Polonia, Uzbekistan, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Argentina, Lussemburgo, Estonia, Irlanda
Dopo i top-6, il nostro giro tra le partecipazioni nazionali di Biennale#17 riparte dai Giardini, tra quei padiglioni (sono 8) capaci di interpretare intensamente la domanda di Hasim Sarkis “How will we live together?”, pur con esiti diversi.
Polonia
Il Ppadiglione Polonia mette in mostra le sue aree rurali, oltre il 90% del paese, efficacemente introdotte dal titolo “Trouble in Paradise”. Un grande diorama suggestiona con l’immagine delle campagne, al centro un tavolo allungato propone progetti (non del tutto convincenti) per nuove forme di ruralità, improntate al bene comune.
Uzbekistan
Discute temi analoghi “Mahalla: urban rural living”, la proposta (investimento importante, con inaugurazione in pompa magna e qualche occhieggiamento ad un possibile ritorno turistico) della Repubblica dell’Uzbekistan, alla prima partecipazione in Laguna: padiglione in posizione strategica alle Artiglierie e un intenso racconto della malhalla, tipologia di isolato/quartiere minimo che ospita da 150 a 2.000 abitanti. In Uzbekistan se ne contano oltre 10mila e sono un frammento di possibile convivenza contemporanea.
Arabia Saudita, Emirati Arabi e Argentina
Sempre all’Arsenale, al piano terra delle Sale d’Armi delle Artiglierie anche Arabia Saudita, Emirati Arabi e Argentina raccontano storie locali di reinterpretazione del tema. L’Arabia Saudita, pur con qualche discutibile scelta stilistica, ha il merito di dare al termine “Accomodations” un significato ampio, discusso in tre parti: hotel (con video di un certo interesse), isola (le isole della quarantena) e casa. Sullo sfondo una tensione – che la pandemia ha evidente acuito – tra la separazione forzata e l’abitare insieme. “Apre” orizzonti e visioni (affascinanti le immagini di grandissimo formato delle sabkhah, deserti di sale naturale) invece il Padiglione degli Emirati Arabi. “Wetland” è una ricerca sui materiali che porta a proporre degli innovativi mattoni “salati” – locali, sostenibili, pronti a sostituire il cemento, dicono – realizzati con i sottoprodotti della dissalazione delle acque. Coinvolgente l’allestimento.
Come quello del poco lontano Padiglione Argentina, che si concentra su “La casa infinita”. C’è un po’ di tutto in questo piccolo spazio: l’identità visiva (tutto rosa, d’altronde simbolo argentino è la Casa Rosada); l’idea di una ripetizione seriale, infinita appunto, del muro; l’architettura contemporanea del paese, attraverso molte immagini di progetti recenti. E anche una citazione (“Ognuno di noi crede di abitare una casa diversa, ma infine ci rendiamo conto che si tratta sempre della stessa, quella che condividiamo e che appartiene a tutti”) che ci accompagna al piano superiore.
Lussemburgo
Dove cambiano (e decisamente) le scale, proporzionalmente – potremmo dire – al paese. La casa del Lussemburgo (Homes for Luxembourg) non solo non è infinita, ma è invece molto misurata (50 mq o poco più). Ed è sollevata da terra, perché il Granducato ha un problema di terreni disponibili. L’edificio in legno (in scala 1:1) è modulare ed esplora modi di costruire reversibili, all’interno di un programma culturale particolarmente intenso.
Estonia e Irlanda
Rientriamo nella manica lunga dell’Arsenale per altre due partecipazioni che meritano un plauso (e una visita, ovviamente). La prima è l’Estonia, invero un po’ dimessa in quanto a installazione, ma che porta a Venezia un tema di grande impatto: piccoli e modesti spazi pubblici (d’altronde questo è l’anno di Lacaton&Vassal: grandi assenti qui ma vincitori del Premio Priztker) che riscattano condizioni di progressivo spopolamento. “Square! Positively shrinking” illustra una serie di progetti realizzati tra 2018 e 2020 in alcune città estoni (ben 45 su 47, dal 2000 ad oggi, hanno perso popolazione).
Poco più in là, si distingue, come spesso succede alle Biennali, il rumoroso Padiglione dell’Irlanda. “Entanglement” significa groviglio, come l’installazione posta al centro e disegnata da Annex, che conduce i visitatori in un virtuale centro-dati. Reti e network condizionano le nostre vite, consumano quantità enormi di energia (Dublino è capitale mondiale come hub dati e nei prossimi anni impiegherà circa un terzo della sua produzione energetica per il loro funzionamento) ma hanno anche una loro materialità, nascosta e spesso sconosciuta, molto impattante nelle future forme di convivenza.
Leggi la nostra classifica completa:
Come non perdersi tra i 60 padiglioni nazionali, la nostra classifica con il meglio e il peggio di Biennale#17
1. I padiglioni top, da non perdere
2. Più o meno belli, comunque decisamente “sul pezzo”
3. Esperienze coinvolgenti, ma che c’azzeccano?
4. Alziamo le braccia, non li abbiamo capiti
5. Nulla di indimenticabile, vivevamo anche senza