L’ultimo passo del recupero e valorizzazione ne restituisce il passato ottocentesco cancellando quello novecentesco
ROMA. La riapertura della serra moresca a Villa Torlonia s’inserisce in una serie d’interventi ad opera della Soprintendenza Capitolina ai Beni Culturali volti a valorizzare e recuperare gli edifici e la vegetazione della storica villa romana. Si tratta dell’ultimo passo verso la riqualificazione di un giardino per lungo tempo abbandonato all’incuria e al degrado, a motivo del forte richiamo per ciò che essa ha simboleggiato durante il ventennio fascista e, in particolare, da quando Benito Mussolini ne fece la sua residenza privata, tra il 1925 e il 1943.
Filologia ricostruttiva e obliterazione
La prima fase dei lavori, tra il 2007 e il 2013, si è concentrata sulla ricostruzione della serra moresca, della torre e del ninfeo. Scopo dell’intervento, per come descritto nel comunicato stampa diramato il 7 dicembre 2021, era di realizzare “un ripristino fedele dell’assetto originario, sia nella parte strutturale che in quella decorativa”. Spontaneo il dubbio se, posto il profondo degrado in cui versava il complesso, non sarebbe stato più coerente mostrare, anche solo con l’utilizzo di tecniche digitali, le tracce di una storia – travagliata – che ha segnato indelebilmente gli edifici, le superfici murarie e la vegetazione della villa.
Del complesso, realizzato su progetto di Giuseppe Jappelli nel 1839 e ispirato all’architettura moresca, non rimanevano che i muri perimetrali, fortemente degradati. Le coloriture degli intonaci, le vetrate policrome, la copertura e le snelle colonnine in ghisa degli interni della serra erano andate in gran parte perdute. Dalle immagini antecedenti le operazioni di restauro è del tutto evidente la condizione della serra moresca, a seguito di un abbandono protrattosi dalla restituzione della villa ai Torlonia, nel 1947, fino al primo decennio degli anni Duemila: l’avanzato degrado strutturale si manifestava nel deterioramento della quasi totalità degli elementi lignei, negli estesi problemi superficiali delle murature e nella perdita di gran parte dell’apparato decorativo. La mancanza della copertura aveva favorito la crescita di alberi e vegetazione infestante nelle immediate vicinanze e all’interno degli edifici e, soprattutto, sulle creste murarie esposte.
Le modalità mediante le quali è stato portato avanti il primo intervento sulla serra e sulla torre moresca sembrano allinearsi agli interventi di ripristino filologico già attuati sul padiglione della casina delle civette e sul casino nobile e dei principi, svolti con l’intento di riportare in vita il carattere eclettico ottocentesco della villa e, al contempo, quasi obliterare un passato novecentesco ancora percepito come ingombrante e da ostracizzare.
Fruizione culturale e memoria selettiva
La seconda fase dei lavori, conclusasi con la recente riapertura del complesso, a firma dell’architetto Maria Cristina Tullio, sotto la guida tecnico-scientifica della Soprintendenza e con l’esecuzione di Zètema Progetto Cultura, suggerisce il significato dei luoghi, realizzando un percorso di riscoperta degli ambienti della serra, della torre e dei resti della grotta artificiale. Le nuove funzioni ben si adattano al rispetto e alla valorizzazione degli edifici: viene riproposta l’esposizione di piante esotiche, ripristinando la fontana e i rivoli d’acqua, mentre nell’ambiente della serra, all’epoca concepito come spazio per festeggiamenti contenuti, si prevede l’allestimento di percorsi culturali e piccole mostre. Anche in tal caso, però, i luoghi sono oggetto di una memoria selettiva, trasmettendo la storia ottocentesca del complesso e gli intenti progettuali di Jappelli.
Apprezzabile dunque la nuova funzione d’uso che renderà possibile la fruizione e, di conseguenza, la conservazione di questi ambienti dimenticati della villa. Tuttavia, la mancata inclusione del passato Novecentesco di questi luoghi restituisce una storia “mutila”, che alimenta la discussione in merito alla gestione, nelle iniziative di restauro, d’invadenti eredità storiche, a volte fortemente stigmatizzanti ma pur sempre parte del processo di cambiamento del monumento.
