A Fregene, la valorizzazione della residenza ne denota la valenze sperimentali, tra flessibilità e restauri
Il passato
L’esperimento architettonico della Casa albero, realizzato a Fregene (Roma) a partire dal 1968 da Giuseppe Perugini insieme a Uga de Plaisant e Raynaldo Perugini, è scaturito dal desiderio condiviso di riappropriarsi delle proprie esigenze nell’abitare, cercando di superare la standardizzazione e i concetti tipologico-funzionali sviluppati fino a quel momento. Seguendo questa direttrice, le sperimentazioni progettuali di Perugini e de Plaisant si sono concentrate sulla realizzazione di un “plastico a scala urbana” per sviluppare nel corso del tempo un’architettura senza costrizioni e condizionamenti, in un continuo dialogo tra le differenti suggestioni ed esigenze familiari.
Il nome di Casa albero viene dato per indicare un’esperienza illimitata e non finibile, in evoluzione, oltre che caratterizzata da una fondamentale libertà nel comporre. Nel progetto sono forti i richiami ai principi architettonici tradizionali e allo studio del classico, riletti nella progettazione contemporanea, oltre alla contrapposizione di dinamismo e staticità. Tutti gli elementi costitutivi, da quelli strutturali ai pacchetti delle pareti di tamponamento, sono stati realizzati sul posto, sperimentando tecniche e soluzioni compositive attraverso l’uso prevalente del cemento armato, dell’acciaio dipinto di rosso e del vetro.
Il lavoro progettuale si articola su tre nuclei, definiti da Perugini come “test-oggetto”: la Casa albero vera e propria, la Palla e i Cubetti.
L’edificio principale si articola in pilastri, piastre appoggiate e piastre appese. Parte del telaio è stata lasciata incompleta proprio per suggerire una possibile continuazione e modifica del manufatto. La struttura è caratterizzata da una simmetria orizzontale: alle piastre appese si oppongono le piastre appoggiate, al cielo si contrappone lo specchio d’acqua della piscina, posta sotto l’edificio. Le piastre e i pilastri svincolano le pareti di ogni funzione strutturale e i cantonali, nei quali sono inseriti elementi vetrati, si liberano dalla loro tradizionale funzione. Le superfici e i volumi, pieni e vetrati, che liberamente compongono le pareti di tamponamento, sono anch’essi riconfigurabili nel tempo e formano delle pareti attrezzate, in modo da lasciare indifferenziati gli ambienti. I due blocchi dei servizi igienici, formati da due calotte di cemento armato, sono “appesi” esternamente per non vincolare l’articolazione dello spazio interno.
All’illimitatezza della Casa albero si contrappone la Palla, un’unità abitativa di forma sferica del diametro di cinque metri che doveva racchiudere al suo interno una sfera di dimensioni più piccole, un “satellite”, con i servizi. A completare il complesso, in posizione arretrata rispetto agli altri due edifici, sono stati realizzati tre dei nove moduli abitativi inizialmente previsti, denominati Cubetti, ognuno dei quali di 40 mq.
Il presente
A partire dal 2004, la Casa albero è stata oggetto di numerosi atti vandalici che hanno causato l’evidente danneggiamento di alcune superfici vetrate e la comparsa di numerosi graffiti. Una recente e importante opera di pulitura ha cancellato i segni lasciati dai writers, introdottisi in modo illecito nella villa. Una lamiera forata, dipinta di rosso in analogia alle strutture metalliche del complesso, sostituisce la calotta di vetro dell’accesso alla Palla, infranta durante un’incursione illegale.
Oltre alle problematiche derivate dalle deturpazioni, l’invecchiamento dei materiali e le tecniche costruttive adottate hanno avuto come conseguenza un inaspettato degrado superficiale delle strutture, valendo al complesso l’appellativo, sensazionalistico ma esagerato, di “rudere precoce”. In alcuni punti le staffe si sono arrugginite ed hanno espulso un copriferro troppo sottile, frutto delle sperimentazioni anni sessanta. I telai metallici delle bucature e la scala di accesso alla casa, pensata come un ponte levatoio, saranno oggetto dei prossime manutenzioni.
Il futuro
Ad oggi nel complesso si portano avanti le operazioni di restauro, sotto la direzione di Raynaldo Perugini. Non si tratta di provvedere al ripristino di una conformazione ideale della villa, nata per essere un’opera aperta ad adattamenti e in evoluzione. Al contrario, ci si propone di operare puntuali manutenzioni tecnologiche, come il necessario risanamento dei ferri arrugginiti con successiva risarcitura delle lacune nel cemento, la conservazione e, se necessario, la sostituzione degli infissi, la messa in opera di una nuova scala di accesso alla casa, più leggera e in grado di permettere il funzionamento del sistema di sollevamento. Ulteriori lavori potrebbero essere l’occasione per installare alcuni dispositivi mai realizzati, come il sistema di schermatura tramite pannelli magnetici inizialmente ideato da Raynaldo Perugini.
Sebbene la casa sia stata originata da un esperimento compositivo, la sua configurazione in moduli variamente combinabili, montati per aprire o schermare gli spazi, potrebbe rappresentare una nuova prospettiva, soprattutto alla luce delle esigenze imposte dalla pandemia. In questo modo la casa – flessibile, sospesa e interconnessa alla natura circostante – fornirebbe uno spunto per un abitare più rispettoso delle attuali necessità.
Immagine di copertina: © Francesca Pompei
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abitare , casa , lazio , restauro , Ri_visitati
Last modified: 14 Luglio 2021