intorno, la realizzazione del parco è maturata anche per accogliere un sistema tramviario (previsione purtroppo cancellata da una successiva rimodulazione progettuale) da e per l’Università: probabilmente, insieme al ponte Calatrava e al Planetario Giovan Battista Amico, il Parco del benessere (ancora non completamente realizzato) è ormai un simbolo della città pubblica contemporanea.
I BoCs Art, situati su viale Norman Douglas, lungo la sponda del fiume Crati, in un continuo confronto con il territorio, si configurano come un housing artistico. L’intervento s’inserisce nel progetto di riqualificazione e rifunzionalizzazione ricreativo-culturale del parco fluviale e si articola in 27 box, composti da elementi prefabbricati in legno, dislocati in 3 differenti aree funzionali, di altezza massima di 6 m, per favorire il loro inserimento all’interno dello scenario naturale del parco. I BoCs Art sono in continuità con il percorso del MAB – Museo all’aperto Carlo Bilotti: un capolavoro, un patrimonio elevatissimo, pienamente godibile lungo il corso principale della città, che ospita produzioni di artisti di primaria fama (con opere di Salvator Dalì, Pietro Consagra, Giorgio De Chirico, Giacomo Manzù, solo per citarne alcuni).
Il ponte di San Francesco di Paola, comunemente noto come ponte di Calatrava, è l’ultimo cenno. L’infrastruttura rappresenta anche un primato per l’Italia: è il ponte “strallato” più alto in Europa. Una storia che viene da lontano, nel 2000, sotto l’era del sindaco Giacomo Mancini, con l’affermazione di Santiago Calatrava nel concorso internazionale bandito per l’occasione. Dalla sua progettazione all’inaugurazione sono trascorsi circa 20 anni, con il taglio del nastro del sindaco architetto Mario Occhiuto. Una storia che, nonostante tutto, è un epilogo felice.
Immagine di copertina: il ponte di San Francesco di Paola di Santiago Calatrava (© Rinaldo Panucci, da “Cosenza tra rigenerazione urbana e sostenibilità”, Gangemi, 2021)
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Calabria , ritratti di città
Last modified: 20 Luglio 2022