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Alessandro ColomboWritten by: Reviews

Ma noi conosciamo quello che non sappiamo di non conoscere?

Ma noi conosciamo quello che non sappiamo di non conoscere?

Visita alla XXIII Esposizione Internazionale di Triennale Milano «Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries»

 

MILANO. Superato lo scioglilingua del titolo e ancora incerti su come conoscere ciò che non si sa di non conoscere – non crediate che il più sintetico inglese Unknown Unknowns vi aiuti – si apre allo spettatore un’esposizione varia e composita.

Ambizioso e anche un poco oscuro il tema – le sezioni vengono ampiamente spiegate in un’affollata quanto lunga conferenza stampa – la XXIII edizione internazionale è scandita in spazi e modalità piuttosto tradizionali, soprattutto rispetto ai “termini non strettamente disciplinari” che il presidente Stefano Boeri dichiara essere alla base di questa edizione. Edizione che segue “Broken Nature” di Paola Antonelli del 2019, dalla quale sono passati tre anni che “hanno portato il conflitto della natura dentro di noi sotto forma di virus” costringendoci, sempre secondo Boeri, a guardare l’ignoto attraverso una rassegna che “non offre soluzioni, ma pone domande”.

 

Un arcipelago di mostre

Così il tema, vastissimo, prende forma in un arcipelago di mostre che spaziano dalla storia all’arte, dall’astrofisica alle culture nazionali, dalla tecnologia dei materiali all’autobiografia, consegnando allo spettatore il compito d’istituire corrispondenze per portare squarci di luce sull’ignoto, pensiamo noi. Ma forse non è proprio così, visto che Ersilia Vaudo, main curator, ci istruisce sulla nostra appartenenza ad “una realtà che ci prescinde, ma che ci contiene”.

La mostra tematica principale, curata dalla astrofisica stessa e allestita da Joseph Grima, vuole liberare le creatività multidisciplinari superando gli stereotipi dello sconosciuto e cambiando il punto di osservazione per lasciarsi andare in una dimensione che provoca stupore e poesia. L’apertura è con la riproduzione della Fuga in Egitto di Adam Elsheimer (1609), dipinto dove compare la prima rappresentazione della via lattea, per poi proseguire con opere fra arte, scienza e matematica scoprendo, alfine, che il futuro dei nostri cieli è mappato per i prossimi unmilioneseicentomila anni. L’allestimento rimane ben saldo sull’ordine opera basamento/parete didascalia e l’innovazione della stampa 3d produce basi inamovibili che, s’immagina, verranno riciclate come materiale.

Francis Kerè, star internazionale insignito del prestigioso Pritzker Prize edizione 2022, in veste di co main curator ha colto l’occasione per dar voce all’Africa, continente prossimo all’Europa che rischiava l’oblio con la pandemia, ma che a Milano è protagonista con la forza della sua popolazione giovane. Sei i paesi presenti e tre le istallazioni curate dall’architetto con base a Berlino e cuore in Burkina Faso, suo paese natale: un logo centrale nel rinnovato caffè, una rampa a spirale fra le partecipazioni internazionali, la torre che annuncia l’esposizione all’esterno di Triennale, punto di contatto fra terra e cielo per capire cosa c’è da scoprire in mezzo.

L’introduzione ai misteri avviene attraverso un bel video animato, a cura di Emanuele Coccia, che c’invita a coabitare con l’ignoto “accettandolo”, come si fa con la meteorologia tutti i giorni. La qualità del contributo è, però, ben più evidente sul grande schermo che sul portale ad anello posato nell’atrio del Palazzo dell’Arte.

Quasi un poco nascosto si affaccia sull’atrio il corridoio rosso, ricostruzione fedele in scala reale dell’ingresso dell’abitazione di Giovanni Agosti, luogo ricco di fascino e mistero, appunto, oltre che di opere d’arte. Un curioso divertissement che Margherita Palli realizza con la consueta maestria rivelandoci anch’essa un “mistero”, e cioè che la realizzazione, come avviene da sempre nel mondo dell’allestimento, è tutta in legno che viene riutilizzato e riciclato infinite volte.

