Curata da Alberto Ferlenga, la mostra al MAXXI racconta un metodo progettuale attraverso disegni, libri, appunti, schizzi e saggi
ROMA. Seguendo l’altalena a cui sono condannati i musei durante la pandemia, dal 27 aprile è nuovamente visitabile al MAXXI la grande retrospettiva su Aldo Rossi (1931-1997), dopo appena tre giorni di apertura al pubblico a marzo.
Nella galleria 2 del museo romano il curatore Alberto Ferlenga ha organizzato un ricco corpus di materiali provenienti prevalentemente dall’archivio di Rossi conservato nella Collezione MAXXI Architettura e dalla Fondazione Aldo Rossi: “un enorme, ‘disperatissimo’ lavoro prodotto negli anni per ridare dignità scientifica e nuovi strumenti all’architettura, fatto di scritti, disegni, progetti, opere e continuamente misurato sul passo delle città”. Attraverso questi materiali si può rintracciare il singolare percorso dell’architetto milanese, dall’impegno per una rifondazione disciplinare basata su principi condivisibili e trasmissibili, alla costruzione di una teoria dell’architettura ispirata più al potere evocativo della città come deposito della memoria collettiva che a un rigoroso metodo di analisi dei fatti urbani, fino all’emergere di un’idea di città quale mondo poetico legato soprattutto a una memoria individuale.
Saggi, libri e appunti: gli scritti
Questa traiettoria personale appare chiara in particolare dai testi di Rossi, esposti in forma di manoscritto o nelle loro diverse edizioni: dal saggio giovanile sull’architettura neoclassica lombarda ai mitici Documenti del Corso di caratteri distributivi degli edifici tenuto allo IUAV di Venezia negli anni sessanta, dal celeberrimo L’architettura della città del 1966, con le innumerevoli traduzioni che testimoniano la fortuna critica del libro, ai Quaderni Azzurri che dal 1968 al 1992 raccolgono appunti e schizzi in forma di diario, fino alla più intima Autobiografia scientifica del 1981. Gli scritti in mostra comprendono anche appunti per conferenze e lezioni, oltre ad articoli e lettere che rivelano metodi di lavoro, momenti di riflessione, esperienze di viaggio e una ricca rete di relazioni personali che non si limita al mondo dell’architettura e assume un respiro sempre più internazionale.
Disegni, frammenti, città
Ma sono soprattutto i disegni a catturare l’attenzione del visitatore. Quelli entrati ormai nell’immaginario di ogni architetto e quelli meno noti, per la loro capacità di andare oltre (e forse trascurare) la dimensione spaziale dell’architettura sconfinando in un mondo narrativo dalle infinite risonanze, fatto di figure archetipe radicate nella memoria collettiva e individuale. Riuniti in un unico spazio, i disegni rossiani sembrano comporre idealmente un’unica città analoga dove convivono frammenti dispersi nel tempo e nello spazio, desunti dalla storia dell’architettura e dai paesaggi dell’ordinario così come dai ricordi d’infanzia.
Proprio il frammento emerge dalla mostra come cifra distintiva del lavoro di Rossi e concetto chiave del suo metodo progettuale, come chiariscono le sue stesse parole: “Ma la questione del frammento in architettura è molto importante perché forse solo le distruzioni esprimono completamente un fatto. Fotografie delle città durante la guerra, sezioni di appartamenti, giocattoli rotti. Delfi e Olimpia. Questo poter usare pezzi di meccanismi il cui senso generale è in parte perduto mi ha sempre interessato anche formalmente”.
Nella mostra è la dimensione della città a tenere insieme tutti i frammenti, evocando da una parte il tema centrale della riflessione di Rossi intorno all’architettura e, dall’altra, declinato al plurale nel titolo, il contesto internazionale in cui si proietta la sua attività professionale a partire dagli anni ottanta. Un lunghissimo elenco in ordine alfabetico delle città del mondo toccate dai suoi progetti guida il visitatore accompagnando la spina centrale che costituisce l’asse portante dell’allestimento, dove si organizzano elaborati grafici, foto, testi e una serie straordinaria di quaranta grandi modelli.
Il focus sul cimitero di Modena
La sequenza dei progetti si conclude con una sezione speciale dedicata al cimitero monumentale di San Cataldo a Modena, identificato dal curatore come il punto di passaggio dalla fase della giovinezza alla maturità. Le tavole e la relazione presentate con Gianni Braghieri al concorso nel 1971 testimoniano l’interesse di Rossi per gli illuministi francesi, ma anche la sua capacità d’interpretare il senso profondo dei luoghi, dal contiguo cimitero neoclassico al paesaggio anonimo della periferia urbana.
Le foto di Luigi Ghirri, pubblicate su “Lotus International” nel 1983, esaltano il senso di ordine e malinconia che il frammento realizzato è in grado di esprimere. L’opera continua tra l’altro a esercitare il suo fascino anche sulle giovani generazioni, visto che di recente è stata completata mediante realtà virtuale da un gruppo di architetti under 35, con la collaborazione dello stesso Braghieri, nell’ambito del progetto AVR (Augmented and Virtual Reality) dell’Ordine degli Architetti di Modena. Inoltre, la stessa Amministrazione comunale ha dichiarato l’intenzione di completare il progetto originario, rimasto interrotto, destinando la parte di nuova realizzazione a funzioni culturali e di pubblico servizio.
Il percorso della mostra si conclude con una galleria d’immagini delle opere di Rossi riprese da importanti fotografi come Gabriele Basilico (Ritratti di edifici) e con la proiezione del documentario Ornamento e delitto, realizzato con Braghieri e Franco Raggi nel 1973 per la XV Triennale di Milano.
In occasione della mostra, Ferlenga ha curato anche la pubblicazione Aldo Rossi. I miei progetti raccontati, che raccoglie la conferenza tenuta dall’architetto milanese alla Cooper Union di New York nel 1977 e le relazioni scritte nel corso della sua attività professionale. Una testimonianza preziosa che conferma anche nella scrittura un metodo di lavoro analogico fondato sull’associazione d’immagini e pensieri, frammenti letterari in grado di scatenare inaspettate reazioni poetiche.
Immagine di copertina: Aldo Rossi con la caffettiera La conica, disegnata per Alessi (courtesy Fondazione MAXXI)
Aldo Rossi. L’architetto e le città
a cura di Alberto Ferlenga in collaborazione con Fondazione Aldo Rossi
MAXXI – Museo nazionale delle arti del XX secolo
10 marzo (riapertura 27 aprile) – 17 ottobre 2021
dal martedì alla domenica, dalle 11 alle 19
Pubblicazione: Aldo Rossi. I miei progetti raccontati, a cura di Alberto Ferlenga, Electa, Milano 2020


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Last modified: 7 Maggio 2021