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Francesca De FilippiWritten by: Progetti

Architetture dal Sud globale, dall’oblio alla ribalta

Architetture dal Sud globale, dall’oblio alla ribalta

Modalità collaborative, progettazione bioclimatica, materiali e tecnologie ibridate e avanzate per tre ospedali in Senegal, Uganda e Myanmar

 

Molti progetti di architettura nei paesi del “Sud globale” hanno ormai conquistato un apprezzabile spazio dentro e fuori l’accademia, sulle riviste di settore, in monografie dedicate, in premi e riconoscimenti internazionali, in manifestazioni come la Biennale di Venezia, arricchendo e alimentando così il dibattito sul tema del progetto in contesti fragili. Sono lontani i tempi in cui la più parte di questa produzione, e con essa una riflessione sulla qualità e sostenibilità del progetto in condizioni di scarsità, non solo non era oggetto di divulgazione, ma neppure ambiva esserlo: interventi spesso concepiti e realizzati da anonimi progettisti e costruttori sulla base di prassi consolidate, più che di dettagliati studi e disegni preliminari, determinati dall’urgenza e dalla necessità di dare una risposta a problemi locali con le risorse a disposizione.

Oggi abbiamo di fronte una casistica interessante di esempi, in cui la sfida alla scarsità è colta mettendo in campo modalità collaborative, espedienti bioclimatici, uso di materiali e tecnologie ibridate, appropriate o persino avanzatissime. I tre progetti qui illustrati sottopongono alla discussione approcci, strategie e soluzioni che riguardano la sostenibilità dei processi e del progetto a tutto tondo, ovvero temi come la creazione e la valorizzazione delle capacità locali, le scelte progettuali e costruttive in continuità o in rottura con la tradizione vernacolare, le modalità di costruzione, funzionamento e manutenzione, il reperimento e l’approvvigionamento dei materiali e dei componenti, la gestione dei costi.

 

Ospedale ostetrico-pediatrico a Tambacounda (Senegal): Manuel Herz

Il progetto di ampliamento, firmato da Manuel Herz e inaugurato in questi giorni, è il risultato di lunghi anni d’impegno della Fondazione Albers e Le Korsa nei territori rurali del Senegal, per sostenere iniziative nel campo della cultura, dell’educazione e della salute. L’ospedale, unico di un certo rilievo nella regione, fornisce assistenza a circa 20.000 pazienti l’anno e costituisce pertanto un riferimento per un territorio vasto, che si estende fino ad attraversare il confine con il Mali.

La struttura è curvilinea, a due piani; sotto la copertura si articolano i due reparti, ostetrico e pediatrico, con una disponibilità di circa 150 posti letto. Lo sviluppo dell’edificio, quasi una spina dorsale, consente di organizzare i flussi di circolazione del personale e dei pazienti e ospita molteplici aree comuni. Il progetto applica strategie passive nel contrasto alle condizioni climatiche locali, per minimizzare il fabbisogno di aria fresca da impianti. La ridotta ampiezza del corpo di fabbrica, 7 metri, favorisce la ventilazione incrociata; l’utilizzo di una muratura bucata, in mattoni, ispirata alla mashrabiya, consente di limitare l’apporto di radiazione solare diretta e favorisce la libera circolazione dell’aria; una doppia copertura riflettente collabora nel disperdere il calore accumulato negli spazi sottostanti.

Ogni fase del progetto, come riporta l’Associazione, è stata condotta in modo collaborativo, con il ricorso a maestranze locali, quasi esclusivamente artigiani e ingegneri provenienti da Tambacounda e dai villaggi limitrofi, con l’obiettivo di fornire occupazione e sostegno all’economia rurale. Il prossimo passo prevede la costruzione di alloggi per il personale sanitario, in modo da attrarre figure professionali di norma più reperibili nelle aree urbane.

Herz, già autore di African Modernism. Architecture of Independence e curatore del Padiglione del Sahara Occidentale nel 2016, presenta alla Biennale di Venezia che si sta ora inaugurando “Le molte vite di Tambacounda”, un’istallazione che esplora le molteplici narrazioni associate all’ospedale.

 

Ospedale chirurgico-pediatrico di Emergency a Entebbe (Uganda): RBPW e TAMassociati

Il nuovo presidio, da poco operativo a 35 km dalla capitale Kampala, è firmato da Renzo Piano – che ha offerto il proprio contributo pro bono – con RPBW e TAMassociati. L’ospedale rappresenta un altro passo nella costruzione di una “rete sanitaria d’eccellenza in Africa”, iniziativa avviata da Emergency nel 2009, che ha già visto la realizzazione del Centro Salam di cardiochirurgia di Khartoum (Sudan), su presupposti molto simili. Nel caso di Entebbe, il progetto è nato per offrire risposta all’alto tasso di mortalità infantile nel paese, dove il 50% della popolazione ha meno di 15 anni e il 30% delle morti di pazienti di età inferiore ai 5 anni pare attribuibile alla mancanza di cure mediche.

