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Christian De IuliisWritten by: Forum

L’archintruso. Fatti più in là

L’archintruso. Fatti più in là

La storia di un progetto alternativo al Mose, mai preso davvero in considerazione

 

Forse non tutti sanno che, nel 1975, allorquando il Ministero dei lavori pubblici indisse il primo concorso per attuare “La salvaguardia fisica e il riequilibro ambientale del bacino lagunare di Venezia”, come previsto dalla legge speciale varata due anni prima, tra i progetti che parteciparono alla gara vi era pure quello dell’ingegnere Igor Belèskin.

Belèskin all’epoca era un 62enne ingegnere militare sovietico in congedo. Allievo di Sergej Korolev, padre della cosmonautica sovietica, aveva collaborato alle missioni spaziali Voschod e Sojuz, occupandosi in particolare del progetto dei razzi vettori “R-7”.

A metà degli anni sessanta, conscio dell’irrimediabile ritardo accumulato dal programma spaziale russo nei confronti degli americani, propose l’idea di sparare il primo uomo sulla luna tramite un razzo “a perdere”. Secondo i suoi piani, il cosmonauta si sarebbe salvato dall’impatto poiché avvolto in spessi strati di ovatta. Il progetto denominato “vata” (“bambagia” in russo), presumendo il sacrificio umano, fu valutato mediaticamente impopolare e di conseguenza accantonato.

Nel 1974 l’ingegner Belèskin dichiarò che entro l’anno 2050, l’incessante moto delle maree unito agli stravolgimenti climatici avrebbe compromesso irrimediabilmente il patrimonio architettonico del 90% delle località marittime e lagunari, quindi Venezia inclusa.

Ogni altro tentativo di proteggere le città d’arte, operato ad esempio attraverso mezzi meccanici, era, a suo parere, destinato a fallire.

Muovendo da queste premesse, l’ingegnere mise a punto il suo piano, dal nome in russo “Idti dal’she”, ovvero letteralmente: “Fatti più in là”.

L’idea di Belèskin era d’intervenire non sugli effetti delle maree, ma direttamente sulla causa, ovvero sulla luna, attenuandone l’attrazione gravitazionale.

Secondo i suoi calcoli sarebbe bastato allontanare la luna dalla terra spostandone l’orbita ellittica di circa 120.000 km, al fine di abbassare del 60% l’entità delle maree, rendendole così di fatto inoffensive. Lo spostamento sarebbe avvenuto attraverso un preciso lancio di razzi “Tolkateli” (“spingitori”) di sua invenzione, che avrebbero centrato a più riprese la luna “accompagnandola” verso un’orbita parallela all’attuale ma più distante dal baricentro terrestre.

A parere di Belèskin sarebbero bastati pochi colpi ben assestati, non al centro del pianeta, e qui vi era il segreto, ma lungo i bordi, innescando un più agevole moto di puro rotolamento, per modificarne la rotta.

Nonostante le rassicurazioni di Belèskin, la commissione valutò che lo spostamento della luna avrebbe potuto causare altre conseguenze non del tutto gestibili, come, ad esempio, l’allungamento del ciclo lunare a 42 giorni e l’eventuale contrazione del calendario in 8 mesi e 16 giorni. Tali perplessità furono determinanti per decretare la bocciatura del progetto.

Ma Belèskin non si arrese. Quando nel 1988, a Venezia, venne presentato il prototipo in scala delle paratoie a spinta di galleggiamento, detto Modulo Sperimentale Elettromeccanico (Mo.S.E.), l’ingegnere sovietico scrisse al Ministero un’accorata lettera nella quale ammoniva che stavano commettendo un grosso errore, prevedendo l’enorme spreco di risorse economiche, la probabile corruzione e l’inevitabile fallimento del progetto. Nel contempo invitava il governo a riconsiderare la sua proposta.

A tal proposito allegava anche una suggestiva proposta denominata “Osnovnoy’ Kalendar” ovvero “calendario essenziale”, che prevedeva l’abolizione dei mesi di marzo, giugno, ottobre e parzialmente di novembre. Tuttavia, nonostante le coraggiose argomentazioni, non ricevette alcuna risposta.

Belèskin morì nel febbraio del 2007 a Tula, 150 km da Mosca sua città natale, dove si era ritirato a vita privata. Sulla sua lapide campeggia l’epitaffio: “Na sluchay, yesli ty podumayeshʹ yeshche raz: uzhe pozdno” (“Casomai ci ripensaste: oramai è tardi”).

 

Nella foto: una rara immagine d’archivio di un giovane Igor Belèskin

Autore

  • Christian De Iuliis

    Nasce, cresce e vive in costa d’Amalfi. Manifesta l’intenzione di voler fare l’architetto nel 1984, rendendolo noto in un tema in quarta elementare, raggiunge l’obiettivo nel 2001. Nel 2008 si auto-elegge “Assessore al Nulla” del suo paese. Nel 2009 fonda il movimento artistico-culturale de “Lo Spiaggismo”, avanguardia del XXI° secolo che vanta già diversi tentativi, falliti, di imitazione. All’attivo ha cinque mezze maratone corse e altrettanti libri pubblicati: “L’Architemario. Volevo fare l’astronauta” (Overview editore, 2014), “Vamos a la playa. Fenomenologia del Righeira moderno” (Homo Scrivens, 2016), "L'Architemario in quarantena. Prigionia oziosa di un architetto" (KDP Amazon, 2020), "L'architetto contro tutti" e "Il Nostromondo - le città invedibili" (2024). Ha ricevuto premi in diversi concorsi letterari. Premio PIDA giornalismo 2020 per la divulgazione dell'architettura. Si definisce architetto-scrittore o scrittore-architetto: dipende da dove si trova e da chi glielo chiede

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Last modified: 13 Luglio 2022