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A Vienna, tutti in linea!

Il MUSA riflette sugli ambigui e spesso ambivalenti rapporti con il nazismo del mondo della cultura e delle arti. Tra gli altri, anche Josef Hoffmann

 

VIENNA. Che idea farsi di un uomo influente e non privo di mezzi, che dal 1940 e fino alla sua morte nel 1956 abitò in una signorile dimora arianizzata al numero 33 della Salesianergasse, nel cuore della capitale austriaca, e che fino agli anni cinquanta ebbe un ufficio nella centralissima Kärntnerstrasse, in un edificio anch’esso arianizzato? Che pensare se quell’uomo si chiamava Josef Hoffmann, esimio rappresentante della cultura e dell’arte della Vienna tra Ottocento e Novecento, architetto, designer, pedagogo, fra l’altro cofondatore della Wiener Werkstätte nel 1903?

Come spiegare la sua richiesta – poi respinta – di entrare a far parte dell’NSDAP (Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei, partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi) già nel 1938, poco dopo l’annessione dell’Austria alla Germania? E il giudizio politico del regime su Hoffmann rimase sempre ambivalente, come ambivalente fu il rapporto dell’architetto con il nazismo: “Prima della svolta ha avuto a che fare con molti ebrei, visto che era anche membro della Wiener Werkstätte, totalmente incistata dagli ebrei. Politicamente si è comportato in modo indifferente e ha scoperto il proprio cuore tedesco solo dopo la svolta. Dal punto di vista politico non è noto per posizioni contrarie al Nazionalsocialismo”, si leggeva in una nota del 10 aprile 1940 che lo riguardava.

Tuttavia, anche nella Vienna nazista Hoffmann era un’eminenza grigia riconosciuta a livello internazionale, forte tra l’altro della realizzazione del padiglione austriaco per la Biennale di Venezia nel 1934. Poteva dunque convenire servirsene, creando un do ut des che poi resse senza drammatiche scosse sino alla fine del secondo conflitto mondiale. Nonostante l’ambiguità di quel rapporto, nel dopoguerra l’ultrasettantenne progettista si vide conferire numerose onorificenze.

La controversa posizione di Hoffmann è solo uno degli approfondimenti che il Wien Museum offre nella mostra “In linea. Politica delle arti durante il nazismo a Vienna”, aperta nelle sale della sede staccata del MUSA fino al 24 aprile.

 

Normalizzazione dopo l’Anschluss, un capitolo poco studiato

Il focus dell’esposizione di documenti, fotografie, lettere, progetti e opere d’arte, è sul fenomeno della normalizzazione del mondo delle arti, dell’architettura, della musica, a partire dall’annessione dell’Austria, un capitolo non ancora studiato a fondo e che si sta avvalendo di progetti di ricerca per ricostruire appieno dati e materiali.

Nell’ampio ventaglio di nomi di artisti, architetti, designer e musicisti che abbracciarono l’ideologia nazista o trovarono un modus vivendi col regime, Hoffmann è forse l’esempio più preminente, ma l’intento dei curatori Ingrid Holzschuh, Sabine Plakolm-Forsthuber e Gerhard Milchram è quello di restituire per l’oggi una generale atmosfera sospesa fra entusiasmo, acquiescenza più o meno recalcitrante, oppure temerario rifiuto, che dominò il mondo della cultura e delle arti della capitale austriaca tra il 1938 e il 1945 e che può essere traslato anche ad altre realtà metropolitane coeve.

L’autore e librettista Stefan Zweig tacciò il compositore e direttore d’orchestra Richard Strauss di essersi lasciato guidare, durante il nazismo, da un’egoistica dedizione alla propria arte, che lo portò a compromettersi col regime: un atteggiamento condiviso da numerosi esponenti di spicco del tempo, Hoffmann incluso. Del resto, il controllo delle autorità era ferreo e chi cercò di resistere rischiava l’annientamento. Una situazione che consentì al potere di allineare molti di coloro che non volevano o non potevano farsi eroi, e favorì al contempo l’ascesa di mediocri artisti e intellettuali.

Nei lavori di preparazione a “In linea”, il team di ricerca del Wien Museum ha identificato 3.000 nomi di membri della Reichskammer, della camera del Reich di cui era necessario far parte per poter lavorare, sottolineando anche come in un ulteriore elenco ristretto di 378 esponenti catalogati come “irrinunciabili” per il mondo delle arti e della cultura, approntato nel 1944, 18 fossero austriaci, in particolare artisti figurativi e architetti.

Un’ampia selezione di opere, progetti e manufatti ligi alla linea del partito è esposta al MUSA con un efficace allestimento che simula l’ambiente di un magazzino e suggerisce così come l’uscita di tali esempi paradigmatici dai depositi del museo sia temporanea, perché al termine della mostra verranno riseppelliti nei sotterranei in cui hanno dormito per decenni.

Immagine di copertina: © Flavia Foradini

 

Auf Linie. NS-Kunstpolitik in Wien

fino al 24 aprile
Wien Museum – MUSA
A cura di: Ingrid Holzschuh, Sabine Plakolm-Forsthuber e Gerhard Milchram

wienmuseum.at

 

Autore

  • Flavia Foradini

    Giornalista e autrice per carta stampata e radio, si occupa da oltre trent’anni in particolare di area germanofona e anglofona, ma segue anche temi globali. Scrive per numerosi editori italiani ed esteri, tra cui Il Sole 24 Ore, il gruppo Allemandi, il gruppo Espresso-Repubblica, la RSI (Radiotelevisione della Svizzera Italiana, per cui realizza approfondimenti e audiodocumentari). Ha collaborato con il Piccolo Teatro di Milano e insegnato alla Kunstuniversität di Graz. Ha curato e/o tradotto numerose opere di e sul teatro, e saggi storici. Si è occupata approfonditamente fra l'altro di architettura nazista, in particolare del sistema delle torri della contraerea, su cui ha scritto, tenuto conferenze, e realizzato mostre (con fotografie di Edoardo Conte). Osserva dagli anni '80 gli sviluppi urbanistici e architettonici di Vienna

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Last modified: 31 Gennaio 2022