La biografia dell’architetto milanese, già preside della Scuola di Architettura civile del Politecnico di Milano, caratterizzata dallo stretto rapporto con la ricerca e il mestiere
MILANO. Il 10 dicembre scorso, durante la funzione che salutava in Sant’Ambrogio Antonio Monestiroli, mi sono chiesto quante volte il suo sguardo – aggiustati gli occhiali e affinata la vista come usava fare – avesse esaminato le forme di quel luogo amato per indagarne la bellezza e la ragione. Per poi discuterne in profondità e con la consueta ironia. Ho immaginato anche che la domanda fosse nell’aria tra i moltissimi amici e colleghi presenti, venuti da tutta Italia per celebrare un protagonista dell’architettura che si è sempre interrogato in modo franco sulla realtà, pronto a mettersi in discussione attraverso il confronto aperto, evitando con decisione la comoda strada dell’autocompiacimento. Credo che alla base della tensione civile di cui Monestiroli è stato gran sostenitore ed esempio vi sia soprattutto, insieme alle molte sue qualità, una forma di generosità intellettuale di stampo illuminista, parte fondante della sua personalità e del suo modo elegante di agire nella società, nella cultura e nell’insegnamento.
Per molti anni, chiamato ad un’intensa attività politico-culturale, Monestiroli ha svolto ruoli di rilievo in ambiti accademici e pubblici sviluppando rapporti e scambi stimolanti tra architettura e società civile, riuscendo con naturalezza ad armonizzare gli obiettivi istituzionali con un interesse conoscitivo autentico. Altrettanto intenso e appassionato è stato l’impegno per la sua città – come il confronto internazionale promosso alla Triennale di Milano nel 1995 – con l’obiettivo di portare ai tavoli della discussione soluzioni meditate, storicamente fondate e ricche di continuità e futuro.
La stessa idea d’identificare una Scuola di Milano nella ricca vicenda metropolitana – tesi a lungo dibattuta nella comunità scientifica – ha avuto lo scopo di riconoscere nell’architettura milanese la presenza di una radicata quanto variegata linea di continuità da contrapporre alla mancata dialettica urbana dei numerosi interventi recenti di tipo speculativo-commerciale, per lo più prodighi di pretese modernità dal corto respiro.
L’insegnamento ha attraversato l’attività di Monestiroli in uno stretto rapporto con la ricerca e il mestiere. Ciò ha consentito di definire progressivamente una precisa idea di scuola basata anche sulle sperimentazioni didattiche vissute a Milano e a Pescara, dove il rapporto con gli studenti era stato particolarmente proficuo e costruttivo. Da preside della Scuola di Architettura civile del Politecnico di Milano, proseguendo l’ottimo lavoro iniziato con l’amico Antonio Acuto suo predecessore, Monestiroli ha saputo coniugare efficacemente la solida esperienza di architetto, docente, ricercatore e studioso della città con il rinnovato quadro normativo europeo, realizzando a Bovisa un assetto istituzionale inedito che, durante il suo mandato, ha prodotto risultati di alto livello ed una riconoscibilità non solo nazionale.
Il complesso dell’attività di Monestiroli rispecchia con precisione e coerenza questa visione o meglio, come amava dire, il punto di vista. In esso l’aspetto corale della discussione e della critica – sistematicamente sollecitata con interventi e scritti sull’architettura e la città – diventa, come è giusto che sia, lo sfondo per le elaborazioni e le conclusioni individuali dove ciascuno si mette in gioco senza alibi o protezioni. Una condizione di sfida sempre apprezzata e accolta da Monestiroli nella cui architettura, rigorosa nell’esprimere con evidenza l’idea costitutiva e in linea con la passione per l’opera di Mies van der Rohe trasmessa a molti, compaiono spesso i segni di una ricerca e di una tensione ulteriori. Una tensione che, volendo accennare alle genealogie, ai riferimenti e ai rapporti dichiarati, riguarda anche l’interesse e l’ammirazione per l’architettura di Aldo Rossi e per lo sforzo dialettico che ne ha caratterizzato l’opera tra ragione e sua esaltazione.
Nel ricordare l’amico e il maestro da me sempre sentito come un fratello maggiore, sono davvero contento che nel corso dell’ultimo triennio la Scuola di Architettura del Politecnico di Milano abbia dedicato tre importanti esposizioni sui rapporti tra architettura e città ai maestri ora citati. La mostra sull’opera di Antonio Monestiroli, collocata al centro della trilogia nel febbraio 2019, ha espresso con chiarezza la posizione teorica, la linea percorsa e i risultati raggiunti, confermando come decisiva l’attenzione costante al tema del realismo, ovvero l’interrogarsi miesianamente sull’architettura del proprio tempo.
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Milano , università
Last modified: 9 Gennaio 2020