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Written by: Patrimonio

Manoel Island a Malta, l’ennesima occasione mancata?

Manoel Island a Malta, l’ennesima occasione mancata?

Il monumentale ex lazzaretto della Valletta versa nel degrado, in attesa che si attui il solito piano di valorizzazione di lusso. Ma lo scenario post pandemico potrebbe cambiare le carte in tavola…

 

LA VALLETTA. Il Lazzaretto di Malta (mirabile complesso sei-settecentesco dove fra gli altri soggiornò lord Byron, nonché landmark inconfondibile nel porto della Valletta) versa in un desolante stato di degrado. Nonostante del suo destino si discuta dal lontano 1969, nonostante Foster+Partners abbiano firmato un anodino sviluppo ad usi misti, che tenta di suggellare con la solita griffe paludata un’operazione osteggiata da più parti. Organizzazioni non governative di vario genere hanno più volte chiesto al governo e a MIDI, la società in carico del progetto, di riconsiderare i piani previsti (un mix di spazi commerciali, residenze e hotel di lusso) in favore d’iniziative che rispondano alle reali necessità degli attuali residenti della zona, una delle più congestionate e densamente urbanizzate della capitale. Hanno ottenuto l’inserimento di un parco da 8 ettari e puntato i piedi sul diritto alla pubblica balneazione. Perché il complesso monumentale si trova su un’isola di 30 ettari, con accesso da un ponte artificiale; e non è difficile prevedere che i forti investimenti in gioco (500 milioni) si tradurranno prima o poi nella realizzazione dell’ennesima dorata gated community del capitale globalizzato. Considerato nel più ampio contesto a scala nazionale, il progetto per Manoel Island rischia purtroppo di qualificarsi come l’ennesima occasione mancata. Mentre poteva essere un’operazione di reale sviluppo sostenibile, in opposizione all’incontrollato boom edilizio recente nella capitale maltese.

Qualcosa del compound storico di quarantena, successivamente base di sommergibili britannici, è stato a dire il vero sin qui ripristinato: lo splendido Fort Manoel (già svilito a location di matrimoni), il cosiddetto “Bovile” e la cappella cimiteriale di San Giorgio. Ma il grosso nodo dei 5.000 mq del Lazzaretto, una schiera di storici palazzi lapidei stratificati lungo trecento anni, con suggestivi ambienti voltati a costoloni, scalinate su archi rampanti e balconate rette da mensoloni rimane di fatto ancora inaffrontato. Con tutto il carico di problemi strutturali originati dall’erosione salina della pietra calcarea e le svariate superfetazioni da eliminare – onduline, putrelle, inserti cementizi in balaustre e scalini. Un progetto di restauro del 2004-7, del consorzio Aom – l’ultimo ufficializzato, il Marina Village  – prevede mantenimento e riparazione di tutti gli elementi originali recuperabili, fatto salvo il riuso commerciale dei piani terra (nel cosiddetto “Palazzo nuovo”, nei magazzini di quarantena merci e nel “blocco de Rohan”), con un più disinvolto ridisegno a duplex dei livelli superiori, già largamente compromessi, negli stessi corpi. La quota di residenziale, per inciso, va a sommarsi al nuovo sviluppo previsto nella porzione sud-occidentale dell’isola, in tutto 600 unità. Per contro, l’originario “Palazzo vecchio” e il “Convento delle suore”, sotto vincoli di tutela più stretti, dovrebbero ospitare un hotel e/o un casino – le informazioni divergono – oltre che un blocco uffici. Si prevede inoltre di restringere la banchina e replicare le arcate della loggia a mare del Palazzo nuovo anche nel corpo adiacente (con ciò evidentemente moltiplicando la dotazione di botteghe e punti ristoro), riproponendo l’assetto perduto, oggi documentabile solo attraverso fotografie d’epoca.

In effetti Malta è molto cambiata, e ancor più recentemente. Quando, a inizio anni ’90, il programma per lo sviluppo di Manoel Island prese forma con leisure e residenze per milionari, il Paese era ancora lontano dall’ingresso nell’Unione Europea e si stava reinventando dopo quasi vent’anni di governo di stampo comunista. Aveva senso, allora, l’adozione di modelli di partenariato pubblico-privato per generare stimoli economici, ma soprattutto per distribuire gli oneri di restauro e manutenzione di un portfolio di patrimonio costruito sproporzionato alle risorse statali dell’epoca. La situazione è ora all’esatto opposto: basti pensare che Malta è il paese con la percentuale di crescita annuale del PIL più alta d’Europa (+4%).

Resta (tristemente) da sperare nel drastico cambiamento di rotta imposto dall’emergenza sanitaria: in uno scenario post-Covid forse si rivaluterà l’importanza degli spazi pubblici, del verde e della coesione sociale.

Autore

  • Michela Morgante e Erica Giusta

    Michela Morgante è architetta e dottore di ricerca in Urbanistica. Si occupa di storia urbana contemporanea e ha insegnato “Storia della città e del territorio” e “Storia del paesaggio italiano” presso Conservazione dei Beni Culturali a Ravenna. Tra i temi indagati, in saggi su riviste e monografie: la tutela storico-artistica nella pianificazione delle città italiane tra Otto e Novecento, le dinamiche edilizie della ricostruzione post-bellica, l’infrastrutturazione del territorio per il governo delle acque, le politiche territoriali di area vasta. Le pubblicazioni più recenti riguardano la rappresentazione delle città d’arte italiane bombardate durante la Seconda guerra mondiale, in chiave di propaganda. Collabora con "Il Giornale dell'Architettura" dal 2004. Erica Giusta (Cuneo, 1988) si laurea presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino con una tesi di ricerca in collaborazione con la Technische Universitaet di Berlino. In seguito a un master in Comunicazione e media digitali alla Business School del Sole 24 Ore, si traferisce a La Valletta (Malta) dove lavora presso lo studio di architettura AP Valletta. Parte dell’Associazione culturale per l’architettura contemporanea "Zeroundicipiu", collabora con Il Giornale dell’Architettura dal 2013.

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Last modified: 13 Maggio 2020