Un ritratto dell’architetto attivo a Roma a inizio Ottocento, di cui ricorre il secondo centenario della morte
Poco si sa di Raffaele Stern. La sua famiglia, di antica origine olandese, vantava già diversi artisti. Nacque a Roma il 13 maggio 1774 e nulla si sa di preciso sulla sua formazione.
Nel 1804 è al lavoro nella ricostruzione della cappella Paolina nel Palazzo del Quirinale. L’anno successivo dirige i lavori di costruzione dello sperone sud del Colosseo, mentre nel 1806 comincia a progettare per Pio VII un nuovo braccio dei Musei Vaticani. Niente di certo fino al 1811 quando, al servizio dei francesi che governavano Roma dal 1809, è ancora al Colosseo a dirigere i lavori di sterro del monumento.
Nel breve periodo del dominio francese è inviato da Napoleone a studiare le più moderne soluzioni adottate nei palazzi del Louvre e a Versailles, in virtù dell’incarico affidatogli di trasformare il Quirinale nel palazzo imperiale romano. A Parigi, Stern ha occasione di frequentare l’ambiente dell’Ecole Polytechnique, all’avanguardia nel panorama architettonico e tecnico dell’epoca. Nel 1812 diviene professore di Architettura teorica all’Accademia di San Luca di Roma.
L’essersi messo al servizio degli invasori d’oltralpe non deve aver danneggiato la sua immagine, se è vero che nel 1814, tornato a Roma il papa, venne chiamato come architetto alla fabbrica di San Pietro e fu nominato membro del Consiglio di Belle arti. Nel 1817 hanno inizio sotto la sua direzione i lavori di costruzione del braccio Chiaramonti dei Musei Vaticani, di gran lunga la sua opera più importante. Francesco Gasparoni, cronista contemporaneo di Stern, così commenta la perfetta illuminazione delle sale: «Spandesi per tutto il grande ambiente una luce eguale e tranquilla, qual si conviene all’uso del loco. Poveri quadri di Raffaele, di Domenichino e Caravaggio, perché non siete voi quivi che pur una volta potrei vedervi, e vi ho nondimeno baciati e toccati tante volte in ventitre anni prossimi a compiersi che abito in Roma, eppure non vi ho ancora veduti? dico veduti a luce artistica che è la eguale la tranquilla, quella sola che grande piove dall’alto de’ volti».
Alla sua morte, avvenuta il 30 dicembre 1820, sembra per una caduta dalle scale in circostanze misteriose, era vicepresidente dell’Accademia di San Luca. Le sue spoglie riposano nella chiesa romana di San Lorenzo in Lucina.
Le Lezioni di architettura teorica di Stern sono un documento di enorme valore per la storia dell’architettura del XIX secolo: si tratta delle lezioni tenute da Stern all’Accademia di San Luca, ove una nuova generazione di architetti si formò per la prima volta in una scuola in cui erano state recepite alcune nuove istanze tecniche e compositive figlie della temperie illuminista. La modernità del testo risiede in una nuova modalità dell’esposizione della materia progettuale adottata da Stern, che aveva strutturato le sue Lezioni con la chiara intenzione di farne un manuale tecnico di progettazione architettonica. Lo s’intuisce dalla razionale suddivisione dello scritto in capitoli e paragrafi, raccolti in tre parti che concernono, la prima, i temi generali della composizione architettonica e, le altre due, rispettivamente gli edifici privati e quelli pubblici. Alla prematura morte dell’insegnante, il manuale, incompleto per una piccola parte, rimase però inedito. Solo per l’iniziativa di Antonio Sarti, allievo e poi anch’egli docente a San Luca, nel 1822 fu pubblicata a Roma la prima parte delle Lezioni; le altre due, nonostante lo stesso Sarti, annunciandone la pubblicazione, le giudicasse le più interessanti dell’intero scritto, sono rimaste inedite.
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Last modified: 23 Dicembre 2020