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Christian De IuliisWritten by: Forum

L’archintruso. Il padiglione Al Awir a Dubai

L’archintruso. Il padiglione Al Awir a Dubai

Merita attenzione pari a quella riservata ai padiglioni celebrati all’Expo

 

Nell’area di Al Awir, a nord-est della città di Dubai, vi è un padiglione che merita attenzione pari a quella riservata ai suoi affini, celebrati all’Expo.

È stato realizzato da anonimi tecnici locali che, attraverso la semplicità dello schema, hanno voluto omaggiare le antiche condizioni di vita indigene.

Vi si accede da un blocco color avorio, unica concessione estetica, che rappresenta sia un omaggio al funzionalismo del primo Novecento, sia un richiamo alle cromie del paesaggio desertico. L’architettura nelle sale, infatti, vira decisamente verso un brutalismo severo, assecondando lo sviluppo orizzontale dell’abitato, dove il rapporto tra interno ed esterno è volutamente negato grazie all’uso diffuso della parete in cemento armato ed eventualmente dell’inferriata.

Per espressa volontà dei curatori, evidentemente sensibili al tema del cambiamento climatico, il padiglione è votato al più assoluto risparmio energetico. Non è un caso che nella struttura non vi sia alcun impianto di climatizzazione. Gli infissi blindati a tenuta sono in rigidissimo acciaio 18/10; l’essenzialità degli spazi, alcuni dei quali a doppia altezza, riportano a uno stile di vita rigoroso, provocatoriamente in controtendenza rispetto al lusso della capitale.

Esperimento nel quale gli ospiti si calano senza opporsi, sottoponendosi a diete ferree ed esperienze fisiche sensoriali, metaforicamente dette “torture”. E rinunciando ad ogni distanziamento sociale o privacy, anzi riprovando l’emozione pre-pandemica dell’assembramento attentamente distribuito per provenienza, religione e genere.

Nei preziosi spazi esterni, circondati da compatti contrafforti, si trascorrono tempi contingentati, di solito non superiori ai sessanta minuti.

Un’architettura, in sintesi, misteriosa ed emozionale. Che non può lasciare indifferenti.

Considerata l’esclusività, l’ingresso al padiglione non è libero, ma neppure così arduo come si potrebbe erroneamente credere. È stupefacente che la selezione avvenga soprattutto in base al pensiero e alla condotta. Favoriti in tal senso lamentosi sindacalisti, migranti indigenti e dissenzienti in genere. Tuttavia, ampie parti del padiglione sono anche riservate a visitatori che hanno temerariamente manifestato, più o meno pubblicamente, le loro “anormali” inclinazioni sessuali. Per loro non visite fugaci, ma il privilegio di lunghe permanenze. Di alcuni, forse sedotti dal soggiorno, si perdono persino le tracce.

Che sorpresa il padiglione Al Awir di Dubai! Ingiusto che se ne parli così poco.

Autore

  • Christian De Iuliis

    Nasce, cresce e vive in costa d’Amalfi. Manifesta l’intenzione di voler fare l’architetto nel 1984, rendendolo noto in un tema in quarta elementare, raggiunge l’obiettivo nel 2001. Nel 2008 si auto-elegge “Assessore al Nulla” del suo paese. Nel 2009 fonda il movimento artistico-culturale de “Lo Spiaggismo”, avanguardia del XXI° secolo che vanta già diversi tentativi, falliti, di imitazione. All’attivo ha cinque mezze maratone corse e altrettanti libri pubblicati: “L’Architemario. Volevo fare l’astronauta” (Overview editore, 2014), “Vamos a la playa. Fenomenologia del Righeira moderno” (Homo Scrivens, 2016), "L'Architemario in quarantena. Prigionia oziosa di un architetto" (KDP Amazon, 2020), "L'architetto contro tutti" e "Il Nostromondo - le città invedibili" (2024). Ha ricevuto premi in diversi concorsi letterari. Premio PIDA giornalismo 2020 per la divulgazione dell'architettura. Si definisce architetto-scrittore o scrittore-architetto: dipende da dove si trova e da chi glielo chiede

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Last modified: 1 Dicembre 2021