Seconda parte di una rassegna di pubblicazioni recenti, con tanto di suggerimenti per destinatari possibili
Per i mostre-dipendenti
Non può mancare, nell’anno della Biennale posticipata, un elegante e raffinato catalogo su storia – lunga 125 anni – e significato della Mostra di Architettura (e non solo) più importante al mondo. Le muse inquiete. La Biennale di Venezia di fronte alla storia (La Biennale di Venezia, 2020, 454 pagine, 28 euro, testo italiano-inglese) propone, come scrive la direttrice del Settore arti visive Cecilia Alemani, “un itinerario attraverso l’Archivio storico della Biennale, ripercorrendo alcuni momenti fondamentali del Novecento”. Allestita nel 2020 nel Padiglione centrale dei Giardini, è una raccolta di grande intensità. Nel catalogo spicca il capitolo 1980 La prima biennale di Architettura e il Postmoderno, che suggestiona con foto d’epoca e documenti originali.
Si concentra invece sul design italiano esposto a Milano un volume imperdibile per gli appassionati: Museo del design italiano. Triennale Milano 1946-1981, di Marco Sammicheli (Electa, 2021, 400 pagine, 32 euro). Non solo il semplice catalogo della collezione permanente del Museo del design italiano della Triennale, ma anche un modo per raccontare un arco temporale tra i più importanti della storia disciplinare. Anni che hanno lasciato il segno grazie a molti pezzi ormai iconici, i quali hanno intrecciato la loro storia con quella di un’importante istituzione del panorama internazionale. La selezione delle opere è molto più ampia rispetto a quella presente nel percorso museale e racconta al meglio l’ampiezza della vasta collezione, ricostruendo la rete di processi creativi, decisionali e produttivi che caratterizzano la storia del design. L’apparato iconografico si arricchisce di fotografie e documenti, anche inediti, che contestualizzano gli oggetti (di arredo, grafica, tessile, elettronica del consumo o automotive) all’interno delle vicende culturali della Triennale, delle esposizioni internazionali, del dibattito sulla trasformazione del design e del contesto socio-economico nella seconda metà del secolo scorso.
Restiamo nel design con Big book of design, a cura di Andrea Branzi (24 Ore Cultura, 2021, 432 pagine, 59 euro) che cita creatività, funzionalità e progettazione come parole chiave di una pubblicazione capace di raccontare in maniera accurata 25 storie attraverso il punto di vista di uno dei più noti progettisti italiani, che ci guida in modo chiaro attraverso brevi schede, bozzetti, disegni e fotografie, svelando il percorso dall’ideazione al prodotto finito, dei progetti di celebri maestri internazionali. Un volume quasi enciclopedico, che ritorna in libreria in un’edizione deluxe con cofanetto, destinato a chiunque sia interessato a conoscere il design, professionista o appassionato. Saggi introduttivi raccontano designer internazionali fornendo i principali elementi della loro opera, mentre una selezione di scritti autografi e interviste ne spiega il pensiero e la poetica. Un atlante illustra, inoltre, alcuni tra gli oggetti più famosi.
Per i teoretici
Antropocene. Non possiamo non partire da qua, con la parola più usata (e abusata) e che ha recentemente soppiantato sostenibilità. Una piccola Bibbia in materia è il volume danese, che ha accompagnato il padiglione nazionale alla recente Biennale: Connectedness, An Incomplete Encyclopedia of the Anthropocene, a cura di Marianne Krogh (Strandberg Publishing, 2021, 416 pagine, 47 euro, testo in inglese) è un dizionario sui generis che va dalla A di “Abrupt Climate Change” alla X di “Xenofobia”. Parla (anche) di architettura ma soprattutto di ambiente, società, visioni e scenari. Pure la selezione degli autori è articolata (come lo sono i testi e le immagini): da Saskia Sassen a Greta Thunberg, tanto per dire. L’effetto è un affascinante caos d’informazioni e suggestioni che enfatizza il carattere d’interconnessione, come scrive nella premessa Katherine Richardson: “L’umanità si trova lungo un percorso nel quale stiamo riscoprendo come siano connessi con gli altri membri della nostra specie, così come con il mondo intorno a noi”.
