Visita alla casa museo nelle Marche, punto di riferimento per i cultori di un metodo pedagogico che formò anche Steve Jobs e Rem Koolhaas
CHIARAVALLE (ANCONA). Dopo un lungo iter, il Comune tra Falconara e Jesi, ha inaugurato l’11 dicembre un nuovo museo dedicato alla sua concittadina più illustre, Maria Montessori (1870-1952).
Si tratta di una casa museo, anche se non resta nulla degli arredi originali, solo qualche cimelio donato dai nipoti (un paio di vestiti, quaderni di appunti, alcuni monili). Tuttavia è stata l’occasione per dare una sede al centro studi e un punto di riferimento al crescente pubblico interessato al metodo montessoriano attraverso un sobrio allestimento di Pla/Studio (Emanuele Marcotullio, Giacomo Barchiesi, Andrea Antognozzi, Mattia Rebichini) sotto la direzione di Cristiana Colli, la quale in estate organizza con Pippo Ciorra il Demanio Marittimo km 278, festival di architettura e design a cielo aperto che dura una sola notte sulla spiaggia libera della vicina Senigallia.
Il padre Alessandro Montessori arrivò da Ferrara a Chiaravalle come dirigente della locale manifattura tabacchi (ancora oggi attiva per delle ben note sigarette leggere), mentre la madre, Renilde Stoppani, era di Monte San Vito, un comune limitrofo. A soli cinque anni la famiglia si trasferì a Roma, dove Maria riuscì a laurearsi in medicina (la prima donna alla Sapienza) grazie anche a papa Leone X che intervenne personalmente dopo un’iniziale esclusione.
Il metodo pedagogico che sviluppò in seguito ha trovato fortuna da subito in contesti internazionali, ad esempio in California sin dal 1915, mettendo profonde radici tanto che oggi si contano decine di case e istituti Montessori nella sola San Francisco – Steve Jobs è solo il più celebre fra gli ex alunni. “L’adulto deve dare e fare quel tanto che è necessario affinché il bambino possa utilmente agire da solo: se fa meno del necessario, il bambino non può agire utilmente; se l’adulto fa più del necessario, e perciò si impone o si sostituisce al bambino, spegne i suoi impulsi fattivi”.
La filosofia anti-repressiva alla base del suo pensiero, che incoraggiava molto anche le bambine, fu osteggiata dal regime fascista che chiuse tutti gli istituti Montessori nel 1934. Se, da un lato, la sua fondatrice fu costretta all’esilio, dall’altro fu chiamata in altri contesti internazionali, che i video didattici e una grande mappa ricostruiscono compiutamente. Dopo lunghi anni passati come internata in India in quanto italiana, nel 1947 tornò per due mesi ospite del governo De Gasperi, per riportare le linee guida del suo insegnamento al sistema scolastico della Repubblica, fondamentali anche per altri metodi come quello di Loris Malaguzzi a Reggio Emilia.
Fra i paesi più sensibili va segnalata senz’altro l’Olanda, dove Montessori si trasferì col figlio Mario Montesano, il suo erede anche scientifico e organizzativo, dopo la seconda guerra mondiale finendo i suoi giorni a Noordwijk, una cittadina costiera fra L’Aia e Amsterdam. Qui l’allievo più celebre è stato un esponente di una famiglia liberal di Rotterdam, vale a dire Rem Koolhaas: leggenda vuole che Maria abbia fatto in tempo a tenerlo sulle sue ginocchia.
Il museo di Chiaravalle è in linea con il metodo montessoriano. Non un edificio enfatico ma un piccolo appartamento (ai piani superiori vi sono altri inquilini), con spazi adeguati per bambini e disabili, dove Pla/Studio è riuscito a ricavare anche un terrazzo aggiuntivo sul retro, e con una parete dedicata interamente ai materiali montessoriani in legno, oggi prodotti da Gonzagarredi, che sono utilizzati in tutte le sue scuole non come giocattoli ma come strumenti manipolabili per pensare letteralmente con le mani, autonomamente.
Immagine di copertina: © Studio PDP