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Francesca De FilippiWritten by: Professione e Formazione

Diébédo Francis Kéré: radically simple

Diébédo Francis Kéré: radically simple

Il Pritzker 2022 premia il talento di un architetto africano che considera irrinunciabili per tutti la bellezza e la qualità

 

Ci sono tante ragioni per essere entusiasti del Pritzker 2022 a Diébédo Francis Kéré, premio assegnato dalla giuria presieduta da Alejandro Aravena. Già premiato nel 2016, quest’ultimo è, come Kéré, pioniere di un modo di concepire l’architettura come pratica collaborativa, che mette al centro il miglioramento delle condizioni di vita delle persone, e che non si sottrae alla propria responsabilità dinnanzi alle grandi sfide globali, come il cambiamento climatico e la vulnerabilità ai disastri, il consumo di risorse e di energia.

Il Pritzker a Kéré è dedicato all’indubbio talento di un giovane architetto africano, condiviso, siamo certi sia così, con le comunità per cui e con cui ha realizzato i suoi progetti. È anche il riconoscimento a un modo di fare architettura profondamente consapevole, utopico e pragmatico allo stesso tempo, che non guarda l’oggetto ma l’obiettivo, non il prodotto, bensì il processo, come lui stesso dichiara.

 

Le persone al centro

Kéré crede nel potenziale trasformativo dell’architettura, in ogni luogo, in particolare nei contesti più fragili, in condizioni di scarsità particolarmente stringenti. Pratica un modo di progettare che mette al centro le persone, come se potesse essere altrimenti (ma che scontato non è). Considera bellezza e qualità entrambe irrinunciabili, e la parsimonia un’alleata. Dialoga con il clima, recuperando tradizioni vernacolari, sapienza costruttiva e capacità di adattamento a condizioni ambientali spesso estreme. “Everyone deserves quality, everyone deserves luxury, and everyone deserves comfort. We are interlinked and concerns in climate, democracy and scarcity are concerns for us all”.

Classe 1965, di origini burkinabè, è cresciuto a Gandodove”, come lui stesso racconta, “la comunità era la tua famiglia”. Allontanatosi dal villaggio per poter studiare e trasferitosi in Germania, si forma grazie a una borsa di studio presso la Technische Universität Berlin negli anni novanta. Qui istituisce la Kéré Foundation nel 1998, per sostenere progetti nel suo Paese d’origine, e stabilisce il suo studio nel 2005.

La Gando Primary School, sua prima opera realizzata nel 2001 quand’era ancora studente, nel 2004 gli valse il primo importante riconoscimento, l’Aga Khan Award for Architecture. La scuola di Gando segna l’inizio di un percorso mai dimenticato, anzi potenziato negli anni, alla ricerca di soluzioni progettuali attente alla sostenibilità ambientale e alle esigenze delle comunità, che lo porterà a ottenere in seguito altri prestigiosi riconoscimenti, come l’Holcim Award nel 2010.

 

Un vernacolo “afro-futurista”

L’attenzione di Kéré si rivolge prevalentemente alla progettazione di edifici per la comunità, scuole e centri sanitari, in tutta l’Africa. I suoi progetti, caratterizzati inizialmente da forme semplici e compatte, nel tempo si sono arricchiti di elementi, funzioni, dettagli e sperimentazioni frutto di un dialogo sempre più stretto con i modelli dell’architettura vernacolare, reinterpretata in chiave “afro-futurista”.

Nel progetto della Clinica e centro sanitario Léo, come nel vicino complesso di residenze per il personale sanitario, unità modulari sono disposte liberamente l’una rispetto all’altra per creare un insieme di corti, spazi interstiziali, ombreggiati e protetti. L’utilizzo di un sistema modulare, oltre a rendere l’edificio meno rigido, più dinamico e accogliente, ha il vantaggio di ridurre i costi e accelerare il processo di costruzione. Come nella maggioranza dei progetti in climi caldi, caratterizzati da forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, egli utilizza mattoni in terra compressa (Ceb) per realizzare murature che funzionino ad accumulo termico, capaci d’immagazzinare il calore durante il giorno, per rilasciarlo all’interno degli ambienti durante la notte. Anche a Léo, come negli altri progetti in condizioni climatiche affini, la copertura è elemento di centrale importanza per Kéré: al di sopra di una chiusura orizzontale superiore in blocchi di terra compressa, dotata di fori per consentire l’ingresso di luce e aria, si eleva una seconda copertura aggettante, in lamiera ondulata, per riparare l’edificio dalla pioggia e dal sole e favorire la ventilazione. La pendenza della falda facilita la raccolta dell’acqua piovana in un serbatoio, da utilizzare per l’irrigazione.

Il Lycée Schorge, costruito in laterite, pietra locale, associa alle strategie passive già citate un ulteriore elemento tipico dell’architettura vernacolare in paesi caldo secchi, che sarà adottato anche nello Startup Lions Campus, in Kenya: le torri del vento. Situate sul retro di ogni aula, favoriscono la ventilazione naturale consentendo la fuoriuscita dell’aria calda, contribuendo così ad abbassare ulteriormente la temperatura interna. La forma delle torri spicca dal corpo principale dell’edificio, configurando un landmark ben riconoscibile.

A Dakar, in Senegal, sono invece da poco iniziati i lavori di costruzione del Goethe Institute, tra i più recenti progetti di Kéré, che dovrebbe diventare operativo l’anno prossimo. L’edificio, destinato a ospitare numerose attività culturali, è a due piani, con una corte centrale. La sua stessa forma protegge gli occupanti dal rumore potenziale causato dal traffico e dall’interferenza con le attività nelle vicinanze. Una seconda pelle traforata, realizzata ancora con mattoni Ceb di provenienza locale, conferisce all’edificio un aspetto leggero e insieme favorisce la regolazione della radiazione solare e della ventilazione. La prima copertura è accessibile, ed offre ulteriore spazio per l’interazione.

Oggi, alla pratica professionale Kéré affianca esperienze di docenza alla TU München, alla Harvard Graduate School of Design, all’Accademia di Architettura di Mendrisio e a Yale.

Lo incontreremo in Italia, dove è stato recentemente incaricato da Triennale Milano dell’allestimento della mostra “Unknown Unknowns”, iniziativa della 23° Esposizione Internazionale, in programma dal 20 maggio al 20 novembre.

Congratulazioni Diébédo Francis Kéré! Well deserved!

Immagine di copertina: courtesy of Lars Borges

 

Autore

  • Francesca De Filippi

    Architetta e professore associato, insegna Tecnologia dell’architettura e Advanced environmental technological design al Politecnico di Torino, dove dirige anche il CRD-PVS, Centro di ricerca sui temi dell'habitat nel Global South. Temi centrali di ricerca-azione e didattica riguardano il progetto di architettura in contesti in condizioni al limite e di scarsità. Ha una lunga esperienza di coordinamento di progetti di formazione, ricerca e cooperazione internazionale in Paesi extra –UE (in particolare Africa, Asia, America Latina). Coordina il Master del Politecnico di Torino: “Techs4change. Design for social and technological innovation in Development.” È membro del Consiglio di indirizzo della Fondazione per l’architettura di Torino

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Last modified: 23 Marzo 2022