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Written by: Patrimonio

Modena grandi restauri (più o meno conservativi)

Modena grandi restauri (più o meno conservativi)

L’ex ospedale Sant’Agostino e l’ex caserma Fanti sono al centro di riqualificazioni e rifunzionalizzazioni non prive di controversie

 

Ex ospedale Sant’Agostino: il cantiere dopo le polemiche

Da poche settimane è attivo il primo degli almeno tre cantieri che negli anni saranno necessari per restaurare l’antico e amplissimo ex ospedale Sant’Agostino [immagine di copertina], nota emergenza del centro storico che data al 1753-58, epoca in cui qui il duca Francesco III d’Este fondò il “Grande spedale degli infermi”.

Il primo appalto da 23 milioni dei lavori di riqualificazione del complesso, attivo come nosocomio del centro di Modena fino al 2004, è stato assegnato dall’ente proprietario, Fondazione di Modena, all’Associazione temporanea d’imprese guidata da D’Adiutorio Appalti e Costruzioni di Montorio al Vomano (Chieti), con Candini Arte (impresa locale fortemente dedita al restauro monumentale, tanto che in città nel giro di pochi anni è intervenuta su molte chiese, a partire dal Duomo romanico, ma anche su palazzi come Montecuccoli, la sede della Fondazione o Palazzo Ducale), Gianni Benvenuto di Cernobbio e Kairos Restauri di Milano. Si tratta di quattro ditte esperte nel settore. Da notare per inciso che l’impresa capogruppo è, contemporaneamente, impegnata nel restauro da 19 milioni dell’ex ospedale Estense, a pochi metri dal Sant’Agostino, quale affidataria di un appalto comunale con fondi ministeriali del “Ducato Terre Estensi” attivato dal ministro della Cultura Dario Franceschini alcuni anni fa.

Il contratto d’appalto per il Sant’Agostino prevede la conclusione dei lavori nel 2024 (1.021 giorni), con interventi per circa 11.000 mq comprendenti circa la metà dell’intero complesso, tra cui una parte di proprietà demaniale dove troveranno posto gli storici musei universitari anatomici e scientifici (attualmente è visibile solo il teatro anatomico tardo settecentesco di Antonio Scarpa), la centrale tecnologica interrata, l’area dell’ex ospedale militare, l’atrio del complesso e il fronte che prospetta sulla piazza omonima, nel quale troveranno posto gli spazi espositivi di Fondazione Modena Arti Visive. Attualmente il complesso ex ospedaliero ospita alcune iniziative che vanno sotto il nome di “Ago – Fabbriche culturali” (sulla facciata ci sono scatti di varie parti interne del Sant’Agostino del fotografo Francesco Jodice) e gli istituti Future Education Modena – FEM e centro interdipartimentale di ateneo sulle Digital Humanitas DHMORE.

Questo importante blocco edilizio, di oltre 40.000 mq totali, è però stato teatro negli anni di numerose polemiche. Nel 2007, a Modena, l’allora vicepremier Francesco Rutelli firmò con il Comune e la Fondazione un progetto di recupero totale dal valore monstre di 110 milioni, per il quale nel 2009 vinse il concorso Gae Aulenti con lo studio modenese Ingegneri Riuniti. Il luogo doveva divenire sede di biblioteche, ma la strenua opposizione della sezione locale di Italia Nostra (che nel 2014 vinse un ricorso al Tar) e scelte non sempre trasparenti portarono negli anni a numerosi stop e rifacimenti del progetto, oggi molto diverso per concepimento e funzioni, rispetto alla soluzione originaria. Del progetto originario firmato dalla Aulenti (scomparsa nel frattempo nel 2012), si sono dunque perse le tracce quasi completamente. Niente due torri librarie, niente copertura fissa del “Gran cortile” centrale, i tratti distintivi celebrati per anni da Fondazione e Comune. Dovrebbe sopravvivere, ma al momento non è chiarito, una piccola galleria vetrata.

