Riceviamo e pubblichiamo una lettera legata agli affidamenti d’incarico con le cosiddette procedure d’emergenza
Il 1° ottobre 2020 il Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 ha pubblicato il bando di una gara per l’aggiudicazione di “21 lotti di interventi di emergenza nelle terapie intensive e i pronti soccorsi della rete ospedaliera nazionale”, come prescriveva un decreto convertito in legge in aprile, impiegando quindi ben sei mesi per avviare un procedimento con carattere di emergenza. Sei mesi in cui si sarebbe potuto preparare i nostri ospedali ad affrontare la annunciata seconda ondata del virus e che invece se ne sono andati via inutilmente, come le cronache odierne dimostrano. In un patetico tentativo di recuperare in extremis il principio di emergenza il bando, in modo insensato e ribaltando l’onere sui partecipanti, prevedeva 12 giorni (il 6,7% dell’intero procedimento) e nessuno sconto sulle procedure per presentare offerte relative a lotti di lavori che in certi casi sfiorano i 10 milioni. Il 15 ottobre, con rapidità inspiegabile (in Piemonte) sono stati aggiudicati i lotti.
Di dare avvio immediato ai lavori, nelle more della stipula dei contratti come l’emergenza richiederebbe e la legge concede, però, neanche a parlarne. È solo ricominciata per gli aggiudicatari l’affannosa produzione di giustificativi dei propri requisiti in numero e tipo eccedente addirittura quelli di una gara simile in situazione normale. E ora, nonostante sia stata soddisfatta ogni brama più o meno legittima dell’apparato burocratico che sovrintende localmente all’attuazione del bando, il silenzio è di nuovo calato. Da più di un mese professionisti e imprese ignorano infatti quale sia la natura dei lavori da effettuare e quando dovranno attivarsi. Con buona pace del principio di emergenza e dei giornali del Nord Europa che in questi giorni iniziano a esprimere qualche motivato dubbio sulla capacità dell’Italia di gestire l’uscita dalla crisi pandemica con atteggiamento strategico e obiettivi chiari.
Lo scandalo della gestione inappropriata di una procedura di emergenza, indifferente ai propri obiettivi e al drammatico contesto, non costituisce purtroppo un’eccezione nell’ambito dei lavori pubblici in Italia. Dà solo la misura dell’incapacità del nostro sistema amministrativo di cambiare il passo, anche quando sarebbe indispensabile per difendere la vita dei cittadini.
Un cambio di passo sarebbe invece necessario per eliminare vizi incompatibili con tempi e procedure di un’economia moderna. Intanto, si potrebbe iniziare da quello più pernicioso che, come abbiamo visto, consiste nella propensione a sperperare il tempo a causa dell’incapacità di definire rapidamente gli obiettivi e di organizzarli in un percorso amministrativo inattaccabile. Salvo poi recuperare il ritardo imponendo marce forzate a coloro che, occupandosi della progettazione delle opere, si collocano in una fase del processo che il nostro apparato burocratico ritiene evidentemente trascurabile. Peccato che l’esagerata contrazione dei tempi di progetto si rifletta sulla qualità del prodotto finale e, quindi, sulla corretta allocazione della spesa pubblica (che è responsabilità dei gestori dei bandi). In poco tempo non è possibile fare buoni progetti. Tanto meno sviluppare disegni esecutivi in grado, come pretende il Codice, d’inchiodare il prezzo costruendo argini solidi alle riserve delle imprese. Progetti non dettagliati diventano facili ostaggi delle proposte al ribasso dei costruttori e producono soluzioni architettoniche forzatamente banali. Provocano cioè quello svilimento della qualità dei lavori pubblici che in Italia è un dato di fatto.
E pensare che basterebbe l’obbligo di prevedere tempi minimi di progettazione rapportati alla dimensione e complessità del tema, per costringere la burocrazia a sfruttare meglio il tempo a propria disposizione e concedere ai progettisti la possibilità di svolgere il proprio lavoro esprimendo al meglio la propria competenza. Concedendo più tempo si potrebbe inoltre richiedere maggiore qualità, con beneficio per i cittadini e per il mercato della progettazione. I primi usufruirebbero di opere pubbliche ben fatte e forse anche belle, certamente pagate il prezzo giusto. Il secondo si sbarazzerebbe dalla zavorra dei professionisti di basso profilo che oggi nascondono la propria incapacità dietro alla scusa della mancanza di tempo (accettata “obtorto collo” dai responsabili del procedimento), consolidando invece la posizione di coloro che sapranno adeguarsi alle nuove regole del gioco.
Gli architetti avrebbero così qualcosa di concreto da offrire, in cambio della concessione della mitica legge sulla qualità dell’architettura, di cui la categoria favoleggia da anni: la loro reale capacità di perseguirne gli obiettivi con prodotti sempre all’altezza delle aspettative.
Immagine di copertina: il bradipo impiegato nel film d’animazione Zootropolis, di Byron Howard e Rich Moore (Walt Disney Animation Studios, 2016)
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appalti , coronavirus , lettere al Giornale
Last modified: 10 Dicembre 2020
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