Tempo di regali, ma anche di liste e di buoni propositi. Ecco la prima parte di una rassegna di pubblicazioni recenti, con tanto di suggerimenti per possibili destinatari
Per (archi)viaggiatori incalliti
Lo sguardo ben puntato verso le periferie. Pare essere questo l’ineludibile punto di partenza di un (politicamente corretto) percorso architettonico nella contemporaneità. E allora ci fa da guida il giornalista Francesco Erbani che nel suo Dove ricomincia la città. L’Italia delle periferie. Reportage dai luoghi in cui si costruisce un Paese diverso (+manni, 2021, 240 pagine, 15 euro) offre in 9 puntate/capitoli un’intensa descrizione della condizione periferica del nostro paese. Con tutto il suo tipico repertorio – da Scampia al Corviale, da Marghera a Barriera di Milano – descritto in un racconto di cronaca, nessuna immagine, prosa semplice e immediata. Ma in queste storie Erbani prova, come scrive negli Appunti per iniziare a leggere, “ad andare per un’altra strada”. Una direzione – sviluppata dall’autore con un’attività pubblicistica particolarmente intensa sul tema – che guarda alla periferia non come criticità ma come opportunità: “Detto in altri termini, dalle periferie, dai quartieri afflitti da una condizione periferica possono partire processi capaci non solo di alleggerire le sofferenze di quei luoghi, ma di contagiare virtuosamente il resto della città”.
Due territori, a loro modo diversamente periferici, sono oggetto dello sguardo particolare di Salvatore Porcaro e di Pietro Giovannini. Il primo sintetizza anni di ricerca “sul campo” (la costa a nord di Napoli) con L’estate è finita. Racconto corale del litorale domizio (Monitor, 2021, 280 pagine, 20 euro): come nel libro precedente, testo senza immagini, ambientato tra Castelvolturno e Pescopagano, che trasforma una cinquantina d’interviste in un’indagine coinvolgente – e per tanti versi drammatica – sulle relazioni tra le comunità di migranti e alcuni luoghi emblematici della nostra storia, da aree di villeggiatura e vacanze, nell’Italia degli anni sessanta, a periferie appunto, dove emarginazione e criminalità sono i tratti distintivi.
Ci porta più a nord, nelle Langhe piemontesi, lo stesso Pietro Giovannini con Impossible Langhe. Romanzo turistico (fotografie di Maurizio Beucci, Fondazione Radical Design, 2021, 655 pagine, 50 euro). Anche questo è un ritratto intimo, originale, di persone e luoghi strettamente legati a un territorio, con storie che sembra impossibile possano coesistere nell’arco di pochi chilometri. Con i suoi 3 kg di peso e una grafica attenta e curata, il volume è un progetto della Fondazione Radical Design. La duplice natura si manifesta nella struttura binaria dei capitoli che presentano due sezioni complementari: da un lato, il viaggio geografico, dettagliato e analitico, che accompagna il lettore tra punti panoramici, chiese campestri, borghi e frazioni, senza comunque rinunciare a ricordi e aneddoti snocciolati senza fretta, proprio come il percorso proposto che ama indugiare; dall’altro, inserti completano ogni profilo geografico con storie e memorie, tradizioni e personaggi, che hanno modellato queste colline nell’unicum inimitabile di oggi.
Ugualmente luoghi della trasformazione e della storia sono quelli raccontati nel ponderoso volume di Giovanni Luigi Fontana e Andrea Gritti, Architetture del Lavoro. Città e Paesaggi del patrimonio industriale (Forma, 2021, 384 pagine, 120 euro, disponibile anche in inglese): una dettagliata ricostruzione analitica di come l’architettura del lavoro abbia disegnato territori, plasmato città, infrastrutturato paesaggi. Da Crespi d’Adda ad Ekaterinburg, 120 schede – con altrettanti luoghi emblematici, raccontati e fotografati – organizzate in 4 capitoli (Origini, Espansione, Modernizzazione, Ripresa) a coprire 5 continenti e 5 secoli di storia umana.