Cronologia generale
- 1797 – Acquisizione della proprietà ad opera della famiglia Torlonia
- 1802-1806 – realizzazione di ampliamenti nel casino nobile ad opera di Giuseppe Valadier
- 1832-1835 – incarico a Giovan Battista Caretti per ulteriori lavori di ampliamento del casino nobile
- Dal 1832 – incarico a Giuseppe Jappelli. Realizzazione del giardino nella configurazione all’inglese, introducendovi i padiglioni della capanna svizzera, del teatro, del complesso di serra e torre moresca e della grotta e pagoda indiana
- 1908-1909 – ampliamento e piantumazioni dell’alberatura su via Nomentana. Alcune architetture e una parte del giardino nella sistemazione di Jappelli vengono distrutte per la realizzazione dei lavori, tra le quali le false rovine e l’anfiteatro
- 1917 – Vincenzo Fasolo ottiene l’incarico di riconfigurare la capanna svizzera di Jappelli, che aveva già subito alcuni adattamenti per renderla abitabile. Da questi lavori deriva l’impianto della casina delle civette. Si conservano inoltre due soluzioni progettuali di Fasolo per la realizzazione di un museo dei marmi della famiglia Torlonia, mai realizzato
- 1919 – scoperta del complesso di catacombe (cimitero ebraico) nel settore nord-occidentale
- 1925-1943 – la villa (in particolare il casino nobile) diviene la residenza romana di Benito Mussolini. Nell’ultimo periodo il giardino viene adibito ad ospitare gli orti di guerra
- 1943-1947 – occupazione del comando anglo-americano. Ingenti danni alle architetture della villa
- 1947 – riacquisizione della proprietà da parte dei Torlonia
- 1977 – acquisizione del Comune di Roma
- 1991 – inizio dei lavori di riqualificazione della vegetazione e degli edifici: recupero della componente vegetale; gruppo di lavoro del Dipartimento X del Comune di Roma, guidato da Massimo Carlieri, con il contributo del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare; studi sulle catacombe ebraiche e sui danni causati dalla crescita degli apparati radicali della vegetazione
- 1992-1997 – restauro della casina delle civette; progetto di Valter Proietti e Nicola Lombardo; direzione lavori di Laura Sannibale; direzione scientifica e progetto del museo di Alberta Campitelli con il supporto di Alberto Busnarda; restauro del casino dei principi; restauro della porzione meridionale del giardino, con l’edificio del villino rosso, e della limonaia; restauro del villino medievale; recupero del casino nobile; progetto di Francesco Marzullo; recupero del teatro
- Serra, torre moresca e ninfeo. Prima fase – appalto affidato alla Iab Spa, lavori conclusi nel 2011. Progetto di Valter Proietti e Mario Petrangeli, con la direzione di Francesco Giovannetti e la supervisione storico-artistica di Alberta Campitelli e Annapaola Agati. Seconda fase – allestimento di Maria Cristina Tullio, sotto la guida tecnico-scientifica della Soprintendenza Capitolina ai Beni Culturali e con l’esecuzione di Zètema Progetto Cultura.
Bibliografia
Campitelli A., Villa Torlonia. Guida, Electa, Milano 2007
Vitiello M., Roma: recenti interventi a villa Torlonia, residenza di Mussolini, in “’ANANKE”, 54 (2008), pp. 50-67
Caneva G., Galotta G., Cancellieri L., Savo V., Tree roots and damages in the Jewish catacombs of Villa Torlonia (Roma), in “Journal of Cultural Heritage”, 10 (2009), pp. 53-62
Diebner S., Lembo Fazio F., Un museo per la collezione di antichità dei Torlonia: due progetti di Vincenzo Fasolo nell’immediato dopoguerra, in “Bollettino d’Arte”, 46 (2020), pp. 47-68
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memoria , monumenti , restauro , roma
Last modified: 11 Gennaio 2022