“La tradizione del nuovo”, a cura di Marco Sammicheli con allestimento di studio Zavem, vale come padiglione italiano e propone una lettura delle triennali dal 1964 al 1996 con particolare riguardo all’attitudine alla ricerca del design italiano e ai “temi” lasciati dalle manifestazioni e ancora tutti da scoprire e sviluppare poiché “la Storia è importante per il nostro futuro”.

Completa il quadro il contributo di Fondation Cartier, sempre attiva all’interno del quadro di collaborazione con Triennale in atto da alcuni anni, con la mostra ”Mondo reale”, viaggio attraverso le opere che Formafantasma ha allestito nello spazio del cubo se non proprio white quasi, anche in questo caso in modo abbastanza tradizionale, riproponendo in alcune parti l’uso della moquette che avevamo già vista resuscitata alla Biennale veneziana in corso. Un’installazione sonora di Francesco Bianconi ci propone il gioco combinatorio dei temi attraverso una tastiera, mentre Ingrid Paoletti mette in dubbio le nostre certezze sui materiali e Andrea Branzi ci dona il racconto della sua vita di fronte al mistero in un video. A venire saranno le performance teatrali di Romeo Castellucci, grand invité del triennio.

 

I riconoscimenti

Non può mancare il premio che viene assegnato fra le partecipazioni internazionali, quest’anno non numerose ma significative, oltre che per la presenza dei paesi africani, anche per un padiglione dedicato alla cultura sinti e rom. I Bee Awards, questo il nome, vengono attribuiti nell’ordine dall’oro al bronzo a Paesi Bassi, Messico e Kenia. Premio speciale al Burkina Faso e grande tributo alla presenza del padiglione dell’Ucraina, in questa occasione allestito sulla scala di Ramous progettata nel 1963 e il cui completamento mai vide la luce.

La Triennale ci lascia così, con la certezza di non conoscere i limiti della conoscenza, cosa che forse sospettavamo anche prima. Proviamo a sperare, riprendendo le parole di Kerè, che Unknown Unknowns possa essere in futuro more knowable.

 

23ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano: «Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries»

Milano, Palazzo dell’Arte, dal 15 luglio all’11 dicembre

Curatori principali: Ersilia Vaudo, Francis Kéré 
Curatori: Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa (Il corridoio rosso); Francesco Bianconi (Playing the Unknown); Andrea Branzi e Lapo Lani (Andrea Branzi. Mostra in forma di prosa); Romeo Castellucci (domani, EL); Hervé Chandès (Mondo reale); Emanuele Coccia (Pubblicazioni, Portal of Mysteries); Francis Kéré (Drawn Together, The Future’s Present, Under a Coffee Tree, Yesterday’s Tomorrow); Ingrid Paoletti (Alchemic Laboratory); Marco Sammicheli (La tradizione del nuovo); Ersilia Vaudo (Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries) 
Consulenti: Hervé Chandès, Emanuele Coccia, Joseph Grima, Sarah Mineko Ichioka, Weng Ling, Mariana Siracusa 
Partecipazioni internazionali: Australia, Austria, Burkina Faso, Canada, Cina, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Repubblica Democratica del Congo, ERIAC Roma/Sinti, Francia, Germania, Gana, Italia, Kenya, Lesotho, Messico, Paesi Bassi, Perù, Polonia, Rwanda, Serbia, Ucraina 
Relazioni internazionali: Marco Sammicheli 
Brand Identity: 2×4, New York

 

Autore

  • Alessandro Colombo

    Nato a Milano (1963), dove si laurea in architettura al Politecnico nel 1987. Nel 1989 inizia il sodalizio con Pierluigi Cerri presso la Gregotti Associati International. Nel 1991 vince il Major of Osaka City Prize con il progetto: “Terra: istruzioni per l’uso”. Con Bruno Morassutti partecipa a concorsi internazionali di architettura ove ottiene riconoscimenti. Nel 1998 è socio fondatore dello Studio Cerri & Associati, di Terra e di Studio Cerri Associati Engineering. Nel 2004 vince il concorso internazionale per il restauro e la trasformazione della Villa Reale di Monza e il Compasso d’oro per il sistema di tavoli da ufficio Naòs System, Unifor. È docente a contratto presso il Politecnico di Milano e presso il Master in Exhibition Design IDEA, di cui è membro del board. Su incarico del Politecnico di Milano cura il progetto per il Coffee Cluster presso l’Expo 2015

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Last modified: 13 Luglio 2022