È un’industria diversa quella a cui guarda The Industrious City: Urban Industry in the Digital Age, a cura di Hiromi Hosoya e Markus Schaefer (Lars Müller, 2021, 412 pagine, 35 euro, testo inglese). Lo sguardo è centrato su un paese, la Svizzera (la casa editrice è zurighese), di cui vengono presentate in forme diverse (dal reportage fotografico agli scenari di progetto, dalle interviste a casi studio attuali) una serie di condizioni, ipotesi, possibilità. Perché – è la visione che emerge dalla lettura di un volume complesso e stratificato – il passaggio della contemporaneità è prima di tutto semantico: da industriali a industriosi, i paesaggi di oggi sono caratterizzati da ibridazioni e contaminazioni, e gli spazi della produzione inevitabilmente sviluppano un rapporto completamente rinnovato con la città stessa, sicuramente più sostenibile.
E proprio sulle strade della sostenibilità ci porta il viaggio di Mario Cucinella, Il futuro è un viaggio nel passato (Quodlibet, 2021, 128 pagine, 14 euro). Due soli schizzi, in copertina e contro-copertina, dello stesso Cucinella. Il resto dell’agile libretto sono 10 storie localizzate in altrettante tappe, tra Europa, Africa, Asia e Oceania. Vogliono raccontare, si legge nell’introduzione, “uno straordinario rapporto di empatia con l’ambiente, dell’uso razionale delle risorse naturali e delle capacità creative nel costruire il nostro habitat”. Oltre che geografico, è un percorso nel tempo, in quel passato “in cui scovare molte informazioni che potranno aiutarci nel nostro viaggio verso il futuro”. Lo sguardo, riconoscibile, è un po’ nostalgico a quelle soluzioni tecniche “tradizionali” che con pochi mezzi raggiungevano straordinari risultati: “Questa storia, di piante e architetture, è molto più di un viaggio, è una riscoperta delle ragioni profonde di un rapporto perduto tra l’uomo e il pianeta (e i suoi climi), e della sua capacità adattiva e costruttiva”.
Per appassionati di storie
La storia architettonica più coinvolgente degli ultimi anni ruota intorno (e forse sarebbe più giusto dire sopra e sotto) il ponte più famoso d’Italia, il nuovo San Giorgio che ha sostituito il Morandi. Berto, geometra e capo-cantiere, è uno dei lavoratori impegnati nella costruzione. Nel romanzo Il cantiere di Berto. Il romanzo del ponte di Genova, di Carlo Piano (Edizioni e/o, 2021, 256 pagine, 16,50 euro), gli intensi 420 giorni di lavoro (e le 18 pile che sorreggono la struttura) fanno da sfondo ai fatti di una storia personale, di fantasia e con punte di paradosso. Uno sguardo trasversale che non lesina nozioni tecniche (con un divertente Zibaldone di cantiere che spiega anche di tanti termini genovesi), dati, numeri e anche contraddizioni di un cantiere straordinario. L’autore del libro è figlio dell’architetto-che-il-mondo-ci-invidia (così il progettista del ponte, Renzo, viene citato/non citato nel libro).
Altrettanto personale, ma vera e di “formazione”, è la storia che racconta Francesco Santoro, in Apprendista a Taliesin (LetteraVentidue, 2021, 272 pagine, 22 euro). La sua esperienza nella scuola di Frank Lloyd Wright, risalente a una trentina di anni fa, è ricostruita tanto nella dimensione mitica di Taliesin e di Taliesin West, quanto in quella più intima di un giovane architetto italiano alle prese con una storia intensa e affascinante. E contemporaneamente si presta a possibili letture disciplinari, come scrive William Curtis nella prefazione: “Il testo ha il carattere di un viaggio personale condotto attraverso lo spazio e il tempo […] è molto più di una semplice memoria autobiografica. Corroborata da una solida ricerca storica […] la descrizione di Santoro della vita quotidiana di Taliesin offre approfondimenti sul patrimonio del sistema di valori originari (l’imparare facendo e la filosofia organica) e sui modi in cui si è trasformata nel tempo”.
