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Written by: Progetti

La casa vegetariana. Sandberghof, 3 secoli e non sentirli

La casa vegetariana. Sandberghof, 3 secoli e non sentirli

In Germania, uno storico complesso è stato recuperato ecologicamente a cohousing, dimostrando il valore del patrimonio e delle tecniche tradizionali

 

DARMASTADT (GERMANIA). Dodici persone, tra i sessanta e gli ottant’anni, vivono nel Sandberghof, un piccolo complesso vecchio di tre secoli che, senza il loro impegno, sarebbe stato demolito. La qualità architettonica del recupero è parte dello stile di vita degli abitanti, che comprende attività culturali e sociali, scelte consapevoli riguardo alla mobilità, prevenzione dei conflitti interni, centratura sul senso comunitario dell’esperienza di cohousing, tanto all’interno che nelle relazioni con il quartiere circostante. Gli abitanti sono responsabili della gestione del complesso; ciascuno ha compiti come la cura del giardino, la pulizia delle aree comuni, l’amministrazione, le riparazioni. Durante la nostra ultima visita, nell’estate 2019, abbiamo potuto constatare come dopo quasi tre lustri dalla fine dei lavori, le opere di recupero cauto basate sull’impiego di materiali naturali hanno dato prova di ottima durabilità. Intonaci interni ed esterni, legno a vista ecc. sono tuttora in perfette condizioni. Solo le piante manifestano l’evidente passaggio del tempo, essendo cresciute rigogliose nelle tre corti del piccolo complesso.

Tutto comincia nel 2003, quando un gruppo di over 55 interessati a un progetto di vita comunitaria e di sostegno reciproco compra dalla Città di Darmstadt un piccolo complesso nel centro di Bessungen. La proprietà comprende un edificio principale a graticcio, risalente al 1758 circa, un ex granaio e fabbricati minori. Lothar Helm, un membro del gruppo, dichiara: “C’è un’affinità tra la convinzione che gli anziani non siano una forma di esistenza socialmente inutile (…) e la volontà di recupero prudente di una vecchia casa strettamente legata alla storia del quartiere, e svilupparvi una forma di convivenza nella vecchiaia, in cui vediamo un’alternativa alla solitudine e all’isolamento”. L’obiettivo è realizzare spazi per la residenza e il lavoro, nonché per il tempo libero, adatti alle esigenze attuali e future – per esempio, privi di barriere o almeno adattabili in vista di una mobilità ridotta.

 

Il progetto di recupero

Ne sono incaricati Ute Schauer e Franz Volhard, che effettuano un’analisi accurata dell’edificio storico e ne descrivono dettagliatamente il restauro, che riprende le tecniche costruttive originarie. Il prezzo di acquisto dell’immobile è di 190.000 euro, i costi di costruzione ammontano a 1,3 milioni; tutti coperti dai membri del gruppo, che svolgono anche parte dei lavori, durati dal 2005 al 2007.

L’attenzione ai costi e il rispetto della storia hanno portato gli architetti a preservare la struttura e l’impianto distributivo dell’edificio principale, che è stato suddiviso in quattro appartamenti privati: tre di 67-77 mq, uno dei quali su due livelli, e uno di 44 mq. A ogni coppia sono state assegnate due stanze che possono essere usate in modo flessibile, una sala da pranzo/cucina con dispensa e un bagno.

Gli spazi condivisi coprono una superficie totale di 108 mq, offrono un’alta qualità abitativa e la loro varietà permette sia la convivialità che il raccoglimento. Il laboratorio contiene anche una lavanderia, un grande bagno e una sauna. L’ex granaio è il principale spazio comunitario: una stanza ampia e luminosa utilizzata come sala da pranzo, biblioteca e sala da musica. Il sottotetto è stato trasformato in studio e stanza per gli ospiti e può essere facilmente convertito in un piccolo appartamento. I giardini sono ben curati e vi crescono alberi da frutto, ortaggi, erbe aromatiche e fiori.

Nel corso dei secoli, l’edificio era gradualmente sprofondato, portando a differenze di altezza fino a 20 cm e a una rotazione delle pareti. I telai sono stati riportati nella loro posizione per mezzo di argani, ripristinando l’orizzontalità dei solai. Le fondazioni sono state consolidate, travi lignee sono state aggiunte per ridurre le luci, e alcuni giunti sono stati irrigiditi con profili d’acciaio.

 

Terra-paglia, argilla, canne, cellulosa e calce

Nei ripristini, così come nella realizzazione di nuove parti, è stata messa in opera una ricca gamma di soluzioni costruttive in terra cruda. I tamponamenti delle pareti, in terra-paglia su canniccio (Flechtwerk), sono stati mantenuti e riparati. Le nuove partizioni e il riempimento degli spazi tra nuove travi d’irrigidimento nei solai sono in mattoni di terra alleggerita legati con malta di argilla fibrorinforzata. Nei solai, i rotoli di terra alleggerita di tamponamento sono stati conservati o sostituiti. La terra-paglia è stata impiegata anche per i sottofondi dei pavimenti in legno. Con pannelli sottili di terra alleggerita su montanti lignei sono state create intercapedini per la posa dell’isolante. È stato fatto largo impiego d’intonaci in argilla.

