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Maria Paola RepellinoWritten by: Progetti

Taipei Performing Arts Center, l’eccentrico segno di OMA

Taipei Performing Arts Center, l’eccentrico segno di OMA

La capitale di Taiwan e il nuovo centro per lo sviluppo delle arti performative, su progetto dello studio olandese

 

TAIPEI (TAIWAN). A dieci anni dall’avvio del cantiere, il nuovo Centro per le arti dello spettacolo della capitale taiwanese è pronto per essere ufficialmente inaugurato il 7 agosto. Alla luce delle recenti tensioni geopolitiche, l’apertura tende ad assumere una valenza che travalica l’ambito puramente architettonico e urbano.

Situato a ridosso del vivace mercato notturno di Shilin, l’edificio di quasi 60.000 mq è stato commissionato dal governo della città di Taipei per promuovere lo sviluppo delle arti performative. Lo studio OMA, che si era aggiudicato il concorso internazionale nel gennaio 2009, prevalendo su 135 proposte provenienti da 24 nazioni, ha sviluppato l’intervento in collaborazione con lo studio locale Kris Yao | Artech e la società di ingegneria ARUP.

L’ambizioso progetto ha acceso il dibattito nell’opinione pubblica e nella critica architettonica fin dalla pubblicazione delle prime immagini concettuali, a causa del suo aspetto eccentrico e del rapporto provocatorio con il tessuto urbano circostante. Il gesto architettonico più eclatante è la sfera metallica della Globe Playhouse che collide con il marasma d’insegne colorate e bancarelle di street food che affollano il quartiere, diventando un landmark chiaramente riconoscibile all’interno della metropoli di oltre due milioni di abitanti. Con una combinazione inedita di tre grandi teatri incastonati attorno a un cubo centrale, l’innovativa struttura ambisce a diventare catalizzatore di un’ampia varietà di generi performativi e laboratorio di sperimentazioni artistiche ibride, candidandosi al ruolo di nuovo epicentro culturale e urbano dell’isola asiatica.

 

Ripensare una tipologia consolidata

Può un teatro pubblico essere ancora inclusivo, un luogo per la vita creativa di tutti?” Questa domanda ha guidato lo sviluppo del progetto fin dall’ideazione. Il nuovo Taipei Performing Arts Center offre ai progettisti di OMA, guidati da Rem Koolhaas e David Gianotten, l’opportunità d’innovare il tipo edilizio del teatro ripensando, per gli usi e le più articolate esigenze contemporanee, uno dei modelli architettonici di più antica tradizione. L’edificio intende distinguersi da una sorta di omologazione delle strutture teatrali contemporanee, proponendo inedite configurazioni spaziali e meccanismi che mirano a liberare la creatività degli artisti, superando vincoli e convenzioni. Qui, OMA adotta un approccio inedito nella sperimentazione dell’organizzazione funzionale interna del teatro, che legittima l’aspetto iconico esterno.

Di qui l’insolita forma tripartita dell’edificio. Il complesso si articola infatti in tre volumi innestati a un cubo centrale, apparentemente sospeso rispetto alla quota stradale. Fulcro dell’intervento è il corpo centrale, che collega i vari spazi performativi e contiene le attrezzature sceniche per gli auditorium e tutti gli spazi accessori; ma che è soprattutto concepito come un luogo di relazione tra gli addetti ai lavori, gli attori e il pubblico. Tre grandi volumi animano le facciate, accogliendo al loro interno gli spazi di rappresentazione che, pur formalmente indipendenti, sono strettamente correlati tra loro.

Nell’ottica di un teatro contemporaneo che si presta a molteplici tipi di rappresentazione, la configurazione dei tre ambienti è flessibile: i teatri possono essere utilizzati in modo indipendente o sommati per mettere in scena inedite possibilità teatrali. Questa soluzione offre così “i vantaggi della specificità di ciascuno spazio, uniti alla libertà dell’indefinito”, come dichiarano gli stessi progettisti.

 

Un oggetto sfaccettato

Rispetto a una configurazione del teatro più tradizionale, con un lato anteriore e uno posteriore, il Taipei Performing Arts Center è un oggetto architettonico sfaccettato, caratterizzato da tre volumi opachi che sporgono dal nucleo centrale rivestito da un involucro di vetro ondulato (materiale già utilizzato ad esempio per la Casa da Musica a Porto).

Il Globe Playhouse è un’enorme sala sferica, con una platea di 800 posti, che si aggancia direttamente al corpo centrale con una trave diagonale, mentre due pilastri sghembi la sostengono esternamente, a enfatizzare una precarietà solo apparente. Nello spazio interstiziale tra il guscio interno e il cubo centrale è collocato un boccascena, che offre l’opportunità di sperimentare con l’inquadratura scenica. Al livello superiore il Gran Theatre, con i suoi 1.500 posti, costituisce la sala più ampia del complesso. Di fronte, il Multiform Theatre o Blue Box (800 posti) è destinato ad esibizioni e spettacoli dal carattere più sperimentale. All’occorrenza, queste ultime due sale possono essere combinate in un unico enorme auditorium continuo, il cosiddetto Super Theater da 2.300 posti. La piazza coperta sottostante rappresenta un ulteriore spazio per lo spettacolo aperto alla città. In modo analogo al progetto sempre di OMA per la torre CCTV a Pechino (2004-12), un percorso pubblico, denominato Public Loop, si snoda attraverso l’edificio, estendendosi dalla piazza coperta alla terrazza panoramica in copertura. Il pubblico, anche quello privo di biglietto, è invitato a entrare e sbirciare in tutti gli ambienti dell’edificio, compresi gli spazi di produzione solitamente nascosti alla vista degli spettatori.

 

Immagine di copertina: © OMA by Chris Stowers

 

Autore

  • Maria Paola Repellino

    Architetta e Dottore di ricerca in ‘Architettura e Progettazione Edilizia’ (2016); Ricercatrice presso il Politecnico di Torino dove è stata Direttore Esecutivo del gruppo di ricerca China Room e membro del Future Urban Legacy Lab. Visiting Scholar presso la School of Architecture della Tsinghua University di Pechino (2014). Il suo lavoro di ricerca si concentra sulle culture del progetto architettonico e urbano con particolare attenzione ai processi di trasformazione urbana. Ad oggi le sue principali pubblicazioni sono il volume Fun Mill: The Architecture of Creative Industry in Contemporary China (ORO Editions 2022); The City after Chinese New Towns (Birkhäuser 2019, curato con M. Bonino, F. Governa, A. Sampieri)

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Last modified: 13 Luglio 2022