Riprende la parola sostenibilità – con un approccio molto orientato al progetto – Architettura e sostenibilità. Innovazione e sperimentazione tra ambiente costruito e paesaggio, a cura di Marcello Balzani e Roberto Di Giulio (Skira, 2021, 264 pagine, euro 49, italiano/inglese). “Posto che esista una interpretazione univoca e condivisa di architettura sostenibile, si può affermare che essa sia sempre una buona architettura o che la sostenibilità costruisca condizione necessaria affinché lo sia? O, forse, la buona architettura, se è tale, è sicuramente sostenibile?”. La domanda provocatoria di Roberto Di Giulio apre l’elegante pubblicazione che illustra le ultime cinque edizioni (dal 2011 al 2017) del Premio internazionale Architettura Sostenibile Fassa Bortolo, promosso dall’Università di Ferrara. La rilettura dei 39 progetti premiati (e presentati con 130 belle immagini a colori) è l’occasione per “inquadrare il concetto di architettura sostenibile in una cornice più ampia”, scrive ancora Di Giulio, in cui la qualità del progetto non si misura tanto nel raggiungimento di standard prestazionali ma nella sua capacità di sviluppare un organico programma di qualità, ben inserito nei paesaggi. Lascia così (favorevolmente) sorpresi una pubblicazione corposa, che ha il termine sostenibilità nel titolo ma che relega schemi e diagrammi energetici in un ruolo assolutamente marginale. Diviso in due parti, il volume presenta nella seconda il regesto delle opere premiate. La loro descrizione critica è diffusa nella prima parte, che ospita dieci testi (in prevalenza di docenti a Ferrara) finalizzati a indagare, proprio attraverso il riferimento a quei lavori, i diversi aspetti della sostenibilità architettonica, in una visione critica.
Altro tema, inevitabile e intensamente battuto è quello del Covid/post-Covid. Un volume a suo modo definitivo, almeno nel titolo, è Come cambieranno le città e i territori dopo il Covid-19. Le tesi di dieci urbanisti, a cura di Fausto Carmelo Nigrelli (Quodlibet, 2021, 168 pagine, 19 euro). Attraverso altrettanti saggi, da Maurizio Carta ad Alessandra Casu, da Francesco Domenico Moccia a Maria Chiara Tosi, da Giovanni Caudo a Paolo La Greca (solo per citarne alcuni), un abbozzo del mondo futuro tra visioni e prefigurazioni.
Si concentra invece su un aspetto specifico della composizione architettonica Abitare i colori, di Silvia Botti e Massimo Caiazzo (Vallardi, 2021, 192 pagine, 18,90 euro). Il colore nella storia dell’umanità è stato oggetto di studi e fascinazioni che hanno dato alla luce un mondo di miti, misteri e curiosità. Eppure, il colore è legato anche a un universo tecnologico e scientifico di grande valore, riferito strettamente all’abitare. Non è un caso che all’esplosione di nuove opportunità e tecnologie decorative, o d’inedite applicazioni, sia seguita una fortuna del colore stesso, sospinta dalla voglia di cambiare, dalla necessità di creare un ambiente ideale. Oggi gli interni sono pervasi da tinte accese ed espressive, da un uso potente delle cromie sulle superfici, nei complementi e negli accessori. Perché i colori suscitano emozioni, reazioni inconsce, assumono significati personali e collettivi, e un ambiente colorato può incidere positivamente o negativamente sul nostro benessere psicofisico. Il libro prova a raccontare tanto il colore come storia e mistero quanto come applicazione tecnica, svelandone origini e segreti, fornendo qualche strumento, poche semplici regole, consigli pratici e spunti creativi.
Simile per tema e per scala è Il giunto in architettura. Percezione, spazio e costruzione, di Andrea De Sanctis (Quodlibet, 2021, 140 pagine, 18 euro). L’arte del dettaglio in architettura ci è stata tramandata dai grandi maestri: un tema fondante che viene indagato verificandone il ruolo e il significato progettuale. Il termine giunto, dal latino congiungere, rimanda alla congiunzione di parti; così, il volume mostra come il progetto di architettura sia un insieme eterogeneo di connessioni, le cui proprietà definiscono la percezione di uno spazio. Si sottolinea come il giunto (soluzione progettuale di dettaglio che offre continuità architettonica nei punti di discontinuità fisica) non sia solo un dispositivo tecnico-formale, ma debba essere considerato anche nella funzione di dispositivo estetico che influisce sull’esperienza del soggetto nello spazio.