Sulle facciate ovest e nord, più esposte alle intemperie, il graticcio in legno, in cattive condizioni, è stato rivestito con stuoie di canne, intonacate a calce: lasciarlo a vista sarebbe stato troppo costoso, avrebbe comportato una minore durabilità e richiesto una manutenzione intensiva. Sulla facciata est, la struttura a graticcio è invece stata mantenuta visibile, e solo i tamponamenti sono stati intonacati.

Tutte le pareti perimetrali sono state isolate dall’interno, con uno strato di 60-100 mm di cellulosa. Non si tratta di una scelta solo dettata dal rispetto dell’aspetto esterno dell’edificio: contrariamente alla teoria e alla pratica correnti, Volhard isola gli edifici, anche di nuova costruzione, dall’interno. La condensazione interstiziale viene evitata usando materiali capillari e permeabili al vapore.

 

Un intervento controcorrente, ma riuscito

Il Sandberghof ha dimostrato il valore sociale, ecologico e di conservazione del patrimonio.

È possibile conservare il calore e gestire l’umidità con materiali naturali, senza derivati dal petrolio; è conveniente costruire tramezzi e tamponamenti con metodi low-tech che rappresentano un’evoluzione sensibile delle tecniche tradizionali; è sensato recuperare anziché demolire e ricostruire, alterando in modo rispettoso un edificio storico per accogliere nuove funzioni grazie a un dialogo con le autorità improntato alla ragionevolezza, e realizzando un modello di convivenza solidale e armoniosa.

 

L’impatto ambientale

La trasmittanza termica dell’involucro (U=0,4 W/mqK) è la metà del valore ammissibile secondo l’EnEV allora in vigore. È interessante notare che il fabbisogno energetico di 92 kWh/mqa, calcolato sulla base dell’EnEV, è molto peggiore del consumo reale, che è di 56-70 kWh/mqa (2500-3200 kWh/ab*a) a seconda delle annate. I modelli di calcolo offerti da software e norme spesso non riescono a descrivere il comportamento degli edifici antichi e dei materiali naturali. L’edificio pesa 470 tonnellate (ovvero 1143 kg/mq), di cui 306 introdotte nell’intervento di recupero; il 58% del peso è costituito da materiali naturali. Anche grazie a questo, i valori dei due principali indicatori di impatto ambientale “inglobato” sono particolarmente bassi. L’energia grigia è di 1.571 GJ (3.823 MJ/mq, 3,35 MJ/kg, 175 MJ/ab) calcolata secondo Ökobaudat, 1.082 GJ (2.633 MJ/mq, 2,30 MJ/kg, 120 MJ/ab) secondo ICE. Le emissioni di gas a effetto serra inglobate sono -38 tonnellate di CO2 equivalente (-92 kg/m2, -0,08 kg/kg, -4218 kg/ab) calcolando con Ökobaudat, 72 tonnellate (174 kg/mq, 0,15 kg/kg, 7952 kg/ab) con ICE.

 

Chi è il progettista

Franz Volhard (1948) è partner dello studio associato Schauer + Volhard a Darmstadt. Dal 1980 ha progettato e costruito numerosi edifici in “terra alleggerita” o terra-paglia (Leichtlehm). Ha contribuito alla rinascita delle tecniche di costruzione tradizionali in Germania, reinterpretandole anche con prodotti industriali. Nel 1983 ha pubblicato Leichtlehmbau. Alter Baustoff – neue Technik, in cui ha esaminato sistematicamente le tecniche di costruzione in terra alleggerita per promuoverne l’impiego e la regolamentazione. Continuamente arricchito e aggiornato nelle edizioni successive, il libro è stato probabilmente il primo trattato moderno sulle costruzioni in terra in Europa. Volhard pensa che altre tecniche tradizionali come il cob o la terra battuta non siano adatte agli edifici contemporanei, almeno nei muri perimetrali. Volhard è l’autore principale dei Regolamenti sulla terra nelle costruzioni, pubblicati nel 1998 e adottati da quasi tutti gli stati tedeschi.

 

Autore

  • Martina Bocci e Andrea Bocco

    Andrea Bocco è professore di Tecnologia dell’architettura al Politecnico di Torino e direttore del Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio. Insegna "Appropriate technology and low-tech architecture". Si è occupato di rigenerazione urbana, sviluppo locale, community hub, spazio pubblico. Ha fondato e diretto l’Agenzia per lo Sviluppo Locale di San Salvario (Torino). Le sue ricerche e pubblicazioni concernono, tra l’altro, Bernard Rudofsky, Yona Friedman, analisi dell’ambiente costruito, rigenerazione di villaggi montani, nonché ontologia applicata all’architettura e l’edilizia. Negli ultimi anni ha concentrato l’attenzione sull’architettura contemporanea low-tech, la costruzione con materiali naturali, e la misurazione dell’impatto ambientale di tecniche e stili di vita "alternativi". Martina Bocci è laureata in Architettura al Politecnico di Torino con una tesi sulle tecniche di costruzione in terra, ha ottenuto una borsa di ricerca sulla misurazione dell'impatto ambientale di edifici low-tech. Attualmente sta svolgendo il dottorato (URD al DIST) sul ruolo della conservazione e trasmissione delle tecniche di costruzione tradizionale sullo sviluppo locale. Co-fondatrice di Accademia nel Cantiere (AnC), no-profit che si occupa di progettazione, ricerca e costruzione con materiali naturali.

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Last modified: 9 Luglio 2021