Grandi serre, usi e flussi complessi, trasparenze e permeabilità, ma anche risultati molto local, per i concorsi Beic e Magnifica Fabbrica
MILANO. Gli ingredienti per una storia urbana stimolante e insieme paradossale ci sono tutti: progetti che (ri)nascono dalle ceneri d’idee interrotte, la retorica di San PNRR che impone tempi strettissimi e procedure efficientissime (i superlativi sono assolutamente voluti), la cultura che localizza i suoi monumenti laddove quartieri in trasformazione richiedono i loro Beaubourg contemporanei, immagini di trasparenza, semplicità e permeabilità a caratterizzare un linguaggio architettonico immediato, a suo modo semplice, a uso e consumo dei social.
Grandi serre, tanto verde, usi e flussi complessi: a distanza di pochi mesi il Comune avvia e conclude i concorsi internazionali (con risultati però molto local) per due luoghi degni della dimensione di capitale culturale (la tradizione della Scala unita all’innovazione della Biblioteca europea di informazione e cultura), ma che sono anche gli emblemi di risorse sprecate, di progetti bruciati, di decenni di stasi. Improvvisamente tutto si rimette in marcia, a ritmi vorticosi (con nuove urgenze e scadenze inderogabili). E allora sembra non esserci nemmeno il tempo per guardarsi indietro: quei vecchi progetti tornano nei cassetti e si disegnano forme e orizzonti completamente rinnovati. Veicolati dal portale concorrimi.it (anche il mezzo tecnico deve comunicare l’efficienza), Beic e Magnifica Fabbrica sono – a poca distanza (3 km) nel settore est della città, tra Porta Vittoria e Lambrate – grandi macchine di cultura, tasselli indispensabili (e politicamente corretti) di rigenerazioni ampie.
Nuova Biblioteca europea di informazione e cultura (Beic) – Porta Vittoria
È qualcosa che non esiste, la Beic. O meglio esiste sulla carta: la più grande biblioteca di Milano, un modello alternativo di luogo della cultura, capace di mettersi in rete, con ambizioni internazionali. Un’idea che si avvia nel 1996, che trova il suo luogo deputato nell’area in trasformazione di Porta Vittoria e soprattutto un progetto di valore (selezionato, era il 2001, con un grande concorso internazionale, tra oltre 90 proposte) firmato da Bolles+Wilson. Vent’anni di tentativi abortiti (con tanto d’incarichi poi, giustamente, pagati), di passaggi di proprietà e di fallimenti fanno sedimentare il programma.
Ma, come spesso accade (non era milanese quell’oste dei Promessi sposi che armeggiava con la cenere?) scompare la fiamma ma resta la brace. E allora il Comune salta su uno dei tanti carri targati PNRR e candida la Beic: circa 100 milioni d’investimento, una dimensione più contenuta del progetto 2001 (un terzo circa delle superfici, 30.000 mq) ma identiche ambizioni di luogo d’innovazione che prende sì il nome di biblioteca ma che in realtà aggregherà molte funzioni. Non il paradiso dei libri, per intenderci, ma uno spazio decisamente permeabile, aperto, che punta molto sul digitale.
A fine marzo viene bandito il concorso – unico grado – a fine luglio ecco i risultati. Molto milanese la giuria (presidente l’onnipresente Stefano Boeri, Cino Zucchi tra gli altri commissari), molto milanese l’esito: tra le 44 proposte vince il gruppo di Onsitestudio e Baukuh (secondo Michele De Lucchi, terzo Andrea Caputo) perché, scrive la giuria, “Il progetto risponde al contesto urbano, alla complessità del programma funzionale e ai valori di pregnanza formale e sostenibilità ambientale richiesti dal tema con una soluzione semplice e convincente da tutti i punti di vista”.
In estrema sintesi: due grandi navate di forma trapezoidale (circa 30 x 75 m per 33 m di altezza) che ospitano l’integrazione degli spazi e definiscono una forma chiara e riconoscibile. Silhouette, scrivono i giurati nel loro medaglione. Ed è parola che ben definisce l’esigenza di un segno riconoscibile, trasparente e permeabile. Perché la cultura – sembra essere il messaggio politico – è questo: trasparenze multiple che, senza ritornare al Crystal Palace, in tempi recenti ha suggestionato a Milano tanto Herzog & de Meuron in Fondazione Feltrinelli quanto Alessandro Scandurra per i due padiglioni temporanei di Expo Gate.
Qui tutti i materiali del concorso e i progetti premiati.