Milano, t’odio e t’amo
Passati gli anni da “capitale economica” e da “capitale morale”, Milano è senza dubbio città simbolo dell’attivismo architettonico (anche per questo le dedichiamo periodicamente un’inchiesta), ma è anche il luogo con maggiore densità di case editrici. Ne deriva una vivida attività pubblicistica che coinvolge tanto figure note della cultura architettonica quanto autori più giovani.
Aiuta a (ri)orientarsi il lavoro di Federico Bucci, Una tradizione architettonica. Maestri della Scuola di Milano (Tre Lune Edizioni, 2020, 192 pagine, 20 euro), personale guida attraverso 8 “maestri”, attivi a Milano ma soprattutto coinvolti, pur in ruoli diversi, nella Scuola di Architettura del Politecnico. La selezione e il loro racconto, leggero e disincantato, dicono molto dello sguardo adottato, esito di anni di osservazioni e studi. Intervallando le parole con le fotografie di Marco Introini, Bucci tratteggia le figure di Franco Albini, Ignazio Gardella, Ernesto Nathan Rogers, Carlo De Carli, Marco Zanuso, Guido Canella, Enrico Mantero e Antonio Monestiroli.
E parla della modernità milanese un altro storico di ambiente Politecnico, Fulvio Irace, curatore di Milano Moderna. Architettura, arte e città 1947-2021 (24 Ore Cultura, 2021, 240 pagine, 65 euro), una pubblicazione corposa con oltre 150 immagini a colori della “nuova” Milano, che non si limita alla modernità architettonica ma guarda con decisione – nei suoi 7 capitoli – alla contemporaneità, alle archistar che sbarcano in città cambiandone radicalmente volto e immagine, anche in tempi recentissimi. Oltre al testo in sé, si tratta di un’operazione interessante perché si può intendere come una sorta di aggiornamento di un testo di rilievo che lo stesso Irace, insieme a Gabriele Basilico e Paolo Rosselli, pubblicò 25 anni fa con Federico Motta: Milano moderna. Città, critica, architettura negli anni ’50-’60.
Si concentra su un simbolo, anche paradossale, di “questa” Milano, il corposo Michelangelo. La «Pietà Rondanini» nell’Ospedale Spagnolo del Castello di Milano, a cura di Claudio Salsi e Giovanna Mori (Allemandi, 2021, 216 pagine, 50 euro) che racconta con testi di vari autori – divisi in tre parti – e per immagini (quasi 250) il “trasloco” del capolavoro non finito di Michelangelo nella nuova casa dell’Ospedale Spagnolo, del 2015. Un libro, in parte istituzionale, che parla di allestimenti e di rapporto tra storia e architettura, in cui scrivono Michele De Lucchi (che quella nuova casa l’ha progettata) e Stefano Boeri che, da assessore alla Cultura aveva iniziato a pensarla: “La Pietà Rondanini meritava infatti un luogo dove liberare la sua potenza, fuori dai lacci gentili dell’eleganza e dello stile”.
Anche a smitizzare l’aura di serietà, merita una citazione il divertente e provocatorio Case milanesissime. Piante dell’abitare del XXI secolo (Corraini, 2021, 120 pagine, 13 euro), di un fantomatico autore che si autobattezza Alvar Aaltissimo. Piccolo caso letterario – ampiamente diffuso da Cino Zucchi che firma l’unico testo, dal titolo “Lo «sleep» di Autocad genera mostri” – è un libretto che riunisce 99 paradossali piante di alloggi milanesi, inventati. Con tutto un carico di umorismo e contraddizione: si va dalla casa per studenti in via Bovisasca (con 5 letti uno affiancato all’altro e altrettanti mini-bagni) alla camera in affitto a Porta Nuova (vicinissimo al posto di lavoro, perché ricavata nell’intercapedine di facciata di uno dei nuovi grattacieli). Particolare anche la scelta di avere 4 copertine possibili, così che il lettore possa ritrovarvi la propria casa “ideale” (o almeno quella più divertente).
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libri , Milano
Last modified: 16 Dicembre 2021