La complessità della gestione pandemica ha accresciuto le difficoltà per chi è affetto da tale disagio. Gli strumenti e i metodi per ridurlo
La pandemia ha messo in luce e acuito evidenti disuguaglianze a livello mondiale, soprattutto per ciò che riguarda l’assistenza sanitaria verso categorie deboli, improvvisamente passata in secondo piano rispetto all’impegno strategico ed economico messo in campo dalla macchina politica per fronteggiare la diffusione e le devastanti conseguenze del Covid-19. Il dato sembra essere ancora più critico se alla sospensione di alcuni servizi, spesso essenziali, associamo concomitanti problemi di reddito dei nuclei familiari, ridotta mobilità verso l’esterno e vissuto quotidiano in ambienti inadatti a una permanenza attiva e prolungata.
Le persone con disturbi dello spettro autistico (ASD) subiscono quindi, ormai da più di un anno, un generale aggravamento della loro condizione. Per questa ragione, in occasione della Giornata mondiale dedicata alla consapevolezza sull’autismo (2 aprile), abbiamo voluto introdurre alcune riflessioni riguardanti il rapporto che lega design e architettura con la gestione dell’epidemia e dei fattori di stress psichico ad essa associati per le persone con disabilità intellettiva e autismo (PcDI/A).
L’importanza degli spazi e della loro organizzazione
All’interno della guida pubblicata dalla Fondazione italiana per l’autismo (FIA) si rilevano alcune parole chiave di grande interesse per i progettisti, come il “superamento delle barriere”, i “rischi legati all’isolamento”, “i rischi legati ai drastici cambiamenti dei luoghi e dei modi di vivere” e gli “ambienti protettivi”. Tutti i fattori di rischio analizzati e i relativi consigli sono fortemente legati agli spazi e alla loro organizzazione, aspetto che i badanti considerano di estrema importanza nella vita delle persone che soffrono di autismo.
Da diversi anni, a livello internazionale, si registrano esperimenti finalizzati alla progettazione di città letteralmente “più gentili”, ma a partire dal 2020 il focus si è gradualmente spostato sugli interni, al fine di rendere gli spazi idonei per accogliere e gestire l’incremento di “hypersensibility” nei giorni di lockdown forzato. Ai trigger sensoriali e visivi comuni che hanno un impatto negativo sul comportamento dei soggetti ASD (i cambiamenti visivi nell’ambiente, lo spazio indefinito, le fonti di luce e le fonti di rumore), quindi, bisogna aggiungere altri elementi scatenanti come la riduzione degli stimoli, la monotonia e la tendenza generale al disordine causata dalla presenza prolungata di altre persone.
Nuove routine e strumenti digitali per mantenere l’attività
In linea di massima, quindi, il rapporto con lo spazio abitato può esasperare i problemi comportamentali. Un modo per favorire l’adattamento delle PcDI/A ai cambiamenti imposti dall’emergenza Covid-19, ad esempio, è quello di sostituire gradualmente alla routine che non può essere conservata una nuova routine che preveda la frequentazione dei luoghi consentiti e la pianificazione di attività diverse nel corso della giornata, tenendo presente le preferenze della persona. I luoghi consentiti possono essere sensibilmente limitati (la propria abitazione) e ciò richiede che pur all’interno di spazi ridotti si provi a differenziarne alcuni, da abbinare a un certo momento o attività: sapere che la mattina si potrà utilizzare il computer e, in seguito, ci si trasferirà in cucina per preparare il pranzo con la collaborazione di un assistente e, dopo il pranzo, ci si potrà riposare, può essere più rassicurante che avere di fronte una giornata da occupare uguale a tante altre e senza un programma definito.
Dal punto di vista dell’interazione, invece, le linee guida chiedono di orientare l’attenzione verso oggetti o stimoli rilassanti o comunque non distressogeni presenti nell’ambiente. Si stanno sperimentando, inoltre, strumenti digitali per mantenere le PcDI/A attive, come assistenti virtuali in grado di riprogrammare un’agenda che contempli attività che possano esser svolte in casa, sia occupazionali, sia motorie, che ricreative (ad esempio: cura di sé e della propria igiene, mettere in ordine la propria stanza, accudire il proprio animale domestico, fare ginnastica). L’uso di agende visive può essere di grande aiuto, inserendo sequenze d’immagini, disegni o testi che descrivono in anticipo ciò che succederà nel corso della giornata.
Appare chiaro, quindi, che molte famiglie siano state costrette in pandemia a rivoluzionare i propri spazi o a sperimentare prodotti che gradualmente, grazie al contributo della comunità scientifica e accademica, iniziano a proporre valide soluzioni per giocare, potenziare l’attività motoria, educare e proteggere/contrastare l’insorgere di crisi improvvise.
Per questa ragione, nei prossimi approfondimenti daremo spazio alla presentazione di concept di prodotto finalizzati a migliorare la qualità della vita delle persone autistiche, analizzando la complessità della ricerca sul campo e l’importanza del coinvolgimento di team multidisciplinari (associazioni, psicologi, formatori direttamente impegnati nella quotidiana assistenza) in grado di affiancare architetti e designer nello sviluppo di soluzioni avanzate per la valorizzazione dell’esistenza delle persone nello spettro.
Il primo appuntamento sarà riservato a “Co.Meta”, Laboratorio di metaprogetto del 2° anno del corso di Disegno Industriale (Scuola del Design – Politecnico di Milano), il cui obiettivo didattico è quello di sensibilizzare gli studenti all’utilità sociale del design, ponendo al centro del processo formativo temi etici e ambientali. Main partner è la Fondazione Trentina per l’Autismo, al cui innovativo centro “Casa Sebastiano” sono destinati i prodotti realizzati nel Laboratorio.
Immagine di copertina: il progetto Pooki, considerato base di una nuova generazione di giochi in grado di rispondere realmente alle esigenze dei bambini affetti da ASD
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coronavirus , interni
Last modified: 2 Aprile 2021