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Luca GibelloWritten by: Progetti

Museo Rodari a Omegna: spazio all’immaginazione

Visita all’intervento firmato da BianchettiArchitettura nella cittadina del Cusio che ha dato i natali allo scrittore per l’infanzia

 

OMEGNA (VERBANO-CUSIO-OSSOLA). La visita scorre via lieve, e si esce di buon umore. Lo stesso che Gianni Rodari (1920-80) sapeva trasmettere nei suoi testi, rivolti soprattutto ai più piccini, ma non privi di spunti anche per gli adulti. Così Omegna, paese affacciato sul lago d’Orta e patria dello scrittore, pedagogista, giornalista e poeta piemontese, s’identifica sempre più nel suo illustre cittadino, con una serie d’iniziative varate ormai a partire dal 2001. Negli anni ha infatti preso forma il Parco della fantasia, una sorta di percorso a cielo aperto che mette a sistema i luoghi celebrativi della memoria rodariana: il Forum (ricavato negli anni novanta dal recupero dell’ex ferriera Cobianchi, su progetto non proprio indimenticabile di Atelier Mendini, e ora collegato al centro città da una passerella pedonale a sbalzo lungo il torrente Nigoglia, emissario del lago), la Ludoteca del “bambino di gesso”, il parco Lamberto, i giardini della “torta in cielo”. Il Museo Rodari è l’ultimo tassello, inaugurato il 23 ottobre scorso grazie a un sostanzioso co-finanziameno da parte di Fondazione Cariplo nell’ambito dei bandi emblematici 2019 per il progetto “Omegna, la città della creatività”. Al museo si può giungere guidati dalle scritte al neon, sospese sulle strade del centro storico e tratte dai racconti dell’autore, a partire dalla sua casa natale in via Mazzini.

L’operazione è l’esito di una radicale, seppur ordinaria, ristrutturazione di un piccolo stabile di due piani, risalente alla prima metà dell’Ottocento e privo di particolari valenze storico-edilizie. Una rigenerazione urbana dall’aspetto discreto che, a seguito dell’acquisizione da parte del Comune, ha visto il recupero del fabbricato, con mantenimento e consolidamento delle sole murature portanti, a fronte del rifacimento ex novo di solai e coperture. Anche il progetto d’interni opta per l’understatement, a tutto vantaggio dei contenuti, data l’esigua metratura disponibile (circa 220 mq): assenza di partizioni per restituire, per quanto possibile, un ambiente unico; strutture a vista per la scala, per la soletta metallico-cementizia (tra i livelli terra e primo) e per la copertura lignea a falde; tinte pastello ai muri. Unica concessione, vagamente metafisica, lo stilizzato abbozzo di portico ad archi, posticcio filtro rispetto all’area d’accoglienza.

Improprio è parlare di museo in senso stretto; meglio pensare a uno spazio di documentazione e interpretazione: nessun oggetto esposto, solo dispositivi multimediali. Una presenza, quella digitale, che potrebbe risultare prevaricante se non fosse basata sull’interazione col pubblico, in particolare quello adolescente. Da un lato, si punta l’attenzione sulla vicenda rodariana all’interno della geografia del territorio con le sue peculiarità (soprattutto, l’attitudine manifatturiera alla grande scala – di qui provengono infatti Alessi, Barazzoni, Bialetti, Lagostina, solo per fare qualche nome); dall’altro lato – ed è l’aspetto più interessante – s’intende stimolare i piccini alle meccaniche combinatorie delle parole, alla prefigurazione di storie e situazioni a partire dalla scelta di personaggi e contesti.

Singolari e ben strutturati i contenuti audiovideo (inerenti la biografia di Rodari o la “messa in scena” di alcuni suoi aforismi e racconti brevi), che si rifanno alle sperimentazioni di Studio Azzurro o alla poetica comunicativa di Bruno Munari (che, con Altan, aveva talvolta illustrato i testi del Nostro); contenuti purtroppo non godibili appieno per la difficile percezione acustica, dovuta alla contiguità tra spazi ristretti.

Nell’insieme, si coglie un’atmosfera domestica e rilassante, appena velata di malinconia: come nei vecchi telefoni a disco, allestiti negli angoli delle pareti o negli sguinci delle finestre, davanti ai quali ci si può sedere e, componendo il numero, ascoltare piacevolmente alla cornetta le Favole al telefono (che cosa, se no?). Al centro della stanza, i numerosi piccini rumoreggiano e saltellano lieti. Bene così!

La carta d’identità del progetto

MUSEO RODARI. UNA FANTASTICA STORIA

Localizzazione: via Carrobbio 45 – Omegna

Committente: Comune di Omegna
Responsabile del procedimento: Roberto Polo

Progetto architettonico: BianchettiArchitettura (Fabrizio Bianchetti e Gabriele Medina) – Omegna
Realizzazione opere edili: GM group srl – Vercelli
Comitato scientifico per scelte allestimento: Fabrizio Bianchetti, Pino Boero, Paolo Marchioni, Gabriele Medina, Alberto Poletti, Sara Rubinelli, Luca Vergerio
Progetto allestimenti: auroraMeccanica – Torino
Realizzazione allestimenti: auroraMeccanica – Torino / ErreBi Creative – Biella
Grafica: Studio Grand Hotel – Torino

Investimento totale: 627.081,76 euro (finanziato per l’80% da Fondazione Cariplo e per il 20% dal Comune di Omegna)
Costi opere edili, strutturali e impiantistiche: 383.467,81 euro
Costi allestimento: 138.703,66 euro

Superficie utile: 220 mq

Curatore: Pino Boero

Autore

  • Luca Gibello

    Nato a Biella (1970), nel 1996 si laurea presso il Politecnico di Torino, dove nel 2001 consegue il dottorato di ricerca in Storia dell’architettura e dell’urbanistica. Ha svolto attività di ricerca sui temi della trasformazione delle aree industriali dismesse in Italia. Presso il Politecnico di Torino e l'Università di Trento ha tenuto corsi di Storia dell’architettura contemporanea e di Storia della critica e della letteratura architettonica. Collabora a “Il Giornale dell’Architettura” dalla sua fondazione nel 2002; dal 2004 ne è caporedattore e dal 2015 direttore. Oltre a saggi critici e storici, ha pubblicato libri e ha seguito il coordinamento scientifico-redazionale del "Dizionario dell’architettura del XX secolo" per l'Istituto dell’Enciclopedia Italiana (2003). Con "Cantieri d'alta quota. Breve storia della costruzione dei rifugi sulle Alpi" (2011, tradotto in francese e tedesco a cura del Club Alpino Svizzero nel 2014), primo studio sistematico sul tema, unisce l'interesse per la storia dell'architettura con la passione da sempre coltivata verso l’alpinismo (ha salito tutte le 82 vette delle Alpi sopra i 4000 metri). Nel 2012 ha fondato e da allora presiede l'associazione culturale Cantieri d'alta quota

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Last modified: 3 Novembre 2021