L’edificio sorge su un lotto di 120.000 mq, messo a disposizione dal governo ugandese, che ha partecipato per il 20% ai costi di costruzione. Circondato da un giardino, dispone di 72 posti letto, 3 sale operatorie e servizi diagnostici e ausiliari (laboratorio, banca del sangue, farmacia, mensa e lavanderia). Sono inoltre presenti spazi per la formazione del personale locale e una guest house con 36 letti, per pazienti e famigliari in arrivo da altri paesi.

Per quanto riguarda il sistema costruttivo, le pareti portanti sono in terra battuta (pisé), tecnica tradizionale utilizzata per realizzare strutture massicce e monolitiche che offre ottime prestazioni d’inerzia termica e regolazione della temperatura dell’aria ambiente interna, con effetto sulla riduzione dei consumi energetici per la climatizzazione dell’edificio nel periodo estivo. La facciata principale, che guarda il lago Vittoria, è trasparente, per consentire il maggior apporto possibile di luce naturale, mentre la copertura è costituita da una struttura sospesa in zinco-titanio (Zintek) che sostiene 3.700 mq di pannelli fotovoltaici. Sei aziende del network Theatro hanno partecipato al progetto: Thema, Schüco Italia, Resstende, Pellinindustrie, AGC e Schneider Electric.

 

Burma Hospital (Myanmar): un+r Architekten

La struttura, in funzione da febbraio 2020 con 20 posti letto, una sala operatoria, una sala parto e un laboratorio, serve circa venti comunità, per un totale di 20.000 persone. Il progetto ha visto la luce dopo quasi cinque anni d’impegno da parte della ONG Projekt Burma nella pianificazione, raccolta fondi, approvvigionamento di materiali e costruzione. La maggior parte delle attrezzature ospedaliere, frutto di donazioni, è giunta in container dalla Germania.

L’ospedale sorge su una collina che guarda il mare, luogo sicuro in caso di tempeste tropicali e tsunami. Un edificio a corte a un piano funge da corpo principale. Il cortile interno, spazio comune, è il cuore dell’edificio, attorno al quale si affacciano le stanze dei pazienti, del personale, di trattamento e il dispensario. L’area di attesa si trova all’aperto, per ridurre il rischio di trasmissione di malattie. L’ala laterale, coperta da un tetto mono falda, è accessibile tramite un pergolato e ospita un reparto di isolamento con camere per pazienti infettivi, cucine autogestite, magazzini e servizi igienici.

I progettisti, come già per la scuola di Thazin, inaugurata nel 2014, hanno fatto ricorso a metodi di costruzione tradizionali, tipici dei climi tropicali, realizzando una struttura a telaio con tamponamento in mattoni. Gli scuri orientabili in legno consentono l’ombreggiamento, la protezione dalla pioggia e il passaggio dell’aria che, attraversato il controsoffitto in bambù, viene evacuata verso l’esterno, garantendo così la ventilazione. L’edificio è stato in gran parte costruito da manodopera locale, perlopiù non specializzata.

È questo il primo tassello dello sviluppo di un centro sanitario nel villaggio di Magyizin, a servizio dell’intera regione: il governo del Myanmar ha già stanziato fondi per la realizzazione di una casa per medici e personale infermieristico. Durante la pandemia di Covid-19, l’ospedale è stato anche utilizzato come centro di quarantena. Il Burma Hospital è risultato vincitore del primo premio nell’ambito del prestigioso AIT Award 2020, per la categoria “Salute”.

 

Immagine di copertina: l’Ospedale ostetrico-pediatrico a Tambacounda di Manuel Herz (© Iwan Baan)

 

Scarica la pubblicazione monografica dedicata all’ospedale di Entebbe, curata da Zintek

Autore

  • Francesca De Filippi

    Architetta e professore associato, insegna Tecnologia dell’architettura e Advanced environmental technological design al Politecnico di Torino, dove dirige anche il CRD-PVS, Centro di ricerca sui temi dell'habitat nel Global South. Temi centrali di ricerca-azione e didattica riguardano il progetto di architettura in contesti in condizioni al limite e di scarsità. Ha una lunga esperienza di coordinamento di progetti di formazione, ricerca e cooperazione internazionale in Paesi extra –UE (in particolare Africa, Asia, America Latina). Coordina il Master del Politecnico di Torino: “Techs4change. Design for social and technological innovation in Development.” È membro del Consiglio di indirizzo della Fondazione per l’architettura di Torino

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Last modified: 20 Maggio 2021