La città brianzola intrattiene con l’urbanistica un rapporto spesso conflittuale e controverso, ora arricchito di molti progetti
MONZA. Qui, più che altrove, i racconti su architettura e prospettive di sviluppo sembrano essere molto divergenti. “Colpa” di una condizione fisica per tanti versi straordinaria (quello di Villa Reale è il più grande parco urbano recintato in Europa, 685 ettari, un quinto circa di tutto il territorio comunale), di un’inevitabile tensione con Milano (Monza è città media ma capoluogo di provincia, pur “nuova” con poco più di 10 anni di vita e un tessuto urbano sostanzialmente continuo con quello metropolitano: dal centro a piazzale Loreto ci sono poco più di 10 km), ma anche di una contesa politica che – proprio sui temi dell’urbanistica – ha spesso oltrepassato la dimensione locale. Vale su tutti lo scontro accesissimo intorno ai 50 ettari della cascina Cascinazza, lungo il Lambro, individuati da Silvio Berlusconi come luogo ideale per costruire una sorta di Milano Tre. Anni di progetti e polemiche, con tanto di amministratori politicamente vicinissimi collocati in ruoli chiave della giunta monzese, non hanno smosso un mattone; la cascina è abbandonata e i prati intorno, intatti, costituiscono un grande spazio verde proprio a ridosso del centro.
Che fare da grandi?
Oggi la Monza che si accinge a votare il nuovo sindaco (al ballottaggio di domenica 26 giugno l’uscente Dario Allevi e Paolo Pilotto, per il centrosinistra unito), e che ha da poco festeggiato la prima promozione in serie A della sua squadra di calcio, è realtà che sembra di fronte a un bivio tra un futuro ordinario (fatto di una qualità urbana diffusa) e dinamiche di maggior ambizione, meno scontate ed evidentemente più “pericolose”. Dinamiche che coinvolgono anche un discreto numero di progettisti di grido: Stefano Boeri, Citterio-Viel, Mario Cucinella, Michele De Lucchi (in rigoroso ordine alfabetico), stanno disegnando frammenti importanti di rigenerazione urbana. “Le archistar? Ben vengano”, dice Michela Locati, da fine 2021 presidente del locale Ordine degli architetti, “ma non dimentichiamoci che la trasformazione della città passa soprattutto dal lavoro dei professionisti locali, sono oltre 2.500 quelli iscritti e rappresentano un territorio denso e produttivo come la Brianza”. Una trasformazione che, secondo Locati, richiede necessariamente un cambiamento di mentalità. “Dopo la pandemia abbiamo la possibilità di sfruttare una serie di circostanze fortunate: gli investimenti del PNRR, l’arrivo della metropolitana, il masterplan del Parco e della Villa Reale, la presenza dell’autodromo, il calcio. Ma una vocazione internazionale deve essere accolta e sostenuta dalla comunità cittadina. E questo non è un passaggio scontato. Mi piace definire Monza città riservata; oggi secondo noi deve diventare più audace per cogliere queste possibilità. Sicuramente c’è una richiesta immobiliare più forte, dopo il Covid, ma accontentarsi di questo sarebbe un errore. Anche perché ad oggi non pare una forza trainante di trasformazioni urbane importanti, ma si limita ai singoli alloggi”.
Tra centro storico ed espansioni impossibili, si punta sulle aree dismesse
Trasformazioni importanti che sembrano passare dai processi di rigenerazione urbana. Non potrebbe essere altrimenti, d’altronde: questa è una città con un centro storico denso, con quartieri esterni generalmente in condizioni dignitose e con elementi naturali (fiumi e parchi) che – fortunatamente, e al netto delle disposizioni legislative continuamente aggiornate di contrasto al consumo di suolo – impediscono espansioni. E allora ecco che attenzioni, appetiti e progetti si concentrano sulle aree dismesse. Il recente documento approvato dal Consiglio comunale ne individua 44 per un totale di circa 600.000 mq.
“Rappresentano un elemento di disagio, che è sia urbanistico che sociale e ambientale”, ci spiega Martina Sassoli, assessore uscente alle politiche del territorio e dell’ambiente. “Per incentivare il loro recupero siamo intervenuti sulla parte normativa del Piano di governo del territorio, che reputavamo troppo rigida e che è stata approvata da pochi mesi. Ora pensiamo che ci siano tutte le possibilità per progetti che sappiano puntare alla qualità urbana. Questo è il nostro obiettivo e il nostro orizzonte. Nel biennio del Covid il mercato immobiliare a Monza è esploso. C’è una richiesta molto forte perché le residenze hanno ampi spazi, molto verde e prezzi accessibili rispetto a Milano. Ma non vogliamo che Monza sia una città dormitorio, vogliamo residenze di qualità, capacità di attrarre investimenti e molti servizi”.