 

Ex caserma Fanti: spazio agli appartamenti di lusso

In città è in fase avanzata anche il cantiere di restauro, definito “conservativo”, affidato all’impresa Garc di Carpi (Modena), dell’ex caserma ai margini del centro storico, un edificio di origine cinquecentesca, notevolmente modificato nel XVIII secolo, ampio oltre 7.300 mq con area cortiliva di 1.670 mq. All’inizio del 2020 l’edificio storico, tutelato dalla Soprintendenza, è passato dalla Provincia, dopo sei aste pubbliche andate deserte e un ribassamento di prezzo fino a 3,5 milioni, alla società Oxen, anch’essa di Carpi, riferibile all’imprenditore tessile Vannis Marchi. Quest’ultimo, con un investimento di alcune decine di milioni, sta trasformando la struttura in 32 appartamenti di ampia metratura dotati di alcuni garage in Ztl. L’ex caserma è un luogo importante per la storia della città poiché qui nacque l’antesignano dei moderni politecnici e dipartimenti universitari di ingegneria: dopo la restaurazione, nel 1823, gli Austroestensi vi fondarono infatti lo “Stabilimento dei pionieri”, sorta di scuola militare tecnica dotata di “Convitto dei cadetti matematici per l’abilitazione alla professione di ingegnere anche civile”.

L’isolatoche comprende anche l’ex caserma Fontanelli-Garibaldi già sede della “Accademia nobile militare Estense” e del distretto militare in tempi moderni, di recente passata anch’essa all’imprenditore di Carpi – ha ospitato fin dal X secolo l’insediamento religioso di San Pietro, in parte ancora gestito dai benedettini, soppresso nel 1796 per essere trasformato in “caserma di cavalleria”, prima appunto delle funzioni scolastiche militari che sono proseguite sotto diverse forme in questo edificio fino al 1996. Dopo anni di abbandono, nel 2006 il complesso passa dal ministero della Difesa al Comune e poi alla Provincia, che in un primo tempo pensa di trasferirvi i propri uffici. Seguono altri anni d’indecisioni, fino appunto all’attuale proprietà privata, che sta costruendo gli appartamenti dopo avere ottenuto il via libera dagli organi di tutela.

Ma Italia Nostra Modena, come spiega il presidente Giovanni Losavio, già presidente di Corte di Cassazione, è contraria alle nuove funzioni: “Nel 1998 l’allora sindaco di Modena contestò la privatizzazione della Fanti e parlò di «strategico edificio del patrimonio pubblico», mentre ora da vocazione pubblica si passa alle abitazioni di lusso. È una gentrificazione: una corretta tutela avrebbe invece negato l’autorizzazione alla vendita. Esiste un disegno all’Archivio di Stato di Modena, del 1828, che mostra come il palazzo sia in pratica a quella data lo stesso di oggi, mentre il progetto in corso frammenta gli spazi interni e ne stravolge l’organizzazione per ampie camerate nella tipologia dettata dalla speciale e unitaria funzione storica, e perfino intende aprire in un prospetto esterno i varchi di accesso ai garage di servizio. È palese la violazione delle vincolanti misure conservative del Codice dei beni culturali”.

 

Autore

  • Stefano Luppi

    Nato in provincia di Modena, laureato e specializzato in storia dell’arte e materie affini, ha pubblicato alcuni saggi in volumi scaturiti da progetti di comuni, università e fondazioni dedicati alla storia dell’arte emiliana, ma si è anche occupato di comunicazione e organizzazione culturale. Giornalista iscritto all’Ordine dal 1995, lavora per testate locali e nazionali, generiche e specializzate, quali «Il Resto del Carlino», «la Gazzetta di Modena», «la Gazzetta di Reggio Emilia», «Il Giornale dell’Arte», «ArtDossier», «Arteletta», «Ibc rivista» sulle quali da sempre si occupa di temi artistici, urbanistici, architettonici, letterari

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Last modified: 23 Febbraio 2022