Magnifica Fabbrica della Scala – Lambrate Rubattino
Poche settimane prima di quello per la Beic, a fine aprile, era invece arrivata la conclusione del concorso (questo in due fasi, pubblicato a ottobre 2021) per la nuova sede dei laboratori e dei depositi della Scala, insieme all’ampliamento del Parco della Lambretta: 59 partecipanti, 7 ammessi alla seconda fase. Anche qui giuria molto locale (presidente Ilaria Valente, Scandurra tra gli altri commissari), risultato quasi: vince un gruppo italo-spagnolo guidato da Massimo Giuliani (SD Partners) con il madrileno Pablo Luis Oriol Salgado, secondo Jocelyn Froimovich, terza Sandra Maglio.
L’area ex Innocenti è enorme, si tratta di un vero progetto di rigenerazione urbana e territoriale: ambiti suburbani dismessi e scheletri industriali resistenti a indicare un possibile percorso architettonico. Anche qui la storia racconta di una serie di masterplan interrotti, tra cui quello di Massimiliano Fuksas, a inizio anni duemila. Le carte per il rilancio sono due: da una parte la Scala che ha bisogno di spazi per i suoi laboratori e depositi (oggi sono all’ex Ansaldo, liberarli significherebbe offrire possibilità di ampliamento per Mudec e Base), dall’altra – anche qui – il PNRR che mette sul piatto soldi non tanto per gli edifici quanto per i 100.000 mq del Parco della Lambretta. È un pezzo del disegno complessivo (che vale 120 milioni) e che dispone gli spazi di produzione – una fabbrica, appunto, e che sia magnifica… – a ricucire connessioni urbane interrotte. Lo fa soprattutto attraverso un manufatto di grandi dimensioni (4 campate per circa 70.000 mq, altezza 25 m). E infatti la giuria lo premia proprio perché “Interpreta in modo originale il tema delle grandi misure urbane”.
Quindi, un grande edificio contemporaneamente pubblico e produttivo in cui prevale, ancora, la retorica della trasparenza e della luce che filtra attraverso un involucro in policarbonato riciclato, sostenuto da una struttura prefabbricata e modulare. Gli aggettivi usati dai giurati (“sobrio, funzionale, razionale, misurato, sostenibile, elegante”), tratteggiano efficacemente la visione di un nuovo volume ibridato da un sistema di percorrenze interne collettive, che ha l’ambizione di riqualificare alcune delle preesistenze: come il cosiddetto Palazzo di cristallo che – proprio con il suo aspetto e il suo nome – pare essere il vero fattore che influenza il linguaggio architettonico.
Qui tutti i materiali del concorso e i progetti premiati.
Postilla
I concorsi milanesi per Beic e Magnifica Fabbrica sembrano l’orizzonte futuro prossimo delle gare di progettazione. Piaccia o meno, avremo tempi ristrettissimi. Tanto nelle procedure di concorso quanto nella realizzazione. Vedere per credere i cronoprogrammi per Beic (avvio dei lavori nel 2024, conclusione nel 2026) e Magnifica Fabbrica (avvio dei lavori sul Parco nel 2024).
A comandare (per fortuna o no, ognuno ha la sua opinione) sono le scadenze PNRR e la tagliola del 2026. I tempi lunghi del disegno urbano sembrano appartenere ad un’altra epoca. Forse anche per questo, sono concorsi molto orientati, quasi blindati nelle scelte. Leggere i documenti preliminari alla progettazione è un esercizio per tanti versi frustante. Dettagliatissimo nelle funzioni da inserire e nelle articolazioni da dare, il progetto sembra essere governato dagli uffici. Con poca libertà nelle scelte, si tratta di trovare la giusta miscela dei requisiti, con qualche sfumatura di estetica. Lungo orizzonti ben delineati: che siano verdi questi progetti, che siano semplici, che siano comprensibili, che siano sostenibili (ça va sans dire).
In questo quadro di ostentata efficienza e rapidità, anche i momenti di presentazione dei progetti vincitori sono scanditi: non momenti collettivi (mostre o altro) ma “sedute pubbliche”, con tempi contingentati, codici identificativi, cognomi prima dei nomi. Scompare la società, invece spicca la città, intesa come criticità da risolvere. Perché la Beic è la carta per dare compiutezza a Porta Vittoria, la Magnifica Fabbrica farà lo stesso con Rubattino. L’inserimento urbano, le connessioni che genera, i percorsi che articola diventano fondamentali, sicuramente più della qualità degli edifici stessi. D’altronde questo è il senso dell’urgenza: ci sono i soldi del PNRR da sfruttare, come detto, ma anche le Olimpiadi. E allora Milano per il 2026 vuole rifarsi l’abito. E c’è da correre, eccome. Senza stare troppo a pensare. E infatti – stessa piattaforma, stesso sfondo, stesso processo – ecco il terzo concorso della serie. Scadenza a ottobre, a Rogoredo – sempre in un’area dismessa – si progetta il Bosco della Musica. Avanti, c’è posto!
Immagine di copertina: il progetto vincitore per la nuova Beic
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concorsi , Milano , rigenerazione urbana
Last modified: 20 Luglio 2022