Le vicende pianificatorie, di cui la variante normativa del 2021 è l’ultimo passaggio, sono una prospettiva interessante per leggere le ambizioni di sviluppo. Oggi Monza conta 125.000 abitanti circa (terza città della Lombardia), più o meno come nel censimento del 1981. Eppure il piano firmato da Luigi Piccinato (adottato nel 1964 e al centro di un complesso iter durato oltre 7 anni) indicava addirittura una potenzialità edificatoria complessiva di 300mila abitanti. Un’espansione potenziale poi progressivamente ridotta con gli strumenti successivi – a partire dalla variante “Parco di cintura urbana” che tagliava già 3milioni di mc di volumi – tra i quali il disegno di Leonardo Benevolo (altro nome illustre dell’urbanistica nazionale transitato da qui) il cui piano, adottato nel 1997, non fu però mai definitivamente approvato per un cambio di amministrazione.
Parte da qui il commento di Giorgio Majoli, già dirigente all’urbanistica in Comune, oggi portavoce del Coordinamento Associazioni e Comitati di Monza, che nei mesi scorsi ha pubblicato il Libro bianco 3.0: “Non esiste una domanda abitativa tale da rendere sostenibile tutti gli interventi progettati: tanti nuovi appartamenti e alcune torri griffate. Noi pensiamo in un modo diverso: dei circa 60.000 alloggi in città, il 5-6% è sfitto. C’è un eccesso di edilizia in offerta; ripartiamo da lì, senza aggiungere nuovi progetti. Noi siamo per la tutela delle aree libere, ovviamente, che devono diventare parchi. Ma crediamo che si debba agire con grande sensibilità anche sul patrimonio di aree dismesse non dimenticando che molte, le più grandi, sono pubbliche (ex Macello, ex Fossati e Lamperti, Ospedale vecchio Umberto I, ex Caserma San Paolo). Infine penso che ugualmente con attenzione debba essere trattato il tema della metropolitana. Siamo sicuri che serva veramente e che il treno non sia già un’opzione importante per la mobilità da e verso Milano?”.
La metropolitana è effettivamente il fattore rivoluzionario che torna nei discorsi di amministratori, progettisti e osservatori: 7 nuove fermate della linea 5 dovrebbero collegare Monza con Milano a partire dal 2029, secondo i programmi. Il costo di 1,25 miliardi è interamente finanziato. “Una bomba”, la definisce in maniera ottimistica Sassoli. Le fa eco Locati: “Un’opportunità straordinaria, ma che comporta anche dei rischi”. Perché è evidente come possa essere un ulteriore elemento destabilizzante in un rapporto, mai davvero trovato, all’interno della metropoli milanese.
I progetti sul tavolo
Ex Feltrificio Scotti, viale Cesare Battisti. Collocato sull’asse della Villa Reale, si tratta di un lotto di circa 15.000 mq con una lunga e controversa storia urbanistica. Tra fine 2021 e inizio 2022 è stata avviata – da Varallo Group e Antirion SGR – una nuova fase con le richieste autorizzative per la concretizzazione di un masterplan disegnato da Mario Cucinella Architects. Prevede l’integrazione di nuove costruzioni (basse) e recuperi edilizi, come la ciminiera.Ex Colombo, piazzale Virgilio. All’inizio dello stesso viale, e analoga per dimensione, ecco un’altra “vecchia conoscenza” dell’urbanistica locale. A fine 2021 il processo di rigenerazione sembra essere ripartito con la presentazione in Consiglio comunale di un progetto (a firma di Citterio Viel) che non prevede housing ma attrezzature collettive (un Teatro della musica), parco e spazi commerciali.Viale Foscolo. Ha ormai una storia di alcuni anni anche il progetto di 3 “Boschi verticali” firmati da Stefano Boeri Architetti nella periferia sud-ovest. Il lotto dismesso, anche questo di circa 15.000 mq, è oggetto di un piano attuativo dal lontano 2015. L’intervento, sviluppato da Clotilde srl, sembra essersi riattivato negli ultimi mesi e prevede 3 torri “verdi” che arrivano fino a 50 metri (oggi, campanile del Duomo a parte, il record di altezza a Monza è di 54 metri, di un edificio in via Milano).
I principali cantieri in corso
Se le prospettive di attuazione di questi progetti, complice anche la particolare congiuntura economica del settore delle costruzioni, sembrano difficili da prevedere, sono in corso una serie di cantieri, tra i quali si segnalano:Monza 2, ex Garbagnati. Una trasformazione monstre (non a caso ribattezzata Monza 2) su un’area di 60.000 mq è quella in corso di realizzazione nell’ex Garbagnati, settore sud, non lontano dalle anse del Lambro. Il progetto complessivo – in cantiere per lotti – è dello studio locale (di Vimercate) Oggioni e Associati. Molte le funzioni e gli edifici previsti: tra questi gli stessi progettisti firmano il complesso residenziale Arborea.Via Giuliani. È invece situato in pieno centro l’intervento di un altro progettista locale, MPG/Architettura (Pietro Malvezzi), in fase di conclusione. Si tratta della demolizione di un edificio pubblico e la sua trasformazione in un complesso residenziale dal linguaggio contemporaneo internazionale, con sequenze di brise-soleil.
Immagine di copertina: i “Boschi verticali” di Stefano Boeri Architetti
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lombardia , pianificazione urbana , rigenerazione urbana , ritratti di città
Last modified: 24 Giugno 2022