Racconta un mondo diverso – ma merita di essere considerato per le numerose interferenze architettoniche, oltre che per la particolare struttura – Woolf A-Z di Nadia Fusini (Electa, 2021, 300 pagine, 34 euro), un glossario dedicato a Virginia Woolf, quarta protagonista della collana Enciclopedia di Electa. Presenta non solo le parole chiave che raccontano l’identità del personaggio, ma anche i nomi di cose e persone che hanno illuminato il cammino della sua avventura di vita, tra cui le figure che con lei hanno animato il circolo di Bloomsbury. Un racconto che si presenta come una raccolta di voci che rievocano lo spirito di una fra le più grandi scrittrici del Novecento, attraverso l’intreccio d’incontri, case, quadri e romanzi. Si ricostruisce così una mappa della sua immaginazione, ricomponendone la figura in un sillabario che imbastisce una legenda di 102 voci a rappresentare la chiave di accesso al suo mondo. Emerge una donna scrittrice che, agli inizi del Novecento, apre nuove strade alla scrittura narrativa e al pensiero della modernità.
Per gente “moderna”
Quella modernità (questa sì, prettamente architettonica) che continua a rappresentare un significativo repertorio di temi e titoli per libri di settore. Una sintetica rassegna muove da Aldo Rossi. I miei progetti raccontati, a cura di Alberto Ferlenga (Electa, 2021, 192 pagine, 30 euro). Ogni progettista sa quanto sia importante una relazione tecnica per illustrare le ragioni e lo stato di un progetto. Può essere anche l’espressione di un rapporto e, come tale, esprimere la connessione intercorrente tra oggetti e fatti. Per Rossi la relazione è tutto questo insieme: è la descrizione di un’opera esplicitandone i caratteri formali e le specifiche tecniche, le scelte progettuali e le condizioni di contesto ma, anche, la manifestazione di un sistema di rapporti tra cose diverse. Questa raccolta di relazioni scritte da Rossi nel corso della sua attività professionale, corredate da magnifici schizzi e disegni, piuttosto che spiegare i progetti ne interroga i significati. Seguendo il filo di queste domande e dei sentimenti che le accompagnavano si possono conoscere risvolti inediti di alcuni dei suoi lavori più noti.
Punta tutto sulle immagini invece Gio Ponti (di Salvatore Licitra, Stefano Casciani, Lisa Licitra Ponti, Brian Kish, Fabio Marino, a cura di Karl Kolbitz, Taschen, 2021, 572 pagine volume formato XL 200 euro, Art Edition 3.000 euro), un volume formato XL per immergersi nel suo caleidoscopico e visionario universo. La rara capacità di spaziare senza soluzione di continuità tra progetti di diverse dimensioni è raccontata attraverso un resoconto unico e completo del suo lavoro. Ne ripercorre l’evoluzione nell’arco di 6 decenni, con 136 progetti indicizzati ed inserendo ogni pezzo nel contesto in cui Ponti lo ha concepito, attraverso materiali inediti e immagini di grande qualità, oltre a un ricco apparato testuale. Il volume è disponibile anche in versione Art Edition numerata (1.000 esemplari) che comprende il planchart coffee table (uno dei progetti iconici di Ponti) e un set di quattro stampe numerate (40×40 cm) con disegni realizzati nell’ambito di un concorso per gli interni dei transatlantici Conte Grande e Conte Biancamano.
Edizioni meno pompose e più consuete sono alcune riletture di personalità del Novecento italiano. Sempre di Electa è Pietro Lingeri. Astrazione e costruzione, a cura di Gabriele Neri (2021, 240 pagine, 34 euro, testo italiano e inglese) che ha accompagnato l’omonima mostra in Triennale: scandito per nuclei tematici, il libro è composto da saggi di architetti e studiosi e si muove all’interno del percorso di valorizzazione dei materiali dell’Archivio Lingeri.
