Prorogato a fine dicembre, con aumento del tetto di spesa, il bonus che consente ai lavoratori di acquistare beni e servizi per migliorare le proprie postazioni
La pandemia, almeno nei confini nazionali, ci ha insegnato a gestire la nostra esistenza per fasi e colori. L’autunno è alle porte e se febbraio 2020 sarà ricordato dai posteri come il mese in cui tutto ebbe inizio, settembre 2021 potrebbe configurarsi come il mese del ritorno a una diversa normalità, ovvero a una vita normale ma inevitabilmente segnata dai radicali cambiamenti imposti o accelerati dal Covid.
Per il mondo del lavoro, la sfida si giocherà su diversi fronti, primo fra tutti l’interpretazione e la regolamentazione dello smart working. In molti hanno definito “home working emergenziale” tutto il lavoro da remoto svolto nel corso delle varie quarantene, in altre parole una temporanea concessione al collaboratore dettata da aspetti di natura prettamente sanitaria più che da oggettive necessità o da valutazioni di merito. Un’esperienza improvvisata destinata a concludersi e a tradursi nei prossimi mesi in forme di lavoro agile strutturate e realmente monitorate. Nel discorso complessivo, non mancherà il confronto sui beni strumentali, aspetto che preoccupa non poco le imprese con un’alta popolazione impiegatizia, le quali potrebbero trovarsi parallelamente con infrastrutture vuote e singole abitazioni da allestire per garantire condizioni ergonomiche e prestazionali minime per lo svolgimento dell’attività lavorativa (ma anche per gestire e proteggere i dati aziendali).
In questa direzione agisce la proroga per tutto il 2021 (approvata dal Governo all’interno del Decreto sostegni, convertito in L. n. 69/2021) dei 516,46 euro destinati ai “fringe benefit”, strumento di welfare aziendale che consente ai datori di lavoro di cedere ai propri lavoratori un importo da spendere in beni e servizi. Il raddoppio dell’importo, inizialmente fissato a 258,23 euro, ha attivato una serie di riflessioni e strategie per agevolare le attività lavorative esterne e concorrere, al tempo stesso, alla ripartenza dell’industria del mobile da ufficio.
Per il design un doppio beneficio
Il mondo del design, in questo caso, beneficerebbe del bonus su due fronti: da un lato i progettisti inquadrati come lavoratori dipendenti potrebbero ripensare e migliorare le proprie postazioni, non solo in riferimento a sedute ergonomiche, scrivanie mobili e regolabili, illuminazione smart, ma anche ad una serie di dispositivi e ausili in grado di migliorare l’interazione con le workstation e contrastare l’insorgenza di malattie professionali; dall’altro, le imprese impegnate nella progettazione e produzione di arredi da ufficio potrebbero assistere ad una graduale ripresa del mercato, tra i più colpiti dalla crisi sanitaria (secondo il presidente di Assufficio Gianfranco Marinelli il settore ha chiuso il 2020 con un fatturato in calo del 20%, poco sopra il miliardo di euro, con un calo sul mercato interno stimato intorno al 22% e sul mercato esterno intorno al 17,5%).
È utopico pensare che il plafond sia sufficiente per allestire postazioni complete basate su criteri di ergonomia e salubrità, così come resta una barriera la reale diffusione di questi incentivi tra le piccole imprese. Ma la misura risulta comunque interessante per tutte le realtà aziendali che hanno già analizzato l’abbattimento dei costi necessari per tenere la forza lavoro in presenza e che sono alla ricerca di soluzioni d’immediata spendibilità laddove, in un futuro estremamente incerto per l’ufficio tradizionale, si opterà per la riduzione delle superfici operative e per lo smistamento dei collaboratori in soluzioni di home o coworking.
È opportuno ricordare, prima dell’eventuale attivazione, quanto segue: l’esenzione riguarda le sole erogazioni in natura, mentre sono escluse quelle in denaro; inoltre, la liberalità può essere erogata ad un solo dipendente, non essendo richiesto che il benefit venga erogato alla generalità del personale. Da analizzare attentamente, infine, i tetti entro i quali il valore dei beni ceduti non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente. Se il valore dei beni e servizi, infatti, supererà 516,46 euro, lo stesso concorrerà interamente a formare il reddito; in altre parole, se l’importo dei beni offerti ai dipendenti è di 600 euro, la tassazione colpirà tutti i 600 euro, non essendo prevista la tassazione della sola eccedenza.
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Last modified: 1 Settembre 2021