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Mariella AnneseWritten by: Patrimonio Reviews

Taranto , il sogno di Gio Ponti per la Concattedrale

Taranto , il sogno di Gio Ponti per la Concattedrale

Una mostra sulle vicende della costruzione e i rapporti con l’arcivescovo Guglielmo Mottolese per un’opera testimone del processo di riforma della Chiesa

 

TARANTO. La mostra allestita al Museo Diocesano, dal titolo “Gio Ponti e la Concattedrale di Taranto 1970 – 2020”, prevista per i cinquant’anni dell’edificio, sospesa a causa della pandemia e inaugurata il 15 giugno, restituisce la dimensione onirica che accomuna i due protagonisti della vicenda della costruzione dell’opera, come evoca anche il sottotitolo “Il sogno di una città, il sogno dei suoi cittadini e il sogno di Guglielmo e di Giovanni”.

La Concattedrale di Taranto è tra le ultime opere di Ponti (1891-1979), che nel 1963 accetta l’incarico rifiutato da Pier Luigi Nervi dopo avere già affrontato in più occasioni il tema del progetto dello spazio sacro della chiesa. Il confronto con l’arcivescovo di Taranto Guglielmo Mottolese lo pone però a un livello più alto della sfida, visto che il suo committente è Padre Conciliare e ricerca nel progetto una testimonianza pratica del processo riformista in atto nella Chiesa.

 

4 versioni in 7 anni

È forse il peso di questa responsabilità a impegnare Ponti in un’attività intensa che produce in meno di sette anni ben quattro versioni del progetto, documentate nella mostra attraverso disegni d’archivio, ricostruzioni grafiche e tridimensionali, nonché la fitta corrispondenza con il suo “protettore”. Il percorso espositivo, suddiviso in cinque sezioni tematiche, ricostruisce un processo creativo lungo e tormentato, dall’incontro fra i due attori principali al loro reciproco scambio di proposte, tra suggestioni e ripensamenti testimoniati da sentimenti altalenanti di sconforto ed esaltazione.

In particolare, la sezione dedicata al rapporto epistolare tra i due restituisce un racconto emozionale del percorso spirituale che Ponti compie alla ricerca della soluzione ottimale, mentre coinvolge il suo committente – talvolta in un soliloquio ossessivo – nell’individuazione delle soluzioni tecniche, condividendo schizzi e dettagli costruttivi, investendolo anche del suo più intimo pensiero. Con parole, grafi, simboli e tecniche rappresentative diverse (dalla digitopittura all’uso degli evidenziatori colorati), il progettista cerca di coinvolgere il suo interlocutore nella dimensione onirica dell’opera che insieme stanno cercando di realizzare.

 

Sogno e preghiera per la periferia in espansione

Le parole di Ponti esprimono la necessità di dare agli abitanti della periferia in espansione un’architettura che è allo stesso tempo un sogno e una preghiera al divino di proteggere con tutta la cosmogonia celeste il percorso di crescita che la città sta affrontando. Le precedenti esperienze delle chiese milanesi basilicate di Ponti sembrerebbero superate, pur costituendo un antefatto importante per il progetto di Taranto, dove però soprattutto la simbologia cristiana incide sulle scelte architettoniche, conducendolo in progressione dall’ipotesi dell’aula di luce alla vela illuminata, conciliando così l’esigenza spirituale con le necessità cantieristiche ed economiche dell’opera.

 

Una mostra generata da una tesi di laurea

Alla genesi della mostra e delle iniziative ad essa collegate vi è il lavoro condotto per una tesi di laurea discussa alla Facoltà di Ingegneria Edile Architettura del Politecnico di Bari da Marco Aprea, Teresa Cipulli, Cataldo D’introno, Luca Lentini e Sacha Raffa con i relatori (e curatori della mostra) Gabriele Rossi e Fernando Errico. La tesi, oltre a ricostruire la vicenda e i rapporti personali tra i protagonisti, si è anche spinta in un’ipotesi di restauro molto avanzata rispetto alle azioni finora condotte sull’edificio, limitate al consolidamento strutturale del calcestruzzo ammalorato della vela e agli interventi sui prospetti, e recentemente alla sistemazione degli spazi aperti con il ripristino delle vasche d’acqua.

Avanzando ipotesi risolutive, la tesi affronta le questioni irrisolte dal progetto, come il superamento delle barriere architettoniche per l’accesso alla chiesa superiore, recuperando l’ipotesi di ascensore laterale proposta dallo stesso Ponti; mette in luce le parti incompiute, come l’attuazione del grande “Parco della pace”, la cui natura selvaggia e incontaminata avrebbe dovuto “aggredire” l’edificio, riscoprendo i dettagli costruttivi degli arredi previsti per lo spazio pubblico esterno; svela le ambiguità liturgiche non risolte di una chiesa post-conciliare, come la duplicazione di amboni e altari.

 

Una riflessione sul restauro del contemporaneo

La rinnovata attenzione che questo lavoro pone sulla Concattedrale di Taranto stimola anche una riflessione più generale sul restauro di un monumento “contemporaneo” non ancora vincolato per ragioni anagrafiche, ma già a rischio per gli aspetti conservativi e filologici. Perché il sogno dei due protagonisti si compia è evidente che c’è ancora molto da fare, anche alla luce della necessità di provvedere rapidamente al restauro dell’interno con un livello culturale e una competenza tecnica adeguati all’importanza e complessità dell’opera.

Un primo passo si potrebbe fare eliminando le luci installate impropriamente dal Comune nelle tre vasche finalmente ripristinate, per ammirare di notte le facciate illuminate riflesse nello specchio d’acqua buio, così come Ponti le aveva immaginate.

 

Gio Ponti e la Concattedrale di Taranto 1970-2020. Il sogno di una città, il sogno dei suoi cittadini e il sogno di Guglielmo e di Giovanni

a cura di Fernando Errico, Gabriele Rossi, Francesco Simone, con Maria Piccarreta
Promossa da Ministero della Cultura – Direzione Generale Creatività Contemporanea
Organizzata da Arcidiocesi Metropolitana di Taranto, Soprintendenza Nazionale per il Patrimonio Culturale Subacqueo, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Brindisi e Lecce e DICAR del Politecnico di Bari
MUDI – Museo Diocesano di Taranto

16 giugno – 26 settembre 2021

 

Autore

  • Mariella Annese

    Mariella Annese (1976), pugliese, si laurea e consegue il titolo di PhD all’Università di Roma Tre. È docente a contratto in Urbanistica e Paesaggio presso il DICAR del Politecnico di Bari, dove svolge attività di ricerca sui territori della contemporaneità. Ha condotto ricerche sugli impatti delle dinamiche insediative e turistiche nel paesaggio costiero come membro di cluster nazionali di ricerca (TAMClab, Urban@it). È autrice di saggi sul tema della rigenerazione urbana e del libro Territori del progetto. Tra urbanistica e paesaggio (Libria 2020). Nel 2008 ha fondato con Milena Farina lo studio factory architettura, la cui attività ha ricevuto premi e riconoscimenti. Dal 2021 è direttrice esecutiva di Urban@it.

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Last modified: 21 Giugno 2021