Un prodotto editoriale nuovo è invece quello proposto da Jaca Book, che inaugura la nuova collana Paesaggio con architetture con le pubblicazioni Vico Magistretti. Case rosse a Framura, di Andrea Savio (2021, 168 pagine, 22 euro) e Figini e Pollini. Asilo Olivetti a Ivrea, di Sara Protasoni (2021, 128 pagine, 22 euro). Ciascun volume presenta una singola architettura concentrandosi sulle relazioni all’intorno, attraverso disegni originali, ridisegni e fotografie e con un saggio di approfondimento sulla letteratura critica e sui nessi che legano l’opera con il contesto culturale di riferimento e con la ricerca figurativa e poetica dell’autore.
Usciamo dai confini con la monografia di Samuel Quagliotto su Kay Otto Fisker. Architetto danese della monumentalità del quotidiano (Campisano, 2021, 352 pagine, 40 euro). La rilettura, che presenta documenti e disegni originali inediti, offre una selezione dei progetti ma soprattutto ne indaga il contributo teorico e pratico all’architettura residenziale novecentesca, con un approccio che molto ha da comunicare, rispetto alle esigenze attuali dell’abitare. Il titolo dell’ultimo dei 10 capitoli, Monumentalità del quotidiano, è in questo esemplificativo.
E ci conduce ad un’opera che entra di diritto nel novero delle pubblicazioni più eleganti: Carlo Scarpa, la casa sul Canal Grande, di Roberta Martinis, Francesco Magnani, Traudy Pelzel (Electa, 2020, 128 pagine, 32 euro). Con molte foto disegni originali, illustra l’intervento di metà anni sessanta per Loredana Balboni, restauro dell’edificio neo-rinascimentale di Ludovico Cadorin a Venezia. Martinis, nella prima parte, ricostruisce le vicende del progetto (non conosciutissimo) e della sua realizzazione con quella dovizia di particolari e dettagli, che è cifra dell’architettura scarpiana. È anche una storia di contraddizioni, che portano al “licenziamento” di Scarpa a cantiere ancora in corso. Nella seconda parte del volume, Magnani e Pelzel – gli architetti locali chiamati dal 2017 a curarne il restauro – descrivono il loro intervento, anche con una ricca documentazione fotografica (di Claudia Rossini) che indugia in maniera suggestiva su accostamenti di materiali e texture.
E proprio il restauro del Moderno è l’oggetto del libro Il restauro dell’architettura moderna. Dalla conoscenza all’intervento, a cura di Annalisa Morelli e Sandra Losi (Nardini , 2021, 176 pagine, 30 euro): una pubblicazione molto tecnica e operativa con tanti autori (27 contributi) impegnati sui diversi fronti dell’ambito della conservazione, dalle soprintendenze alle associazioni, attraverso la presentazione di casi studio esemplari, indagati per approccio metodologico e tecnologie diagnostiche.
Riapre a una dimensione internazionale Bauhaus al femminile di Anty Pansera (Nomos, 2021, 302 pagine, 24,90 euro), tassello che arricchisce il mosaico di un tema di attualità, come la disparità di genere in campo artistico-creativo, vista all’interno di una delle scuole più note della storia. Dietro le ragazze del Bauhaus, le Bauhausmädels, ci sono storie diverse, tutte accomunate dalla determinazione a trovare una propria strada in settori prima inaccessibili, mettendo a punto linguaggi moderni: tessitura ma anche fotografia, architettura, stampa, legatoria, pittura murale, falegnameria, lavorazione del vetro, grafica pubblicitaria. Donne autonome e indipendenti, anche se in molti casi rimaste troppo a lungo nell’ombra di un marito o di un collega più famoso, e ora finalmente riscoperte. 494 donne (475 studentesse, 11 docenti, 6 collaboratrici di Walter Gropius, 1 manager, 1 fotografa) e le loro storie personali oltre che artistiche, sullo sfondo della tragica ascesa del nazismo che portò alla chiusura della scuola, al divieto di pratica per gli artisti e che costrinse molte delle donne (circa il 15% era di origine ebrea) alla fuga e all’esilio.
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Last modified: 16 Dicembre 2021